Bielsa: "Nel calcio la bellezza è vista come un ostacolo: preferisco giocare bene per prendere tre punti e non male per uno"

16.05.2017
17:20
Redazione

Marcelo Bielsa racconta la sua visione della vita a Perugia, nell’ultima serata di “Encuentro 2017”, festival di cultura spagnola e latinoamericana: "Il paradosso nel calcio è che sempre più spesso la bellezza, il bel gioco, è considerata un ostacolo sulla via della vittoria. C’è addirittura la dicotomia: meglio vincere o giocare bene? Assurdo. Bisognerebbe giocare bene per vincere, basta. Ma sono le semplificazioni dei media, che per rendere un’idea comprensibile alle masse la riducono ai minimi termini. Preferisco giocare rischiando di non fare neppure un punto, però l’obiettivo è di ottenerne tre. Se nessuno rischia, non c’è partita, non c’è calcio. Però la società ormai dice che chi perde è un idiota… In ogni caso, non è pericoloso non raggiungere l’obiettivo della vittoria, se lo si è meritato; è molto più pericoloso ottenere un successo non meritato. Cerco di migliorare la qualità dei miei calciatori provando a farli emozionare ogni volta che giocano, il che accade un paio di volte a settimana. So che questo non rientra nell’elenco delle cose importanti di un allenatore professionista, ma per me è così. E per farli emozionare devo emozionarmi anch’io. Affinché un calciatore moltiplichi le sue possibilità, è basilare difendere l’elemento più debole della squadra, dentro lo spogliatoio. Se un gruppo sente che la priorità è difenderlo, la costruzione di questo sentimento applicata a una partita porta il gruppo al suo più alto livello agonistico collettivo. L’attenzione sul più debole diventa una strategia. Invece uno dei primi messaggi che ci invia la società è: il più debole è un fastidio. Il rifiuto degli stranieri, o di chi ha pelle di altro colore, nasce dal rifiuto della povertà, perché poi quando lo straniero con la pelle scura magari ha i pozzi di petrolio o è un turista, lo si tratta in un altro modo… Una squadra di calcio è una società, solo in piccolo, con le stesse logiche del dare e del ricevere". Lo riporta La Repubblica, edizione nazionale.

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