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Altomare: "'Allenati bene e ti faccio togliere grosse soddisfazioni', Simoni fu di parola. L'emozione della 10 di Maradona e la ricerca della collanina persa in campo. Su Lippi, Boskov e il derby con la Fiorentina..." [ESCLUSIVA]

26.04.2020
13:45
Ciro Novellino

News calcio, le parole di Luca Altomare in esclusiva a CalcioNapoli24

Ultimissime calcio - Un momento difficile, la voglia di far ripartire il calcio ma la voglia di tornare alla vita di sempre, quella di tutti i giorni. La redazione di CalcioNapoli24 ha raggiunto Luca Altomare e queste sono le sue dichiarazioni in esclusiva:

Alla Lucchese, partita di ritorno contro la Fiorentina, segnasti il gol del pareggio. Era la Viola di Cecchi Gori, una squadra incredibile che stracciò il campionato

“Una squadra costruita per vincere subito il campionato. C'erano Batistuta, Orlando, una squadra forte. Ricordo che vinse il campionato con qualche giornata di anticipo. Il derby ci vide andare in vantaggio con un mio gol ma feci tutto io perchè procurai anche il rigore del pareggio. Protagonista in positivo e negativo. Fu un derby bello, tornammo felici e rendemmo i tifosi contenti. Non era facile, del suo campo, la Fiorentina, ne fece un fortino. Andai a giocare novembre, a Lucca avevo voglia di trovare continuità, mi sembrava un progetto serio con Fascetti, ottimo allenatore, in panchina. Una tappa importante per la mia carriera”.

Altomare Lucchese

Stagione '93/'94, andasti in gol con il Napoli contro l'Udinese nel 2-1 finale. Durante l'esultanza, tutti i tuoi compagni ti saltarono addosso e dopo poco ti rendesti conto di aver perso la collanina. E' vero che per qualche minuto ti estraniasti alla ricerca? Poi riuscisti a trovarla?

“Si, è vero. Ci tenevo particolarmente perchè quella catenina che avevo al collo, me l'aveva regalata una persona a cui tenevo particolarmente. Non avrei mai voluto che andasse persa. Purtroppo dopo il gol mi sommersero e mi accorsi di non averla più. Riprendemmo a giocare ma giravo per il campo sperando di ritrovarla. La diedi, poi, a Carmando che la custodì. Era un portafortuna per me, mi sentii spogliato di qualcosa. Cercavo di trovarla in tutti i modi e per fortuna andò bene”.

Under 21 con Cesare Maldini, ci si qualificò primi nel girone. Con il Napoli giocavi poco ma Maldini ti chiamava e ti faceva giocare dall'inizio. Dopo le qualificazioni, ricevesti la convocazione per le fasi finali in Spagna, ma perchè decidesti di non andare?

“Sono quelle tappe della vita dove devi prendere una decisione. Ingenuamente pensai di rifiutare. Decidetti di sposarmi. Mi arrivò la convocazione, ma non andai perchè dovevo sposarmi. Lì è stata una scelta importante, rinviare il matrimonio o rinunciare alla convocazione e decisi per la seconda credendo in una nuova opportunità che non arrivò: Maldini optò per altri calciatori. Quell'anno rimasi fuori e fu l'anno dove si vinse l'europeo. Forse avrei fatto anche io parte di quella tappa finale vincente. Sono quelle scelte che devi fare in breve tempo, poi a Napoli non è facile trovare il posto per sposarti (ci vogliono anni, ride, ndr) e quindi non mi andava di spostare tutto e chiamai il mister comunicandogli questa mia decisione”.

Come ti sei sentito quando il Napoli, poco prima di ritirare la maglia numero 10 di Maradona, ti fece giocare in una gara amichevole contro l'Inter con tanto di fascia di capitano oltre alla 10?

“E' stata una gara amichevole, fu emozionante. Una gara serale...con la numero 10 ci ho fatto anche la gara in casa con l'Ancona. Giocai titolare. Ero giovane, l'ingenuità non ti fa pensare a quello che sta succedendo perchè preso dalla voglia stessa di giocare. Pensavo solo a giocare, se ci penso adesso mi fa strano. Non ero tecnicamente forte, di solito le indossa chi ci sa fare, io non mi tiravo mai indietro, ma mettere quella maglia è speciale. Bianchi, forse, me la diede proprio per quello: ero pieno di motivazioni, 'un ragazzino che la suderà e onorerà fino alla fine', avrà pensato”.

