ESCLUSIVA - Caio: "Auto pazze, il miracolo in Coppa Italia, i regali gratis nei negozi e quel Natale speciale: Napoli unica, altro che la bella ma fredda Milano..."
Stagione 1996/97, un grande tuffo nel passato partenopeo. Era il Napoli di Vincenzo Montefusco, ma anche di Pino Taglialatela e Fabio Pecchia. L'annata della Coppa Italia persa in finale, ma anche la stagione della seconda chance per Caio Ribeiro Decoussau. La grande promessa brasiliana acquistata dall'Inter per 7 miliardi di lire da Massimo Moratti e passata in prestito all'ombra del Vesuvio dove verrà ricordato soltanto per due gol: una di testa in una leggendaria gara all'Olimpico giocata 9 vs 11 e un gol in semifinale proprio all'Inter al San Paolo. Figlio di nobile famiglia e dalla spiccata intelligenza, si trattava di uno dei più grandi talenti verdeoro del periodo. Miglior giocatore dei Mondiali Under 20 disputati un anno prima, nonché scarpa d'oro del torneo. Paragoni blasonati e tante speranze, ma la sua parentesi nel Bel Paese fu tutt'altro che all'altezza delle aspettative: due sole reti e pochissime apparizioni. Un fiore mai sbocciato, una carriera mai più esplosa definitivamente. Fino all'addio all'età di 30 anni, per intraprendere a sorpresa il percorso da modello. Oggi grande commentatore Tv in Brasile, l'ex attaccante è stato raggiunto in esclusiva dalla redazione di CalcioNapoli24.it in vista di Napoli-Inter di lunedì sera:
Caio, innanzitutto quanto ti manca l'Italia?
"Ho davvero molta saudade, ma in particolare Napoli mi è rimasta nel cuore. Ho avuto un legame che va al di là del lavoro, non ho avuto molto successo professionale ma ho vissuto un rapporto intenso con la città e la propria gente. I napoletani mi sono sempre stati molto vicini e ho conosciuto grandi amici, ho vissuto un'esperienza diversa da Milano e per questo me ne sono innamorato".
Allora raccontaci subito il ricordo più bello...
"In campo, se devo parlare individualmente, sicuramente il mio goal in semifinale di Coppa Italia contro la Lazio. Fantastico, un qualcosa di indescrivibile. Per quanto riguarda il collettivo invece, sicuramente il match sempre per la coppa nazionale contro l'Inter da cui venivo in prestito. Un giorno speciale, una cornice da 80.000 spettatori con l'intero stadio che cantava 'O surdato 'nnammurato al triplie fischio. Vincemmo ai rigori e anche io ne calciai uno, una serata davvero speciale".
Allora possiamo sicuramente indicare la finale persa come il ricordo più brutto...
"Sì, sicuramente. Iniziammo a rilento la stagione, dopo migliorammo e arrivammo in finale contro il Vicenza. Quella sconfitta mi ha fatto molto male, sarei voluto andare via con un titolo per l'amore che provavo e provo per la città".
E 'O surdato 'nnammurato ti è rimasto nel cuore, tanto da cantarlo anche nelle Tv brasiliane
"In Brasile tutte le squadre hanno degli inni, ma riguardano unicamente lo sport. Col Napoli invece si è trasportata una canzone della città alla squadra di calcio: una cosa meravigliosa, una dichiarazione d'amore fantastica. Una cosa che mi ha sempre emozionato molto. Credetemi, sono davvero innamorato dell'azzurro e della città. Quando posso, ne parlo sempre anche in Tv. Mio figlio di cinque anni già tifa per il Napoli! Presto lo porterò nel capoluogo campano".
Napoli e il Brasile, così lontani ma così vicini...
"Sì, ed è per questo che mi sono trovato benissimo. Milano, grande centro culturale, mi piace molto, ma è una città sicuramente più fredda rispetto a Napoli dove l'affetto della gente è enorme. All'improvviso mi sono sentito a casa, una gran bella sorpresa. Paragono Milano a São Paulo, città dove vivo attualmente".
Sì, però c'è quel traffico pazzo...
"Vi racconto un aneddoto. Al Nord avevo un'auto grande, quando passai al Napoli da contratto mi spettava una vettura ma me ne diedero un'altra decisamente più piccola. Dissi: "Caspita, ma non è quella prevista dal contratto!". Mi fu detto: "Ascoltaci, prova prima questa e poi ci dici...". Ebbene, avevano ragione. Conoscevo la fama del luogo, ma viverlo è differente. Un transito completamente pazzo, dove ogni spazio stretto diventava una via per proseguire. Al di là della carriera, l'Italia è stata una grande esperienza culturale".
