CdM: "Caro Tosel, il calcio non è un gioco per educande. Tre gli esempi che testimoniano la buona fede di Benitez"

13.05.2015
14:30
Redazione

L’allenatore del Napoli ricorda la sfida di Parma. Ha impressa nella mente la foto di quella partita non perfetta del Napoli, ma condizionata dalle frequenti interruzioni, dai falli ostruzionistici degli avversari. Dalle continue perdite di tempo. E ricorda anche il parapiglia immediatamente successivo al fischio finale. Ricorda i minuti al veleno in cui la rabbia ha preso il sopravvento, al punto da farsi prendere dalla foga e commentare quel tipo di calcio ostruzionistico che a lui proprio non piace. «Questo è il calcio italiano di me...». L’ha detto, certo che lo ha detto, Rafa. Ma non rivolgeva la sua espressione verso alcun interlocutore. E non era certo un attacco al sistema. Ma il giudice sportivo Gianpaolo Tosel l’ha ritenuto tale, eccedendo francamente nel provvedimento afflittivo che gli ha comminato. Le anomalie sono almeno due. La prima: Benitez non rivolgeva la sua «espressione ingiuriosa» verso alcun tesserato avversario, nè tantomeno all’indirizzo dell’arbitro o dei suoi collaboratori. La seconda: nei provvedimenti del giudice sportivo per situazioni simili, mai viene notificata all’interessato la frase esplicita, parola per parola, per la quale viene comminata la punizione. E’ questo semmai un passaggio successivo che accade quando la società destinataria del provvedimento inoltra ricorso d’urgenza. A riprova di ciò, Higuain che pure è stato multato (diecimila euro) è accusato un maniera generica e non circostanziata di aver detto qualcosa di offensivo al portiere del Parma, Antonio Mirante. L’avvocato del Napoli, Mattia Grassani, ha già impugnato entrambi i provvedimenti. Venerdì sarà discusso il ricorso. 
Questi i fatti, oltre i quali vale la pena di soffermarsi per cogliere l’enfatizzazione di tutto quanto è accaduto a Parma. Il calcio non è un gioco per educande, è uno sport dove l’agonismo è molto alto. Ed è quasi naturale che durante le partite o anche alla fine ci stia l’espressione più o meno colorita dei protagonisti. E’ la tensione, agonistica. O anche la rabbia per un risultato deludente, per una prestazione non appropriata. E nello specifico per l’insofferenza immediata ad un tipo di gioco che proprio non fa parte della mentalità dell’allenatore. Il Napoli è la squadra che fa meno falli di tutta la serie A, con meno ammonizioni. Piaccia o meno, questo è il dogma rafaelita. La libertà di espressione, quando non offende nessuno, è sacrosanta. A maggior ragione su un campo di calcio dove non esistono regole certe neanche per i cori beceri e soprattutto offensivi. Dove non viene punito adeguatamente neanche lo striscione che offende la memoria di un ragazzo morto. Nel calcio, insomma, sbaglia chi parla. Ed è incomprensibile. Il giudice Tosel ha ritenuto quello di Benitez un attacco, un’offesa al sistema calcio italiano o evidentemente ad un interlocutore inesistente. E se così fosse stato, la squalifica risulta eccessiva rispetto ai precedenti nel calcio italiano. Alessandro Melli, team manager del Parma se la cavò con seimilacinquecento euro di multa per aver chiamato Walter Mazzarri, al tempo allenatore del Napoli «coglione». La curva Fiesole dello stadio di Firenze sempre in un post gara urlò «Sei uno zingaro» al giocatore serbo Ljajic. Per questo, i Viola furono multati per 15 mila euro. Massimiliano Allegri, da allenatore del Milan, fu sanzionato con una multa di 5 mila euro per aver «rivolto a un dirigente della squadra avversaria epiteti insultanti». E potremmo continuare con fattispecie sportive simili a quella di Parma. Il Napoli punterà alla cancellazione della squalifica, così come alla riduzione dell’ammenda comminata ad Higuain. L’argentino avrebbe rivolto espressioni offensive nei confronti del portiere Mirante. Cose da campo, anche queste. Tant’è che i due la sera stessa si era chiariti al telefono. Mirante, peraltro, si è anche detto disponibile a pagare per metà la multa inflitta al Pipita.

Fonte : Corriere del Mezzogiorno
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