
Cannavaro a CN24: "Non mi pento, rifarei questo gesto forte al Napoli. La verità su me e Fabio al posto di Garcia. La notte di Pechino, la lettera ai tifosi e la fascia ad Hamsik…" | VIDEO
Intervista Paolo Cannavaro a CalcioNapoli24
Paolo Cannavaro è pronto a proseguire la sua avventura come allenatore. L'ex azzurro porta avanti a gonfie vele la sua carriera fuori dal campo dopo essersi ritirato ormai più di qualche stagione fa. Il difensore napoletano era presente a Bratislava per l'addio al calcio di Marek Hamsik e si è concesso per una intervista ai microfoni di CalcioNapoli24.
L'ex capitano del Napoli parla dei suoi anni trascorsi in città, della Coppa Italia vinta, del suo rapporto con Hamsik e tanti altri aneddoti. Cannavaro si racconta in esclusiva ai microfoni di CalcioNapoli24 TV nell'intervista realizzata da Marco Lombardi. Ecco il video:
Intervista a Cannavaro: il ricordo del suo Napoli a CalcioNapoli24
Questa l'intervista testuale di Paolo Cannavaro ai microfoni di CalcioNapoli24:
Cosa ti fa venire in mente quella maglia alle tue spalle?
"I ricordi sono tanti e piacevoli. Non vi nascondo che qualche mese fa quando il Napoli ha vinto lo Scudetto ho indossato una maglia del Napoli per andare allo stadio. Purtroppo però non mi entrava (ride ndr.). Però, indossare quella maglia per me è stato davvero un motivo d'orgoglio. Ogni volta che indossavo quella maglia provavo la stessa emozione. Mi ritengo un fortunato del calcio che ha avuto la possibilità di giocare per la sua squadra del cuore".
Ecco proprio la sera di Napoli-Cagliari noi ti abbiamo ripreso con le nostre telecamere mentre entravi a piedi dall'ingresso dello stadio mentre tutti i tifosi erano in attesa del pullman degli azzurri. Ci racconti cosa è successo?
"Sono riuscito a passare perché alcuni ragazzi mi hanno riconosciuto. Io provavo a camuffarmi perché la gente era davvero tanta, ma ad un certo punto non si passava più. E' partito poi anche il coro, e poi gli steward sono venuti in mio soccorso per farmi passare. L'affetto dei tifosi non va mai tamponato, anzi va accentuato. Mi sono lasciato coinvolgere dal tifo e poi gli steward sono venuti a salvarmi, nel vero senso della parola (ride ndr.)".
Com'è stato alzare al cielo il primo trofeo dell'era De Laurentiis?
"E' stata un'emozione forte. Però in quel momento li aveva un valore forte, enorme. Il Napoli veniva da troppi anni di delusioni. E' stato un crescendo con De Laurentiis, dalle promozioni ai primi anni di Serie A fino a quel primo trofeo. Poi la società è stata brava a crescere ulteriormente e ad arrivare a due Scudetti. In quel caso specifico, noi ce la siamo stra goduta quella vittoria, era la prima dell'era ADL e anche contro la Juventus".
A Pechino qualche mese dopo in Supercoppa invece cosa successe?
"Tantissima delusione, io dico sempre che i protagonisti in campo devono essere i 22 giocatori. In quell'occasione li purtroppo la terna arbitrale decise di fare più il protagonista di quello che doveva essere. Il buon Pandev non aveva detto niente di che, parlando tra l'altro in macedone. Ci sono tensioni, pressioni, gli arbitri bravi sono anche quelli che capiscono il momento. Li purtroppo la partita è stata condizionata. Non è un alibi, brava la Juve ad aver vinto. Preso dall'ira e dalla rabbia il presidente ci disse di non presentarci alla consegna delle medaglie. Gesto forte, che voleva far capire quello che dicevo prima. Contro una partita che era stata rovinata e condizionata".
