ESCLUSIVA - Miccoli: "Mai indossato l'orecchino di Diego! Juve? Esperienza particolare, io illuso da Corvino. Luperto è una mia scoperta. Quando il Napoli scelse Lavezzi al mio posto..."

28.02.2016
07:00
Fabio Cannavo

di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)

E’ rimasto nel cuore dei tifosi del Palermo, ma non solo. Ovunque sia andato ha lasciato traccia dei suoi goal, ma soprattutto del suo carattere da leader. Un vero e proprio uomo del sud, Fabrizio Miccoli ha cominciato con la Ternana in B per poi accasarsi alla grande Juve. L’orecchino di Maradona, il suo rapporto con Corvino a Firenze, i retroscena sul suo presunto passaggio al Napoli e il suo grande amore per Palermo e Lisbona. La redazione di CalcioNapoli24 è andata a spulciare ogni dettaglio della carriera di questo grande campione.

Sei, da sempre, il ‘Romario del Salento’. Chi è stato a darti questo soprannome? “Credimi, me ne hanno dati talmente tanti….ma questo mi piace tanto. Ricordo che in un’intervista mi chiesero quale fosse il calciatore a cui mi ispiravo dopo Maradona. Risposi Romario. E da lì….”

Però a tuo figlio non potevi non chiamarlo Diego. “Era il minimo che potessi fare. Mia moglie si era già rassegnata”.

Miccoli e Grava, un’amicizia che dura da anni. E’ stato il tuo testimone di nozze. Ci racconti quando vi siete conosciuti? “Iniziò tutto in un Casarano-Turris e Grava mi riempì di botte, ci massacrammo dentro e fuori dal campo. Poi anni dopo ci trovammo nella stessa squadra, la Ternana e spesso capita che se ti meni con qualcuno, poi dopo ci diventi amico. Da quel momento siamo diventati inseparabili”.

Acquistasti l’orecchio di Maradona all’asta per 25 mila euro. Non gliel’hai mai più ridato però. “Vero, ma solo perché non c’è mai stato modo di incontrarlo. Non l’ho mai visto dal vivo, mi basterebbe questo. Poi gli ridarò il suo orecchino”.

Ma l’hai mai indossato? “No, sei pazzo? Ce l’ho in banca, è una reliquia per me”.

In pochi, però, sanno che Miccoli ha iniziato nelle giovanili del Milan. “Sì, dai dodici ai quattordici anni sono stato a Milano. Esperienza che mi ha formato, ma è stata anche traumatica. Ero in collegio e non è stato così facile. Vincemmo due anni di fila lo scudetto coi Giovanissimi, poi tornai a casa che non ce la facevo più”.

Quanto deve Fabrizio Miccoli al direttore Pantaleo Corvino? “Diciamo che fu lui a lanciarmi nel calcio che conta, quando avevo sedici anni e giocavo in C col Casarano. Quando la società pensava di acquistare qualche attaccante arrivava lui e diceva: ‘C’è Fabrizio, non comprate nessun’altro!’. Lui mi ha aiutato, ma io ci ho messo del mio. Feci dodici goal in Serie C a soli sedici anni”.

Però non sento quell’affetto che dovresti nutrire nei confronti di un uomo che ha fatto tanto per te. “Ma, diciamo che con Corvino son successe diverse cose ed oggi tra noi non c’è più lo stesso rapporto”.

Cioè? “Un giorno spero di poterglielo chiedere di persona, ma ancora non mi è chiaro cosa accadde quando ero in comproprietà tra Fiorentina e Juventus. Si può dire che quell’anno salvai la Fiorentina quasi da solo, lui era il mio direttore ed ero convinto mi riscattasse, anche perché così mi fu stato promesso. Dopo di che arrivammo alle buste ed io tornai alla Juve. La cosa che mi fa pensare è che non fui l’unico a tornare a Torino, ma con me c’erano anche Chiellini e Maresca che fecero lo stesso percorso”.

Certo ci sei rimasto davvero male. “Sì, perché volevo restare a Firenze a tutti i costi, lo dicevo in ogni intervista per far sì che fosse chiaro a tutti. A Torino c’erano Del Piero e Trezeguet, c’erano delle gerarchie da rispettare, poi io mi ero ambientato a Firenze, volevo restarci e Corvino mi rassicurava sempre, poi il dietrofront silente”.

E invece che ci racconti di Serse Cosmi? “Quando ero ragazzo non ero tanto ‘normale’ (sorride ndr.) e Cosmi mi ha aiutato molto sotto il punto di vista caratteriale. Facemmo una stagione fantastica, agguantammo addirittura l’Intertoto. Serse è uno che non porta rancore al di fuori del campo, era un nostro amico, andavamo a cena da lui, uscivamo insieme, come se fossimo amici. Però durante i novanta minuti ti massacra e se deve mandarti a fan…o dieci volte lo fa. Una volta se la prese con sé stesso e non con me: ‘La colpa è mia che ti metto ‘ncampo’”.

Che rapporto avevi con Gaucci? “E’ stato un grande per me, mi dispiace tanto, infatti, che non stia bene. Mi ha trattato quasi fossi un re, quando nacque mia figlia le fece tantissimi regali. Una persona squisita”.

