
ESCLUSIVA - Pasino: "La mora del Napoli fu un atto dovuto, che sfortuna! Sarri al footvolley? Fuma troppo! Mi cantarono Pasino è megghiu i Pelè, Bierhoff rideva per una storia su Panucci"
"Se avessi fatto meglio da giocatore, magari non ci si sarebbe ricordati dei capelli ma dei gol e degli assist". In mezzo a tante risate, in una chiacchierata durata quasi mezz'ora, un passaggio dell'intervista che Rubens Pasino ha rilasciato in esclusiva a CalcioNapoli24 colpisce un po'. E' uno dei più interessanti, che forse nasconde qualche piccolo rammarico per quell'anno e mezzo passato in azzurro: non era uno dei migliori momenti per il Napoli, che finì col fallire. Pasino quei momenti li ha vissuti, e ricorda: "Purtroppo non ho fatto molto bene, così come la squadra, ma c'erano mille problemi e quel Napoli ne aveva davvero tanti". Ma il passaggio dedicato alla maglia azzurra è solo uno dei tanti per Rubens, che iniziò la sua carriera...nella Juventus.
Come nacque il tuo essere calciatore, così come l'arrivo alla Juventus?
"Essendo figlio unico di un padre appassionato di calcio, mi ha trasmesso fin da piccolo questa passione: ho iniziato all'oratorio della squadra della mia città, la Don Bosco, poi son passato all'Alessandria. Nel 1986 un osservatore che lavorava per la Juventus (Luigi Bosco, ndr) mi segnalò per un provino: mi presero, poi feci tutta la trafila fino alla Primavera..."
Cresci nella Juventus e sfiori la prima squadra: magari non sei stato fortunatissimo, visti i tanti campioni che c'erano...
"...erano anni molto diversi dai tempi attuali, anche se la Juventus è sempre stata una grande e per giocare in prima squadra, a 18-19 anni, dovevi avere del talento vero e già pronto. Probabilmente non lo ero, ma a quei tempi i giovani erano considerati molto meno...anche il settore giovanile della stessa Juventus"
Qual è il ricordo più nitido che hai?
"Ricordo una amichevole con la prima squadra, fu molto emozionante: avevo 16 anni, ero ancora un Allievo e mi chiamarono a sorpresa. Mancavano gli attaccanti della Primavera, andai io ed ero emozionato di essere al fianco di gente come Scirea, Cabrini o Tacconi. Che, peraltro, erano anche i miei idoli. Ricordo Marchesi: in un'amichevole contro una squadra di Serie D eravamo in sedici effettivi, ero in panchina con un altro ragazzo più Scirea e Vignola...Marchesi fece entrare solo loro due (ride, ndr). Pensa che tempi! Nemmeno nelle amichevoli ti davano spazio, ma fu una esperienza molto bella"
Fa un po' sorridere, pensandoci: un ragazzo dal Nord, per trovare spazio, scende al Sud di Reggio Calabria. In altri ambiti succede esattamente il contrario...
"Reggio credo sia stata la mia tappa fondamentale ad inizio carriera, se sono diventato un discreto giocatore lo devo alla Reggina e alla città: sono stato cinque anni lì, era la mia piazza importante ed era molto calda. I tifosi all'epoca erano tantissimi, vincemmo la C1 al primo colpo e poi restai fino al trasferimento al Crotone. Ho capito lì cosa fosse il calcio professionistico in una piazza calda, anche nei momenti difficili con qualche contestazione"
...ad esempio il 7-0 subito dal Genoa al primo anno di B?
"(ride, ndr) l'ho rimosso quello! No dai, lo ricordo perfettamente: quando tornammo, i tifosi al martedì si incazzarono parecchio...vennero in mille all'allenamento, erano arrabbiati per una giornata storta. Rimanemmo in nove quel giorno, il Genoa infierì un po'"
Al ritorno, però, vi prendeste la rivincita...
"Fu una grande gioia, forse fu il gol più importante che io abbia mai segnato con la Reggina. Segnai al 93', vincemmo 2-1 e ci vendicammo un po'. Fu una bella emozione"
Ma la storia dietro il coro 'Pasino è megghiu i Pelè' dove nasce?
"Questa non la sanno in tanti (ride, ndr). Ebbi una colica renale molto brutta, mi ricoverarono e al mattino trovai questo infermiere che la cantava: mi aveva riconosciuto, diceva di andare in curva...fu una cosa simpatica, a Reggio come in tutto il Sud sei molto più riconosciuto. Fu una cosa buffa"
Tanto amore per la Reggina, fino al diventare membro di un gruppo di ex calciatori che volevano impegnarsi per evitarne il fallimento...