Aneddoti curiosi dal viaggio li in Cina?
"Noi eravamo un gruppo forte, sano. Ogni occasione era buona per stare insieme e divertirci. Al di là del lavoro e di quella che era la serietà dell'evento. Ci siamo sempre goduti i viaggi, le trasferte, il tempo libero da passare insieme. Le feste dei nostri cari dove ci ritrovavamo sempre insieme. Al di là della Cina, era un gruppo che stava bene insieme".
Quanto è difficile per un napoletano giocare con la maglia del Napoli? Nel 2009 arrivasti a scrivere una lettera ai tifosi dopo la sconfitta col Torino.
"E' difficile. Perché noi sappiamo che la cultura napoletana è quella di chiedere sempre di più ai figli dela città. Purtroppo nel calcio ci sono troppi alti e bassi a livello umorale nei confronti dei giocatori. Sembra quasi che quando le cose vanno male sia solo colpa dei napoletani. L'abbiamo vissuto anche nella storia recente con Pasquale Mazzocchi. Non è una questione di essere prevenuti, credo sia solo una questione di troppo affetto. Quando si vede che c'è un napoletano in rosa, gli si chiede l'immenso. Spesso l'immenso non puoi darlo, puoi dare tutto te stesso. E a volta basta e a volte no.
Nel mio caso specifico li dopo Napoli-Torino, fu un gesto forte. Io so cosa ho dato, so cosa potevo dare e cosa ho passato. La vedevo come una punizione troppo grande contro un solo giocatore dopo che un girone di ritorno fu disastroso per tutta la squadra. Venivo da una convocazione in nazionale 6 mesi prima, il girone d'andata volammo. Purtroppo pagammo un po' la preparazione anticipata causa Intertoto. Decisi di fare un gesto forte, lo rifarei senza problemi. Ho dato un segnale anche a chi era fuori dal campo.
Dopo un paio di mesi mi venne chiesto se volessi lasciare la squadra dopo quel gesto. Io dissi che da Napoli non mi sarei mosso, e che avevo scelto Napoli perché si tratta di casa mia e non volevo ricordare per quello che non sono.
Questa è una cosa che non ha prezzo, al di là dei trofei. Questa esigenza da parte dei tifosi nei confronti dei giocatori ha dato sempre una grossa carica e una grossa motivazione. L'importante è dare tutto. Io ero uno di quelli che quando finivano i campionati dicevo a tutti di non chiamarmi perché non mi sarei voluto muovere da Napoli. Qualche offerta è arrivata e l'ho declinata.
Che ne pensi di un possibile ritorno di Insigne?
"Fosse per me tutti i figli di Napoli dovrebbero stare nel Napoli. E' una cosa che è diventata piuttosto difficile. Il Napoli al giorno d'oggi è molto internazionale come rosa. Qualche anno fa c'erano tanti giocatori napoletani in Serie A, si poteva creare una nazionale di giocatori napoletani. Ora un po' meno".
C'è stato un momento in cui anche solo per un attimo hai pensato di dire basta?
"Non ho mai detto un solo giorno "basta". C'è stato un momento in cui ho dovuto dire basta, perchè vedevo che si stava un po' soffocando la mia voglia di continuare a fare calcio, che è stato il momento in cui sono andato via. Le cose non andavano nel verso giusto neanche dal punto di vista dei numeri per me in quel periodo. C'era un allenatore che voleva un po' rivoluzionare la squadra, io sono stato uno dei tanti che cambiò squadra. Senza rancore e senza malumori ci siamo separati. Anzi, sono grato di aver avuto la possibilità di andare a giocare al Sassuolo che mi ha garantito la possibilità di giocare per altri 4-5 anni ad alti livelli".
