Il Napoli non è Banksy o Liberato: il silenzio nel 2021 significa essere invisibili

15.04.2021
11:10
Claudio Russo

Il Napoli è in silenzio stampa da quasi due mesi

La scelta del Napoli di chiudere con la comunicazione ufficiale risale al 21 febbraio, giorno della sconfitta di Bergamo per 4-2. Sono passati 53 giorni, e di voci dal Napoli non ne arrivano. Restano le emoticon dei giocatori su Instagram, una dichiarazione di Osimhen extra-calcistica e i tweet di De Laurentiis - essendo padre-padrone, evidentemente il silenzio stampa non vale per lui.

Il silenzio stampa non è accettbile, è controproducente, rende tutto più spento e nascosto. Il Napoli non organizza una conferenza stampa a Castel Volturno dal match con il Torino nel 2020, l’ultimo prima della pandemia. Non lo fa nemmeno in remoto, a differenza delle altre diciannove società di Serie A. Non lo faceva già da anni in occasione delle partite di campionato successive a quelle europee, e nemmeno per la Coppa Italia.

Il risultato? Sui quotidiani sportivi nazionali - che seguono logiche commerciali e danno priorità ai mercati di riferimento - il Napoli è confinato a stento in una pagina, salvo pubblicità; nei post-partita televisivi lo spazio dedicato ad una società che non parla è il minimo indispensabile; nei media locali si può dare libero spazio, e sfogo, ad ogni genere di opinione, condivisibile o no. Ed una società in silenzio finisce anche per non smentire quelle voci relative ad un silenzio legato anche a qualche dichiarazione rumorosa che potrebbe arrivare da Gattuso o da chissà chi altro.

Nel 2021 è difficile da accettare che la scaramanzia possa essere uno dei motivi per sostenere il silenzio stampa, sebbene siano arrivate sette vittorie in nove partite: non siamo nel Medioevo, è sostanzialmente inaccettabile rendersi invisibili. E non solo al mondo della comunicazione, che comunque va avanti, ma soprattutto ai tifosi. Le vittorie in trasferta contro Milan e Roma, i cento gol di Lorenzo Insigne, una corsa Champions ancora viva. Da Gattuso e dai giocatori sentiamo zero, da De Laurentiis tre tweet dopo Roma, Juventus (di cui uno cancellato e riscritto) e Sampdoria.

Il Napoli non è Banksy, il writer street-art che non è mai venuto alla luce, e non è nemmeno Liberato, il cantante napoletano (toh!) del quale non si conosce l’identità. Cui prodest questo silenzio? Tutti parlano, anche in altre modalità che non siano quelle dal vivo. La SSC Napoli non più: d’altronde uno dei luoghi comuni sulla città è il refrain ‘a Napoli è tutto più difficile’. E rendersi visibili fuori dal proprio orticello è la cosa più difficile di tutte, stando in silenzio. A livello di comunicazione, un suicidio. Se poi ci sono altri motivi, non è dato sapere. Aspetteremo il prossimo tweet.

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