ESCLUSIVA - Calaiò: "Il mio problema si chiamava Zalayeta. Reja non mi preferiva...e gli salvai la panchina. Sfiorai la nazionale, ma mi ruppi il perone. Su Zuniga, Lavezzi, Navarro e le uscite a quattro con Mora..."

09.02.2017
18:00
Fabio Cannavo

di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)

Possiamo definirlo il primo vero bomber dell’era De Laurentiis. Arrivò dal Pescara e a Napoli scoppiò la Calaiò mania. Dal goal all’esordio in Serie A alle uscite a quattro con Nicola Mora passando per l’emozione del derby Genoa-Samp. Ospite graditissimo di CalcioNapoli24.it che l’ha raggiunto in esclusiva in vista del prossimo match tra Napoli e Genoa al San Paolo…Emanuele Calaiò, attuale attaccante del Parma. 

Da Palermo a Torino, sponda granata. Chi fu ad informarti che ti voleva il Toro? “All’epoca giocavo in una squadra di Palermo dove andai a fare le finali regionali al Nord e anche con la Rappresentativa Sicilia. Vincemmo il titolo regionale, c’erano vari osservatori. A Torino c’era Gabetto che era l’osservatore del settore giovanile e a tredici anni mi trasferì’ in Piemonte”.

A diciassette anni in Serie A il tuo esordio che coincise anche con un gran goal. Ce lo racconti? “Giocavamo a Reggio Calabria contro la Reggina. Il Torino era già spacciato, Mondonico portò me e Pinga con la Prima Squadra. Perdevamo 1 a 0 e mi buttò dentro e segnai l’1 a 1. Calcio d’angolo di Scarchilli, spizzata di un difensore ed io di destro di rapina”.

Hai giocato con Fabio Pecchia a Torino, poi te lo sei ritrovato in panchina a Napoli. L'avvocato continuerà a far strada tra i tecnici? “Penso proprio di sì, ha avuto dei buoni insegnamenti da Benitez. E’ un tecnico molto competente. Ha fatto esperienza all’estero e può ancora far bene col Verona. Magari vince il campionato quest’anno, chissà…”

Quando eri al Torino con Mora avevate già sposato le due sorelle? “No, quando ero a Torino, lui era già fidanzato, ma io non ancora. Sempre quell’anno lì mia moglie salì a Torino a trovare la sorella, uscimmo in quattro e nacque tutto da lì”.

Miccoli, Calaiò e Bucchi? Che attacco aveva quella Ternana? “La parentesi di Terni me la ricordo poco, stetti lì’ cinque mesi e segnai due goal. Giocavo poco perché il Torino aveva l’abitudine di mandare i propri giovani in prestito. Mi ricordo che avevamo una squadra che a livello di nomi dovevamo vincere il campionato. Miccoli, Bucchi, Borgobello, meritavamo la A e invece scendemmo in C1”.

Poi il passaggio al Pescara, proprio dove spiccasti il volo verso il calcio che conta. L'aria abruzzese ti fece bene sin da subito. Ventuno reti stagionali alla primo anno coi biancocelesti. “Andai a Pescara in prestito dal Torino tramite il Messina, in C. Vincemmo il campionato e salimmo in B col Pescara, l’anno dopo segnai ventuno goal in B. Dovevo andar via a fine anno, poi restai altri se mesi e poi mi prese il Napoli”.

Arrivasti a Napoli con l'etichetta del bomber di razza dopo l'exploit a Pescara. Come ti accolse il presidente De Laurentiis? “Il presidente mi accolse benissimo e tutti si comportavano come se io fossi l’Higuain della situazione, con le dovute proporzioni. E’ stato sempre onesto, sincero, avevo un ottimo rapporto con lui. Non voleva che io andassi via da Napoli perché mi ricordava sempre come un professionista. Quando ebbi i primi problemi con Reja che non mi dava la possibilità di dimostrare il mio valore però scelsi di lasciare”.

Chi fu l'azzurro con cui legasti sin da subito al tuo arrivo? “Stavo sempre insieme a Iezzo e Grava, ma anche con Paolo Cannavaro e Domizzi. Ci siamo persi di vista, ma Iezzo, Grava e Domizzi li sento sempre. Sento spesso anche Paolo Cannavaro, ogni tanto ci vediamo anche”.

L'errore dal dischetto, al San Paolo, all'esordio. Come la prendesti? Che ricordi hai di quel pomeriggio? “Ci rimasi male perché sapevo che Napoli era una piazza pesante. Arrivai dal Pescara, si aspettavano tanto ed io sbaglia il rigore. Quell’errore costò la panchina a Ventura e mi dispiacque ancor di più. Non passai una buona settimana. Mi riuscì a sbloccare contro la Reggiana e da lì incominciò la mia vera avventura a Napoli”.  