Com'è stato affrontare Hamsik, Mertens e Callejon da avversari? Soprattutto nel Napoli di Sarri
"La qualità di quella squadra era altissima, soprattutto mi ricordo la catena di sinistra era qualcosa di complicato da affrontare. Però, purtroppo da tifoso azzurro, col Sassuolo qualche risultato lo abbiamo raggiunto contro il Napoli (ride ndr.). Ma era veramente difficile giocare contro il Napoli di Sarri. Che poi credo che siano ormai tanti anni che sia difficile giocare contro il Napoli. Che poi si arrivi primo, secondo, quinto, il Napoli ha sempre avuto squadre forti".
Com'è cambiata la tua visione di gioco da quando sei allenatore?
"E' cambiata totalmente, oggi anche varie cose le capisco dopo tanti anni. Quando sei calciatore, vai al campo, ti alleni e poi vai a casa. L'allenatore invece si sveglia e deve pensare a 360°, alla squadra e a chi gli sta intorno. E' un mondo affascinante ma difficile, è un mondo che ti dice che la squadra è lunga".
C'è qualche allenatore da cui hai appreso di più?
"Ho avuto la fortuna di essere stato da tanti allenatori bravi, e qualcuno meno bravo. E anche loro ti insegnano tanto eh, non solo quelli bravi. Ma l'allenatore che mi ha fatto scattare la scintilla è stato Eusebio Di Francesco. Magari anche grazie all'età un po' più matura. Non credo che un allenatore debba avere ispirazioni da altri allenatori. Se ti dico che sono un estimatore di Ancelotti, Ancelotti stesso si sta adeguando un po' al calcio che sta cambiando. Devi saper prendere il meglio da quelli che hai avuto come allenatori e anche da chi non hai conosciuto, tipo ascoltando interviste. Quando sento una cosa che viene detta e che mi piace, la ascolto, la assorbo, me la scrivo e la tengo per me. Ipad o carta e penna? Preferisco carta e penna, non sia mai si perde il backup sull'ipad! (ride ndr.). Sono ancora legato al quaderno e alla penna. Poi ovviamente ho un database sui dispositivi elettronici".
Da esterno e da tifoso come hai vissuto l'annata del Napoli di Conte?
"Penso che sia stata un'annata molto lunga e difficile, come lo è sempre ma con delle difficoltà un po' diverse quest'anno. Credo che vari meriti vadano al mister, che ha saputo gestire non tanto la squadra ma quelli che erano gli umori e i momenti esaltanti e meno esaltanti di tutta la stagione. I campionati si vincono non solo quando giochi bene. Quando vinci gare che non meritavi di vincere, quando soffri fino al 90° e riesci a strappare un pareggio, quando segni all'ultimo minuto. Sono tutti punti che accumulati poi fanno vincere i campionati. Credo sia stato giusto poi gioire in quel modo li, col mister che si è goduto la festa a 360°. Non ho avuto modo di incontrare Conte, solo mio fratello l'ha incontrato".
A proposito di Fabio, due stagioni fa tu e tuo fratello foste davvero vicini ad allenare il Napoli durante quell'annata burrascosa? Si parlò tanto della vostra presenza in tribuna al fianco di De Laurentiis in occasione di Napoli-Empoli:
"Allora, quella partita eravamo allo stadio perché spesso andavamo allo stadio durante quella stagione, anzi è anche giusto secondo me dirlo che in quella partita non c'era nessuno intorno al presidente, eravamo in pochi e questo è sempre giusto ricordarlo. Perché poi quando le cose vanno bene è facile a riempire la tribuna, quando le cose invece van male è il momento lì che ci vuole coesione e anche sostegno per ambiente, società e via dicendo. In quella partita visto che c'era un vuoto in tribuna, il presidente si girò e disse: "Ragazzi, cosa fate? Venite vicino a me a vedere la partita". Accadde solo quello in quella circostanza. Poi che la speranza è quella di allenare un domani il Napoli, la famiglia Cannavaro nei confronti del Napoli e di Napoli è sempre super disponibile, anzi e lo abbiamo sempre fatto e lo faremo sempre con grande amore, qualora dovesse capitare, però in quel momento non era nulla, era semplicemente una partita vista vicino al presidente. Poi so che comunque tra le varie idee per cambiare allenatore in quella stagione c'è stata comunque l'idea Cannavaro, però poi non è andata in porto".