Tempo fa dichiarasti che la tua esperienza alla Juve fu una tragedia. Come mai? “Diciamo che hanno sempre parlato gli altri per me, a Torino ho vissuto una buonissima esperienza. Ho avuto la fortuna di conoscere campioni veri come Thuram, Montero, Davids e tanti altri. Davanti a me c’erano Trezeguet e Del Piero, i panchinari eravamo io e Di Vaio. La coppia titolare stentava, noi entravamo e facevamo bene. Il mister ci affidò le chiavi della Coppa Italia, ma quando arrivammo in finale giocarono comunque Trezeguet e Del Piero. Ci rimasi molto male. Quando la Juve mi riscattò dalla Fiorentina mi dissero che sarei dovuto andare via per forza, ma almeno volevo scegliere la squadra. Il Portsmouth offriva tanti soldi e la società voleva mandarmi lì, io rifiutai. Avrebbero offerto 2 mln per il prestito secco, ma scelsi Lisbona ed il Benfica che invece ne offrirono 800 mila. Dovevo scegliere io la mia destinazione, non la Juve”.

E a Lisbona, che parentesi è stata? “La più bella della mia carriera calcistica. Dopo Palermo è quella che più ricordo con affetto”.

Invece, proprio a Palermo, sei stato testimone dell’esplosione di Edinson Cavani. Che ragazzo è? “Molto determinato, ha sempre raggiunto gli obiettivi che si poneva. Un professionista esemplare, ricordo era attentissimo all’alimentazione, cosa che non facevo io (ride ndr).”

E invece Higuain? “Capita a tutti che ci sia una flessione in una stagione, non poteva continuare a segnare ogni giorno. In Europa non vedo centravanti più forti di lui, deve restare sereno. In ogni caso spero continui a far goal perché faccio il tifo per il Napoli per lo scudetto”.

L’importante è che non lo vinca la Juve. “(sorride ndr), No, voglio che lo vinca una squadra del sud per dare ancora più risalto al nostro campionato”.

E il vulcanico Zamparini? Che ci dici di lui? “Di lui non parlo, non vorrei nascessero altre polemiche. Non mi va, ne parlerò quando tutto sarà finito. Sono stato etichettato come uno che non sono, ma glielo dirò a quattr’occhi”.

Ultima tua esperienza in Italia non poteva che essere Lecce. Sei stato tu a scoprire il giovane Luperto? “Sì, lo consigliai ai miei agenti perché è davvero forte. Ricordo io ero in prima squadra e lui nella Berretti, ma già faceva la differenza. La mentalità è come quella di Cavani, un professionista nell’anima. Non è un ragazzo che pensa alle stupidaggini, però ha bisogno di giocare. Anche se fare esperienza al fianco di Albiol e Koulibaly gli farà comunque bene”.

Sei mai stato vicino a vestire la maglia del Napoli? “Sì, dopo il secondo anno del Benfica. C’erano Napoli e Palermo che mi volevano, ma per gli azzurri fu più facile arrivare a Lavezzi. Il Palermo spese tanto per avermi e ci andai di corsa”.

Il tuo più grande amico nel mondo del calcio. “Giulio Migliaccio e Federico Balzaretti, oltre a Grava naturalmente. A Palermo abbiamo vissuto cinque anni fantastici, erano i leader del gruppo. Ricordo con affetto anche Dybala, Materazzi, Panucci e Pinilla”.

Invece colui che proprio non tolleravi in campo? “Giocava nell’Atalanta, era un difensore roccioso. Non ricordo come si chiamava, ah sì, era Rustico. Fabio Rustico. Mi seguiva anche se andavo a bere negli spogliatoi, mi picchiava duro. Eppure era un ragazzo del popolo, arrivava agli allenamenti con la Fiat Uno, un ragazzo molto semplice”.

Fiorentina-Napoli, un pronostico secco. “Sarà una partita difficile per entrambe le squadre. Staranno attente a non fare passi falsi. Dico che finirà in pareggio, ma non servirà a nessuna delle due. Anzi, mi voglio sbilanciare. Dico 0 a 1 per il Napoli, al massimo uno a uno”.

Se ti dico Rey Mysterio, Jake Roberts, Sid Justice, John Cena e Kevin Thorn. Come nasce la tua passione per il wrestling? “Nasce da quando ero bambino, ma ultimamente lo seguo ancora con attenzione. Lo seguo su Sky, anche perché i telecronisti sono due amici e spesso li ho aiutati in telecronaca quest’anno”.

E il futuro di Miccoli? “Devo tanto ai miei due agenti Caliandro e Nappi e probabilmente lavorerò con loro. Ho una scuola calcio a San Donato che si chiama Asd Fabrizio Miccoli, che è affiliata alla Roma, ho un ottimo rapporto con Conti”.

E perché non col Napoli di Grava? “(Sorride ndr.)”

Non eravate amici? “Beh, ma la situazione del settore giovanile a Napoli la conosci (continua a ridere ndr). Non è possibile che una squadra che sia in lotta per lo scudetto non abbia un centro che ospiti i ragazzi delle giovanili”.

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