"C'era stato il progetto, fui chiamato ma poco dopo la società fallì. Diversi calciatori avevano donato molto, per me non ci fu manco il tempo di pensarci perchè mentre pensi se possa servire oppure no...la Reggina non fu ammessa al campionato e l'iniziativa fu accantonata. Fui chiamato, sì, non aderii subito ma non ci fu il tempo per farlo successivamente"
Tre anni al Modena: sedici gol e due promozioni non si dimenticano facilmente...
"Dopo Reggio andai a Crotone e vinsi il campionato, ma dopo tanti anni in Calabria volevo riavvicinarmi a casa: ebbi la fortuna della chiamata del Modena nel 2000, da parte dell'ex presidente Montagnani - che purtroppo non riuscì a vedere vincere tutto alla sua squadra. Scesi di nuovo di categoria, per l'ennesima volta, e provammo a vincere il campionato di C: Modena è stata la consacrazione della mia carriera, vincemmo due campionati di fila e ne facemmo altri due in Serie A. Anzi, un anno e mezzo perchè poi sono venuto a Napoli... sono stati due anni e mezzo fantastici, forse lì ho raggiunto il momento migliore della mia carriera. Poi Modena è rimasta la mia città, abito qui con la mia compagna: è da quasi vent'anni, ormai è diventata una seconda casa"
E' vero che ogni tanto eri in disaccordo con Gianni De Biasi?
"(ride, ndr) no, dai non ero così in disaccordo! Mi cambiava spesso, e nei primi due anni magari volevo sempre finire la partita. Non ebbi mai nessuna discussione particolare, forse solo una volta: lui si incazzò, ma perchè mi incazzai pur'io dopo un cambio. Niente di particolare, ho sempre avuto una grande relazione con lui: non c'erano motivi per non andare d'accordo con lui"
Qual è il tuo ricordo di Paolo Ponzo? Eri tra quelli presenti quando il Modena gli dedicò un ricordo allo stadio Braglia...
"Ricordo quel giorno, ormai sono passati quattro anni dalla sua morte. Era un ragazzo unico da tanti punti di vista, caratterialmente era molto schivo ma buono e generoso in campo come nella vita. Come giocatore era quello che tutti gli allenatori vorrebbero avere, non quello dalle doti eccelse ma piuttosto quello che è riuscito ad altissimi livelli pur avendo qualche limite. Dal punto di vista atletico è il più forte che avessi mai visto, era un mezzofondista che avrebbe potuto fare i 1500 o i 3000 metri: aveva una resistenza paurosa. Il destino gli è stato fatale proprio per la sua generosità, essendo morto in una corsa podisitica: anche dopo la fine della carriera era un atleta straordinario"
Pensandoci, il destino esiste? Tanti anni alla Reggina, poi va a finire che l'unico gol in Serie A lo segni proprio contro di loro...
"Ci credo, eccome se ci credo. Non mi lasciai benissimo con la Reggina, anche se poi dopo con Foti e gli altri dirigenti son tornato in ottimi rapporti. Nonostante i tanti anni trascorsi lì, non fui trattato come pensavo in quel momento: a distanza di anni, era scritto nelle stelle che avrei fatto gol proprio a Reggio Calabria. Dico la verità, avrei preferito segnare l'unico gol in Serie A contro qualsiasi altra squadra...anche perchè non esultai (ride, ndr). Ed uno che fa un gol in Serie A e non esulta...è incredibile, avrei preferito segnare ad altre squadre e non alla Reggina. Dio ha voluto così, non saranno stati contenti i miei ex tifosi che, però, mi vogliono ancora bene: ne ho avuta testimonianza su Facebook..."
Passando all'anno e mezzo al Napoli, come nacque l'idea delle meches bionde?
"Il look dopo un po' stanca, ma sinceramente non nacque a Napoli: l'avevo già ai tempi del Modena, arrivai in azzurro già con qualche meches. Mi piacevano all'epoca, li ho portati per un po' e casualmente anche a Napoli"
Eri tra quelli che spinse per la messa in mora del Napoli?
"Non particolarmente. Noi la mettemmo in mora a maggio, a fine campionato, ed aspettammo. Fu un atto dovuto con l'avvocato dell'AIC, tutta la squadra era solidale e nessuno si oppose dopo aver aspettato, per l'intero campionato, che la società mettesse a posto le proprie cose per poter andare avanti. Per salvaguardare il nostro futuro era un atto dovuto, purtroppo non si poteva fare diversamente: anche chi ha detto, in seguito, che non fu d'accordo alla fine decise in questa direzione. Altrimenti poi non potevi nemmeno rivalerti, aspettammo fino alla fine"
Insomma, non vi salvarono nemmeno i tanti rigori assegnati a favore durante la stagione: quasi come a voler salvare il Napoli quantomeno sul campo...