Positivamente invece, cosa ti ha colpito di più?
"Non avevo mai passato Natale lontano da casa se non per motivi professionali, ma vi dico che quell'anno li feci arrivare tutti qui: genitori, nonni e cugini. E una delle cose che più mi ha sorpreso, è stato l'affetto dei napoletani per loro quando sapevano che erano i miei familiari. Nei negozi varie volte non hanno accettato soldi quando volevamo comprare un qualcosa, ci dicevano che era un regalo. E' stato un Natale molto speciale, unico. Poi ci sono luoghi meravigliosi, come Capri e la costiera amalfitana. Per non parlare del cibo, in particolare la mozzarella di bufala: una cosa meravigliosa, per l'amor di Dio... ne mangerei a volontà".
Peccato per come è andata calcisticamente, ma perché non hai confermato le aspettative?
"I classici centravanti in Italia hanno sempre avuto due caratteristiche fondamentali, un grande fisico o una grande velocità, ma io non possedevo nessuna delle due. Ero un attaccante molto tecnico, oggi ho un'altra testa e giocherei più come mezza punta o centrocampista. Poi mi è mancata anche un po' di pazienza, mio padre cercava di farmelo capire ma non ne ho avuta molta".
E il Napoli di quest'anno lo segui?
"Io lo seguo tutti gli anni! Ora è impressionante come la squadra giochi allo stesso modo che sia a casa o fuori. Benitez era un po' testardo nei cambi, Sarri ha poi dato quell'equilibrio e quella libertà ai giocatori che mancava. Così si spiega l'inizio fantastico".
Allan-Jorginho, Dunga li segue?
"Dunga è un c.t. molto attento, seguo un po' tutto. Sicuramente li starà osservando, del resto monitora costantemente tutto il palcoscenico europeo. Nella Seleção attualmente Luiz Gustavo e Fernandinho sono al vertice della gerarchie, ma quella del centrocampo è un zona che ancora non ha preso una vera forma. Pertanto, possono ottenere sicuramente una chance".
Cosa è successo invece a Rafael Cabral?
"Mi piace molto, inoltre è un amico particolare che ho seguito nel Santos. Non ha colto l'opportunità e gli è mancata la fiducia. Diversamente da Gabriel che è andato via dal Brasile giovanissimo, lui è sbarcato in Europa già con un blasone e con tante conquiste alle spalle. Ora deve avere pazienza, un'opportunità arriverà. Il calcio purtroppo cambia, non c'è molto tempo e se arriva l'opportunità bisogna coglierla".
Nel frattempo in Serie A si scatena un'emozionante corsa scudetto...
"Da napoletano, mi è piaciuto vedere la Juventus giù in classifica. Ma è ancora forte, ha strutture e la base è bene o male la stessa dello scorso campionato. L'Inter non fa un calcio brillante ma concreto, la Roma ha mantenuto una squadra forte e la Fiorentina è la grande sorpresa di quest'annata. Non credo nel Milan e nella Lazio, per me sarà corsa tra Roma, Napoli, Inter e Juventus.
Napoli-Inter, il tuo pronostico...
"La mia previsione è una cosa, il mio tifo per gli azzurri ne è un'altra (ride, ndr). Sarà un jogaço, ne stavo parlando anche con i miei genitori in questi giorni. Il Napoli ha già affrontato varie big imponendosi alla grande, poi giocare al San Paolo è molto dura per gl iavversari. Sono fiducioso, anche perché lo stadio sarà sicuramente pieno. La squadra di Mancini punta molto sulla fisicità, il Napoli è più tecnico. Sarà un big match, non c'è una favorita netta ma ha qualche chance in più la squadra di Sarri per il fattore casa".
Careca-Higuain, chi il migliore?
"Sono due giocatore completamente diversi, Higuain è prevalentemente un rifinitore offensivo. E' sicuramente anche un grande bomber, ma Careca era davvero completo. Per me, è uno dei più grandi centravanti della storia: risolveva le partite da solo. Aveva tecnica, fisicità, corsa e calciava con entrambi i piedi. L'argentino mi piace molto, ma Careca è superiore".
Concludiamo col grande enigma, tra Pelè e Maradona?
"Non ho avuto il piacere di vedere Pelè, mi sono dovuto attenere ai filmati. Maradona invece sì ed è stato sicuramete il più grande che io abbia visto. Ma per la storia e per tutto quel che ha fatto, per me Pelè è un gradino superiore: è ancora il re del calcio".
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