Dal Napoli alla Lucchese, c'era un ragazzo che lavorava alle poste. Quando venne a sapere che tu eri il calciatore del Napoli, diciamo che si interessò particolarmente a te, è vero?

“Ce n'erano tanti, il napoletano è così. E' di cuore e mostra l'affetto in tanti modi. Nella relazione e nella vicinanza. Ce ne sono stati tanti, anche questo ragazzo: sono stati nella mia vita affetti e vicinanze fondamentali. Anche con un sorriso da lontano ti può dimostrare affetto”.

Tra i tanti allenatori avuti nel corso della tua lunga carriera, chi è stato quello che ti ha lasciato qualcosa in più rispetto agli altri? Ti faccio due nomi su tutti, Lippi e Simoni...

“Sono proprio loro, hanno inciso tantissimo nella mia carriera. Lippi per la sua onestà e signorilità. Per essere stato diretto con me, è stato l'anno che andai a Lucca. Anche lì, giovane e voglioso di bruciare le tappe. Dopo il gol che misi a segno con la maglia del Napoli, mi allenai sempre bene: non giocai dall'inizio e chiesi spiegazioni. Mi disse: 'Guarda Luca, io ti stimo, sei un ottimo calciatore e giocherai, ma Corini e Thern sono un gradino sopra a te'. Anche lì c'era da scegliere se aspettare o andare. Andai a Lucca e qualche settimana dopo si fece male Corini. Se fossi rimasto magari avrei trovato spazio. Nessun rimpianto, esperienza importante e la carriera del calciatore è comunque dettata da scelte. Simoni, invece, mi ha dato fiducia nonostante non me l'aspettassi. Venivo dai due anni di Boskov che non mi diede possibilità di esprimermi. Parlai tante volte con lui ma non mi convinse nelle spiegazioni. C'è chi ti guarda in faccia e ti dice come stanno le cose e altri che non lo fanno. Magari non ero il calciatore adatto al suo modo di giocare. Mi allenavo sempre al massimo, anche se non avevo motivazioni da chi mi allenava. Poche presenze tra '95-'96. Arrivò, poi, Simoni, forse si era informato su di me e in ritiro mi disse: 'Allenati sempre così perchè ci penserò io a farti togliere grosse soddisfazioni'. Mi bastò poco per farmi accendere. Mi fece ripartire quella scintilla e in campo diedi il massimo come sempre. Feci un ritiro spettacolare, tiravo il gruppo e nelle interviste, il mister, faceva sempre complimenti al mio essere e modo di fare. Dopo il ritiro cominciò il campionato e mi fece sempre giocare, anche a discapito di Boghossian, che vinse l'europeo. Quello che mi disse in ritiro, lo mise in pratica”.

Altomare, Lippi, Cannavaro, Taglialatela, Pecchia

Luca, questo calcio ripartirà?

“Sono titubante, ci sono troppi interessi e non vorrei che si facesse leva su questo. La salute delle persone è più importante. Il calcio è lo sport nazionale, ci sono entrate importanti, in questo momento si guarda anche agli introiti delle società. La vita, però, è una e dobbiamo proseguire nel fare sacrifici per non avere rimpianti dopo”.

Il protocollo lo ritieni adottabile? E per la B, la C e le altre categorie?

“Complicatissimo adottarlo. Ho visto un grafico di alcune società che hanno un centro sportivo e tutto può essere contenuto. Diventa impossibile, assurdo: squadre come Cagliari, Spal che magari non hanno strutture adatte, avranno dei grossi problemi. Ci sono i calciatori, ma va contato che ci sono gli staff, i magazzinieri, gli addetti stampi. Vivo a Cosenza e leggo qui le dichiarazioni del presidente. Non c'è centro sportivo, hanno un campo per allenarsi e non tanti spogliatoi. Andrebbe preso un albergo solo per loro. A tutti piacerebbe che il calcio ripartisse, ma chiaramente non si può, siamo ancora a 500 morti al giorno e si pensa a giocare a calcio. Con quale testa si può ripartire? E' assurdo, ma capisco anche che gli interessi non guardano in faccia a nessuno”.

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