
ESCLUSIVA - Portanova: "Ho giocato nella Roma con la canottiera della Lazio sotto la maglia. Mio figlio sta realizzando il mio sogno. A Napoli non ho preso stipendio per otto mesi"
Di origini avellinesi, trapiantato poi nella periferia romana di Montespaccato, Daniele Portanova ha un sogno irrealizzato: giocare nella Lazio. Adesso è un po' fuori età, ma le sue soddisfazioni se l'è prese: Genoa, Bologna, Napoli. Ha vestito le maglie di alcuni tra i più rinomati club di Serie A. Adesso ha preso il patentino da allenatore e sogna un futuro in ambiente calcistico. Intanto, è papà di Manolo che adesso milita tra le file della Lazio Primavera. Papà Daniele era sugli spalti a Sant'Antimo per il match Primavera Napoli-Lazio ed ha rilasciato alcune dichiarazioni in esclusiva ai nostri microfoni:
Cosa speri per il futuro di tuo figlio? "Non do consigli a mio figlio, perchè a questo pensano la società e l'allenatore. Sono contentissimo che vesta la maglia della Lazio. Sta facendo progressi, ma deve migliorare ancora tanto. Spero che riesca a realizzare i suoi sogni. Manolo, mio figlio, è nato a Napoli. E' un napoletano, ma è innamorato della realtà in cui gioca. Sta realizzando il mio sogno in questo momento, ovvero quello di vederlo con la maglia della Lazio".
Tu invece sei partito dalle giovanili della Roma, pur essendo di tifo laziale... - "Ho fatto il settore giovanile nella Roma e anche da piccolo non ho mai rinnegato la mia fede. Mi beccarono a Trigoria col ciondolo della Lazio e un dirigente mi fece togliere la collanina. Ad ogni modo, io non ho mai smesso di tifare Lazio, anche se mi fecero mettere via quel ciondolo. Tant'è che ad ogni partita con la Roma io giocavo con la canottiera della Lazio sotto la maglia. A Roma si vivono queste cose con molta intensità. Ma non sono queste le cose che danno fastidio, è da apprezzare quando un ragazzo tifa per la sua squadra incondizionatamente".
Come ti vedi tra dieci anni? "Ho sempre avuto il sogno di vestire la maglia della Lazio da calciatore. Purtroppo non s'è avverato. Ho fatto una carriera intensa, fatta di sacrifici e lotte. Ho preso il patentino per fare l'allenatore. Il mio sogno adesso è quello. Come inizio mi andrebbe bene allenare anche la Primavera anche se non sono proprio pronto per allenare i piccoli. Mi sento più allenatore che educatore".
Che ricordo hai di Napoli? "Ancora oggi ricevo affetto dai tifosi napoletani. Quando un giocatore dà tutto per la maglia, viene sempre apprezzato. Sono arrivato nell'anno più brutto della storia del Napoli perchè era quello del fallimento. Non abbiamo percepito stipendio per otto mesi a Napoli, quei soldi non li abbiamo visti più. Ci sono diversi tipi di giocatori. C'è chi lo fa per l'affetto nei confronti della maglia che indossa e chi invece pensa solo ai soldi. Tuttavia, è anche giusto che un giocatore svolga il proprio lavoro per soldi. In quel Napoli c'erano tanti giocatori che pensavano più alla maglia che ai soldi".
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