E invece cambiando argomento, che capitano è stato Marek vedendolo da fuori?
"Vedendolo da fuori Marek è sempre stato un leader silenzioso e uno che ti trascinava già col suo modo di fare e questo l'ha portato avanti anche quando ha indossato quella fascia. L'ha fatto sempre con tanto onore perché Marek comunque è diventato napoletano a tutti gli effetti. Marek si sente figlio di questa città e anzi, mi è capitato di fare un post su Instagram proprio quando lui ha deciso di smettere in cui dicevo il suo nome rimbomberà nei vicoli dei nostri quartieri in eterno perché Marek sarà un giocatore immortale. Da questo punto di vista è stato sempre esemplare, mi è sempre piaciuto, sempre pulito. quando è stato il momento di metterci la faccia l'ha fatto e credo che quello debba fare un capitano oggi, oltre che gestire i i compagni di squadra".
Quindi un gesto che ti ha fatto capire che meritasse la fascia è appunto quando ci ha messo la faccia in qualche occasione?
"Sì, perché son quelli i momenti che che capisci che il capitano deve deve essere lì. Troppo facile comparire quando le cose vanno bene. E anche io nel mio passato spesso scherzavo col buon Guido Baldari, dicevo "Qualche volta che vinciamo mi fai fare qualche intervista o pensi che la devo fare solo quando perdiamo?" però era un modo anche per assumersi delle responsabilità".
Secondo te perché la squadra del tuo Napoli, a distanza ormai di un decennio. viene comunque sempre ricordata con la pelle d'oca dai tifosi?
"Proprio stamattina ho visto un video di Cavani, e quel Napoli lì era la il Napoli del 90º, di Mazzarri che si toglie la giacca, di una banda di di bravi ragazzi, ma Figli e' 'ntrocchia", come si suol dire, che in campo te la facevano sudare. Il motto nostro era molto vicino al Jamm a da mazzat primme' abbusca', che è la storica canzone che tutti conosciamo. E quel gruppo lì era così, erano tutti i giocatori presi da squadre normali, eravamo tutti bravi giocatori, poi diventati anche un po' grandi grazie alle annate, alle cavalcate che abbiamo fatto con con la maglia azzurra e forse il tifoso napoletano in questo si avvicinava molto. Noi reincarnavamo molto quello che era il tifo napoletano, secondo me, la voglia di non mollare mai fino al triplice fischio, di non avere paura di nessuno, perché comunque la nostra prima Champions abbiamo affrontato dei colossi internazionali. Sì, noi eravamo il Napoli, ma quel Napoli lì non c'era più. Era un Napoli nuovo, era un Napoli giovane, era storico, sì, ma era una società fresca.
Quindi noi siamo andati a giocare in Champions dove nessuno di noi aveva mai visto la Champions League, qualcuno l'Europa League, ma la Champions non la non l'avevamo mai vista. Eppure siamo andati lì, io dicevo sempre, petto alto, testa in fuori e gamba tesa. E questo è stato un po' il nostro motto e credo che per questo oggi i napoletani si ricordino ancora questo. E la cosa bella è che dopo la vittoria dello scudetto arrivano i messaggi, ma un po' a tutti, che poi quando ci parliamo viene fuori. Avremmo voluto vedere anche voi con una una vittoria del genere. Probabilmente c'è stato un anno in cui ci siamo avvicinati e purtroppo non è andata, però l'importante non è chi li vince, ma è vincerli. Quindi per la storia del Napoli, al di là di tutto, è bello aver fatto parte di questo percorso di crescita e oggi prendiamo un po' tutti i frutti di quello che che è stato il percorso".