Tutti si aspettavano che partissi titolare anche in Serie A, ma l'arrivo di Zalayeta e Lavezzi ti chiuse un po' le porte. Mai avuto problemi con Reja? “No, mai litigato col mister, ma è chiaro che non giocando ci restavo male. Mi diede fastidio che con Reja ci stetti per due anni e mezzo, mi chiedevo come avesse fatto a giocare con un giocatore per tanto tempo per poi prenderne un altro una volta salito in A. Era quello il mio rammarico, pensavo di giocare almeno fino a gennaio. Invece volle cambiare modulo e cercava una punta di peso. Il mio problema non era Lavezzi, ma era Zalayeta. Reja chiamò Capello e si fece consigliare un attaccante alto e prendemmo Zalayeta. A gennaio mi chiamò Preziosi, mi voleva a Genova, ma De Laurentiis provava a convincermi per non andare via. Io gli dissi “Presidente caro, io le voglio bene, fosse per lei resterei a vita, ma a ventisette anni non ho voglia di fare la panchina”. Segnavo sempre negli allenamenti, per i tifosi ero diventato quasi una bandiera. Ebbi l’occasione di andare al Genoa, ma la trattativa saltò perché Marino e De Laurentiis chiesero una cifra molto elevata ed il Genoa disse ‘no’. Restai a Napoli sapendo che sarebbe stata dura, ho attraversato un periodo brutto, andammo a Livorno e feci una doppietta e salvai un po’ il sedere al mister. Si pensava che Reja potesse essere esonerato, mancavano Lavezzi e Zalayeta quel giorno ed io feci due bei goal”.

Se ti dico Navarro cosa ti viene da pensare? “Simpatico, argentino doc. Il Napoli lo pagò un bel po’ di soldi. Ne sono passate di meteore a Napoli. Anche Hoffer lo era, uno parte col piede giusto ma Napoli non è semplice. Se non hai le palle a Napoli ti puoi sgretolare. Napoli mi ha migliorato molto, la mia scelta di andare a Napoli rifiutando la A è dovuta al fatto che sapevo che sarei potuto crescere ancor di più”.

E invece Lavezzi? Era così discolo? “Si divertiva, tutti i sudamericani sono così. Al napoletano piace molto questo atteggiamento. Era un personaggio pazzo, come lo era in campo. Si ingobbiva e spaccava le difese, poi però era pazzerello anche fuori. Si riuniva spesso con Gargano, Navarro a bere il mate ed il vino. Sempre nella norma, quando si vinceva si andava a bere qualcosa in più”.

Hai giocato col primo Zuniga, a Siena. Cosa ricordi di quel giovane terzino? Davvero rimase infortunato tutto quel tempo a Napoli? “Con lui giocai a Siena un anno e me lo ritrovai a Napoli. E’ un ragazzo un po’ particolare, ma quando si diceva che non giocava perché non bravo rispondevo che Zuniga è uno degli esterni più forti che abbia mai visto. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, si è dato infortunato, ma con la Nazionale giocava. A Siena voleva, a fine campionato, tornarsene in Colombia a cinque giornate dalla fine. Andò da Giampaolo a chiederglielo, che gli rispose che doveva finire il campionato anche perché il Siena poteva venderlo ad un sacco di soldi”.

Poi il ritorno a Napoli, nel 2013. Come mai quella scelta? La rifaresti? “La rifarei, ho sempre scelto di testa mia. Sapevo che andavo a Napoli e sapevo a cosa sarei andato incontro. Dietro Cavani non ho quasi mai giocato, voleva giocare sempre lui. Fisicamente era un robot, ma ebbi l’opportunità di tornare a casa, giocando l’Europa League, cosa che non ho mai fatto. In quei sei mesi che stetti a Napoli ci qualificammo per la Champions e quelle emozioni mi rimangono. C’era Ventura che mi chiamava dal Torino, potevo andare lì a giocare titolare, ma Napoli non si poteva rifiutare”.

Il prestito al Genoa, via Napoli. E quel goal su punizione proprio contro gli azzurri a Marassi. " E’ stato l’unico goal che non volevo segnare col Genoa. Purtroppo fui fortunato, la palla prese una traiettoria incredibile. Il destino volle che tornassi a Genova. La piazza è molto calda, lo stadio è eccezionale. Ho grandi ricordi lì a Genova, appena arrivai giocai subito il derby e vincemmo 3 a 0 con un mio goal. Qualcosa di fantastico”.

Il goal più bello che hai segnato in carriera? “Catania-Varese di rovesciata”.

La volta che più hai gioito in carriera? “Ho gioito di più al derby tra Genoa e Samp”.

Il tuo più grande amico. Non vale dire Nicola Mora. “Gianluca Grava”.

Il difensore che più ti intimoriva? “Walter Samuel”.

Hai mai sognato la nazionale? “Sì, e ci sono anche andato vicino. Devo essere sincero, nel calcio oltre alla bravura ci vuole anche tanta fortuna. Anche io credevo di poter arrivare molto più lontano. A Siena, in A, a febbraio ero arrivato ad undici goal. Andammo a giocare a Siena, mi chiamò Rocca, l’osservatore di Prandelli. Mi disse che venne a vedere me e Destro, a Cesena vincemmo ma io mi ruppi il perone. Se finivo la stagione e riuscivo a segnare tanto avrei preso sicuramente la nazionale”.

La maglia che avresti voluto indossare e che non ci sei mai riuscito a vestire? “Ci tenevo a giocare all’estero in Premier”.

A chi senti di dire grazie per la tua carriera? “A miei genitori che hanno fatto tanti sacrifici”.

Tornerai a Napoli a vivere? “Si”.

Un ruolo in società? “Sì, magari con Gianluca Grava per il settore giovanile. Sarebbe davvero bello”.

Il pronostico per Napoli-Genoa. “Vincerà il Napoli con due goal di scarto”.

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