
ESCLUSIVA - Ronaldo Vanin: "Dalla Serie A col Toro al lavoro di fattorino. Col Parma ho perso due anni di stipendio, poi nessuno volle aiutarmi! Ricordo ancora il rigore procuratomi contro il Napoli..."
In Italia giovanissimo, a diciotto anni. Le aspettative erano alte, il Toro lo acquistò con la speranza che potesse diventare uno dei terzini destri più forti in circolazione. Poi la debacle calcistica, le esperienze con Benevento e Avellino, la bruttissima avventura col Parma ed ora si ritrova a fare il fattorino per un’azienda farmaceutica. CalcioNapoli24.it ha raggiunto, in esclusiva, l’ex difensore Ronaldo Vanin, che ha fatto l’excursus della sua carriera, da quando si allenava in Prima Squadra col Torino a quando tutti gli hanno voltato le spalle.
Partiamo dall’inizio. A che età ti sei trasferito in Italia? “Sono arrivato a diciotto anni grazie a dei procuratori. Io ero di proprietà del Sao Paulo, ma mi ero appena svincolato e conobbi il fratello di Denilson (ex Betis e nazionale) che conosceva una persona italiana. I due lavoravano insieme e mi portarono al Torino”.
Beh? Come fu il primo periodo? “Feci un anno di Primavera, questo procuratore portò anche Pinga al Toro insieme a me. Senza provini mi presero e feci un anno lì in granata. Andò benissimo, non andò bene successivamente quando andai in prima squadra. Non so se per scelte societarie o degli allenatori, ma mi vedevano ancora troppo piccolo per provare a far qualcosa in prima squadra”.
Dal Torino in prestito all’Avellino in Serie C. Quella doppia finale col Napoli in finale play off… “L’andata al San Paolo ero in panchina, però presi il calcio di rigore decisivo al ritorno (sorride ndr.). Ho bei ricordi perché vincemmo un campionato di C contro una squadra importante che era il Napoli. Era un derby. Sono passati tredici anni ed ero giovanissimo. Mi ricordo più i festeggiamenti, la cosa più bella. C’era molta tensione per quella finale di ritorno, avevamo il vantaggio di poter anche pareggiare. Giocare davanti al nostro pubblico ci fece bene, c’erano almeno 20 mila persone”.
Proprio ad Avellino conoscesti Fabio Montezine, ex azzurro. Fu lui ad accoglierti in Irpinia? “Io l’avevo già conosciuto al Sao Paulo. Lui era in Primavera ed io facevo gli Allievi del Sao Paulo. Poi l’ho ritrovato ad Avellino e lui si ricordava di me. Anche Fabio Simplico conoscevo bene. Montezine era ‘piccolino’, ma ricordo un calciatore molto intelligente e ben dotato tecnicamente. Aveva un gran mancino, infatti col Napoli fece molto bene in Serie B”.
Poi una brevissima esperienza col Catanzaro in B. Con Bruno Giordano in panchina. Che momenti conservi vissuti con quell’allenatore? “E’ stato un periodo della mia carriera dove ero di proprietà del Toro e per non restare fermo accettai di andare in prestito lì. Sei mesi di esperienza, il mio primo campionato di B, ho giocato 18 partite su 21. E’ stata una buona esperienza, mi son sempre trovato bene con Giordano. Fece di tutto, ma la nostra era una situazione difficile e dovevamo recuperare troppi punti per salvarci”.
Cinque anni vissuti a Sorrento in rossonero. Possiamo dire che è stata l’esperienza più intensa della tua carriera da calciatore? “Sì, ho trovato l’equilibrio sia fisico e mentale. I primi tre o quattro mesi furono difficili perché mi presero dal Manfredonia e giocavo a centrocampo ed i campi erano molto stretti ed andavo in difficoltà. Son sempre stato un terzino destro. Poi cambiò l’allenatore e giocavo più dietro e da lì ho vissuto quattro anni a buonissimi livelli”.
Parentesi col Lecce, in Lega Pro. In quell’organico c’erano anche Bogliacino e Pià. “Con Inacio è nata un’amicizia che è durata anche dopo. Mi sento con lui tutt’ora”.
Ad oggi sei un operaio. Cosa è successo alla tua carriera? Come mai hai smesso col calcio? “Nella vita ci sono delle situazioni dove bisogna rischiare. Io l’ho fatto ed ho sbagliato. Ho avuto la possibilità di andare a Parma, da Lecce. La società mi disse che mi avrebbero fatto due anni di contratto, ma sarei dovuto andare in Slovenia in prestito. Io a trent’anni accettai e rischiai, pensai che il Parma era una società storica. Purtroppo è andata male, sono stato due anni in prestito in Slovenia dove non ho mai percepito nemmeno un euro. Ho perso tutti i soldi, all’epoca non c’erano i fondi di garanzia che coprivano un atleta. Ho fatto due anni all’estero e sono uscito un po’ dal giro dell’Italia e quando sono rientrato ho fatto tanta fatica. Ho parlato con tantissime persone eppure non sono riuscito a trovare alcuna società disposta a darmi un’opportunità in Serie C. Non chiedevo né contratti né altro, nessuno mi ha risposto. Alle poche persone che mi hanno risposto mi offrivo gratis ai ritiri. Son dovuto scendere in Eccellenza a Sorrento, poi in D a Casale. In quest’inizio di stagione qua ho pensato, a trentaquattro anni preferisco scendere di categoria e trovarmi un lavoro diverso. Potrei ancora giocare qualche anno in D, ma ho preferito lasciare adesso a quest’età. Sono molto amareggiato, ma ho dovuto prendere questa scelta perché ho una famiglia e due figli. A Parma ho perso due anni di stipendio che ora mi avrebbero dato una grossa mano. Gioco in Eccellenza vicino Torino, vicino casa. Lavoro per una cooperativa farmaceutica, faccio il fattorino, porto i farmaci nei negozi”.
Il tuo rammarico più grande? “Ho capito che nel mondo del calcio tante persone che conosci non te le ritrovi. Tanti hanno fatto finta di niente perché ero uscito dal giro. In molti mi hanno girato le spalle”.
Hai mai considerato ‘amico’ qualcuno nel mondo del calcio? “Giusto un paio di persone hanno provato ad aiutarmi. Ho giocato con Erpen a Sorrento ed anche lui ha provato ad aiutarmi con alcuni amici procuratori. Son rimasto legato a Paulinho della Cremonese. Sento ogni tanto Coda del Benevento, Cordaz del Crotone, ci ho giocato insieme nel Nova Gorica”.
Cosa vorresti trovare sotto l’albero per questo Natale? “Non chiedo molto, vorrei ritrovare la serenità che ho perso. Per me e la mia famiglia”.
di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)
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