A proposito di gol all'ultimo secondo, cosa ha significato per te quella rovesciata contro la Juve in Coppa Italia?
"Ma quello è il sogno da bambino che si si realizza. Io calcisticamente parlando, nasco nel nel quartiere della Loggetta in strada. Io giocavo in strada come tanti bambini all'epoca e noi nell'area del campetto popolare, come lo chiamiamo sempre noi a Napoli che affaccia praticamente sul Maradona, che all'epoca era il San Paolo, quando giocavamo alla tedesca e facevo gol in rovesciata, io dicevo: "domani il mio sogno è farlo lì" e sembra assurdo. Poi quando è accaduto la mia faccia la dice lunga. È stato è stato emozionante, è stato bello l'abbraccio, il boato, il campo che tremava nel vero senso della parola e poi un gesto tecnico che adoravo perché poi da bambino in spiaggia al mare col vecchio super Santos è una cosa che provavo sempre".
Passando al presente, cosa significa per te che hai messo le basi di questo Napoli vedere gente come Kevin De Bruyne, McTominay, Lukaku arrivare in azzurro? Ti aspettavi una crescita così rapida ed esponenziale?
"Me l'aspettavo perché l'ambizione del presidente è stata sempre quello di creare un Napoli competitivo negli anni e vincente. Non sono per le cose tutte e subito io, anche culturalmente. E questo percorso di crescita credo sia stato fatto nel miglior modo possibile. ogni step è stato fatto in maniera giusta, senza dover cambiare le le idee del club in base ai momenti e oggi ci godiamo anche un po' i frutti perché magari qualcuno pensa che il Napoli già all'epoca di Spalletti aveva fatto qualche passo indietro come rosa, ma non non era vero. La rosa è sempre stata molto competitiva da parte del Napoli. Ad oggi si aggiungono tasselli importanti perché prendere giocatori dal PSV, adesso li prendi dallo United, li prendi dal City, questo ti fa capire che oltre che Napoli sta crescendo tanto, secondo me, anche al di fuori del campo, oltre quello che i risultati del campo, ti fa capire che anche la società è molto più ambiziosa rispetto a prima e quindi sa che oggi il rifiuto non lo riceve perché qualche anno fa giocatori che tra Napoli e una squadra normale di Serie A andavano in una squadra normale di Serie A o addirittura in qualche squadra di Serie B. Ad oggi Napoli è in cima alla lista di di desideri di tanti giocatori. Merito di tutti, non solo del presidente, della società, della città, del tifo, merito di tutti, proprio quello che dicevo prima, anche della maturità che il tifo sta acquisendo piano piano".
A proposito del presidente, chi è per te De Laurentis?
"De Laurentis è stato l'uomo giusto, secondo me, al momento giusto per la piazza di Napoli. Un visionario. Ci sentiamo ogni tanto quando capita. Messaggini quando posso glieli mando sempre, soprattutto per per i complimenti. Quando ci vediamo è un rapporto normale, sano, al di là che adesso non faccio più parte del mondo Napoli, ma il presidente è sempre legato ad alcuni giocatori che hanno indossato questa maglia".
L'ultima è sulla difesa: Kim, Buongiorno e Koulibaly, chi ti piace di più proprio a livello da difensore e chi
" Ma tutte e tre non si possono mettere insieme, magari sì (ridr ndr.). Ma secondo me quello che abbiamo visto un po' anche evolversi la parte finale soprattutto, credo che Koulibaly sia stato quello più completo. Kim è stata una sorpresa per alcuni, per me no, perché lo avevo già visto in Cina, anche se il livello era sicuramente diverso, ma quando un giocatore è forte lo vedi subito e però credo che il nostro futuro sia Buongiorno, che è un difensore che in questo momento credo che sia tra i migliori che abbiamo in Italia e mi auguro solo che possa sistemare un po' questi piccoli acciacchi che lui ha avuto quest'anno per far sì che possa essere un punto fermo nella formazione azzurra".
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