"Ce ne diedero di più l'anno prima, nel 2002-2003 avemmo qualche rigore in più: non erano scandalosi, ma nemmeno solari. L'unico che ricordo bene fu quello con la Triestina, poi tutti gli altri di riffa o di raffa c'erano. Ne prendemmo un altro col Catania in casa, poi ce ne negarono un altro...nell'anno del fallimento forse ne avemmo qualcuno, ma niente di particolare"
Che tipo era Scoglio?
"E' stato un grande personaggio, mi volle lui a Napoli e non posso che ringraziarlo. Come mi convinse? Mi fece chiamare, poi lo fece direttamente lui. A Modena avevo finito il mio ciclo, il Napoli mi chiamò e Scoglio voleva rilanciare la squadra: l'unica remora da parte mia era la posizione di classifica, passare dall'ottavo posto in Serie A al penultimo posto in B non era facile. Quando arrivai vincemmo con Messina, Catania e Cagliari: facemmo nove punti in quattro partite e ci riprendemmo, ma la classifica era talmente brutta che pur vincendo sempre in casa...non riuscivamo a tirarci fuori dalla situazione. Scoglio l'ho avuto a fine carriera, ma era uno che puntava molto sul carisma ed era uno di personalità"
Come giudichi, col senno di poi, la tua avventura in azzurro?
"Con una sola parola forse è difficile...forse 'sfortunata' (ride, ndr). Perchè arrivai in un momento un po' così, non feci bene come a Modena altrimenti a Napoli sarei ricordato anche in maniera migliore. Furono degli anni difficili, forse noi non eravamo all'altezza di quella pressione e dei problemi societari che c'erano: la squadra non era forte come doveva esserlo, nonostante i nomi buoni per la Serie B. Magari mancava l'amalgama tra giovani e vecchi, e di giovani forti ne avevamo: penso a Floro Flores, che era ancora ragazzino. Eravamo un po' macchinosi, eppure in avanti avevamo tanti ragazzi forti come Dionigi, Savoldi, Vieri, Zanini, Montezine, Sesa...alla fine i risultati non arrivavano, e forse non eravamo amalgamati bene"
Se ti chiedo la cosa più incredibile che ti è successa da calciatore, tu rispondi...
"...non è facile, bella domanda (ci pensa un attimo, ndr). Ce ne sono tanti di episodi, non saprei. Anzi, ne ho una: la raccontavo sempre a Oliver Bierhoff quando giocavo ad Ascoli con lui, e gliel'ho sempre ricordata nelle occasioni successive in cui si siamo visti. Ero all'ultimo anno della Primavera, avevo vent'anni e giocammo contro il Genoa in cui militava Christian Panucci: litigammo per via del suo caratterino particolare, aveva già grande personalità nonostante i suoi diciassette anni. Mi provocò un po', mi diceva 'l'anno prossimo smetti, il prossimo anno vai a giocare di qua, ma dove vai che sei vecchio'. Io gli dissi 'ma tu l'anno prossimo dove credi di andare a giocare?': poi giocò nel Milan, nel Real Madrid, nella Roma...ci siamo ritrovati negli anni, c'abbiamo scherzato su. Da quella volta in poi decisi di non parlare più (ride, ndr), perchè Panucci alla fine ha giocato dappertutto"
Dopo la carriera hai allenato a Sassuolo, nelle giovanili: il calcio difficilmente viene messo da parte, no? Ti sei dato al footvolley...
"Smisi tardi di giocare, feci un altro paio d'anni di dilettanti per divertimi nonostante il fisico mi stesse abbandonando. Entrai subito nel settore giovanile del Sassuolo, nei Giovanissimi nazionali: fu un'ottima esperienza, sento ancora alcuni ragazzi che adesso sono ormai diventati uomini. Ho avuto il piacere di allenare Adjapong e Fontanesi, che sono arrivati al mondo dei professionisti, e ne sento altri. Il terzo anno rifiutai il contratto, poi sono stato fermo un anno..."
...e?
"...e mi sono appassionato al footvolley, sia come giocatore sia a livello di organizzazione. Nonchè nella promozione dello stesso sport. Sono un po' uscito dal mondo del calcio, resta un hobby ma a livello lavorativo non ho fatto più niente"
Ecco, il footvolley: se volessimo fare un due contro due tra Napoli e Juventus?
"Direi Higuain e Dybala da una parte, e Mertens ed Insigne dall'altra. Sono quelli che possono decidere le partite, anche se Hamsik spesso non è da meno. Se devo scegliere due giocatori per parte, allora prendo loro".
Sarri sulla sabbia del footvolley, invece?
"Ha allenato l'Alessandria, la squadra della mia città, e lo reputo bravissimo. Però non so, dovrei vederlo: per il momento mi sembra che vada meglio in panchina che non sulla sabbia...fuma troppo il mister, due-tre scambi potrebbero essere anche tanti (ride, ndr)"
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