
Gregucci: "Napoli anomalia d'Italia, per il secondo scudetto c'erano 220mila tifosi ovunque! Maradona era Dio, un suo gesto verrà ricordato tra due secoli" | ESCLUSIVA
Ultime calcio Napoli Lazio Gregucci commenta la corsa scudetto e ricorda il passato, quello delle gesta di Diego Armando Maradona ai microfoni di CalcioNapoli24
E' un Napoli che vola in campionato, con un vantaggio di 18 punti sulle inseguitrici. La squadra di Luciano Spalletti riesce a surclassare gli avversari senza difficoltà e si avvicina al terzo scudetto della sua storia. Venerdì, allo stadio Maradona, arriva la Lazio di Maurizio Sarri e di questo e di tanti altri argomenti, la redazione di CalcioNapoli24, ne ha parlato con Angelo Gregucci:

Gregucci e l'arrivo sulla panchina del Napoli
Il Napoli poteva essere di Gaucci, l'allenatore scelto era Gregucci. Com'è nata la trattativa?
“Il Napoli doveva cambiare proprietà. Ai tempi c'era un direttore di riferimento, che era Angelozzi, oggi al Frosinone che mi chiamò e mi presentò l'idea di cominciare un progetto Napoli tutto da sviluppare. Diedi la disponibilità immediata. Poi arrivò la proprietà De Laurentiis e da lì cominciò la fortuna del club azzurro”.
Ma non c'è mai stata altra possibilità di approdo?
“No, non c'è poi mai stata altra occasione. De Laurentiis ha avuto, ad inizio avventura, qualche complicazione ma il progetto si è oggi coronato in maniera trionfale, sia a livello sportivo che di patrimonio. Il Napoli di De Laurentiis, che a volte è stato messo in discussione, guardando i bilanci in ordine e il suo progetto vincente, è l'anomalia del calcio italiano”.
Ma alla fine Napoli può essere definito un suo rimpianto?
“Sono fatalista, se il destino ha voluto questo, vuol dire che era il percorso corretto per la mia carriera. Estendendo i giudizi sull'era De Laurentiis, il suo progetto non è stato valorizzato come si deve ma ha saputo fare scelte da presidente importanti e con il senno del poi, ha avuto ragione. Ha rinunciato a Koulibaly, Insigne, Mertens, che si è iscritto di diritto al comune di Napoli col nome di Ciro, entrando in simbiosi con l'ambiente, oltre a Fabian Ruiz, e ha avuto ragione. Ha comprato un georgiano (Kvaratskhelia, ndr) e un coreano (Kim Min-jae, ndr), diventando oggetto di critiche e, a detta di tutti, nelle griglie di partenza, fuori anche dalla zona Champions. Il Napoli non solo è tra le prime 4, con un patrimonio giocatori invidiato da tutti e con la Premier che si farà sotto per qualcuno, ma è in testa alla classifica con un vantaggio incredibile. Sta disputando una Champions League clamorosa per il gioco, riuscendo nella valorizzazione di gente sconosciuta ai più e, ripeto, oggi appetibile a molti. Il merito enorme è anche di Spalletti, vincerà il campionato italiano e merita di farlo, pur essendo stato sempre criticato nel nostro panorama calcistico. A mia memoria, ha sempre fatto giocare bene le sue squadre”.
Gregucci ricorda lo scudetto vinto dal Napoli nel '90
In campo in quel Napoli-Lazio del '90 quando segnò Baroni. Era il Napoli di Maradona, del secondo scudetto...
“Ricordo che c'erano 100 mila tifosi allo stadio, 100 mila fuori e 20 mila sotto lo stadio, erano praticamente ovunque. Per quei tempi lì, il Napoli era la massima espressione del calcio italiano. Mi hanno sempre chiesto se fosse più forte Pelè o Maradona: per me Maradona era Dio, non avendo visto il brasiliano giocare. Il Napoli vinse, lo fece in un campionato ricco di bomber di razza in ogni club e che, per noi difensori, erano difficili da marcare ma questa cosa ci fece crescere in poco e migliorare gara dopo gara, restando sempre sul pezzo e con una concentrazione altissima. Nel secondo scudetto del Napoli c'ero, conosco l'entusiasmo che la città di Napoli può dare. Quello fu sdoganato dalle gesta di un campione che riscattava noi uomini del sud contro il monopolio del nord”.
Il ricordo di Maradona e Mihajlovic
Cosa ha significato per lei giocare contro Maradona in quegli anni?
“Maradona è il Dio del calcio, accettava le sfide ed è sempre stato difensore degli ultimi: con lui si vinceva dove non lo si poteva fare. Ha dimostrato questo, scrivendo la storia. Posso dire di aver potuto giocare anche con lui: era una partita di Lega con la Polonia, fui suo compagno di squadra”.
Il ricordo di un grande come Sinisa Mihajlovic, con l'Alessandria affrontò il Milan in semifinale di Coppa Italia, gli disse: ‘Se devo perdere una partita, preferisco farlo con te’. E lui cosa rispose?
“Mihajlovic era l'uomo più buono del mondo. Quando sono arrivato alla Lazio, lui era alla Roma. Avevo rapporti dentro il campo ma anche fuori in quanto vivevamo gli stessi contesti e le nostre famiglie sono ancora oggi legate: i miei figli sono cresciuti con i suoi. La sua scomparsa è stata un dispiacere incredibile, già avevo avuto la botta per la scomparsa di Maradona e Paolo Rossi, base dei miei ideali di uomini e calciatori dentro il campo. Rossi era il riscatto e Maradona un Dio, uno sportivo che cambia le sorti della storia del calcio. A Sinisa dissi che avevo fatto una cosa storica con l'Alessandria e che era giusto finisse tutto contro di lui, il suo Milan. Si mise a ridere e poi in campo fece il suo dovere. Un uomo di una sensibilità incredibile, una combattività che viene dalla sua infanzia. Tutto quello che poteva portare timore in campo, era pane e cioccolato per lui: la sua formazione, da giovane, l'ha costretto a difendersi da cose più difficili. Ha una famiglia talmente bella, fatta di persone perbene che lo ricorderanno sempre come giusto che sia”.
Insisto su Maradona, un Dio per lei, però c'è quella partita con l'Inghilterra...
“Maradona aveva deciso di affrontare in quel modo l'Inghilterra, anche per le vicende politiche che portava dietro di se il momento storico. Maradona fece qualcosa di mistico, che va oltre il pallone: parte punta tutti e mette a segno il gol della storia, ha fatto si che quella partita fosse ricordata anche tra 200 anni. Per non parlare del gol messo a segno di mano, solo il portiere se ne accorse”.

Il Napoli verso lo Scudetto
Lo scudetto al Napoli è quasi cosa fatta, +18 sull'Inter, un vantaggio immenso
“Non sono scaramantico, ma credo che sia fatta. Oggi il Napoli vince per una programmazione, ha avuto più lungimiranza di tutti. In sede di presentazione del campionato, il Napoli non è stato considerato da nessuno, lo dicono i fatti ed è riuscito nell'intento di far ricredere tutti”.
E della Champions cosa mi dice? E' un Napoli che gioca un calcio europeo, può sognare?
“In Europa, il Napoli è una squadra leggera che, però, ha conquistato il rispetto. Tutto può cambiare, ma quello che non deve cambiare è l'atteggiamento degli azzurri. Deve affrontare le gare con leggerezza, come ha già dimostrato prendendo a schiaffi Liverpool, Ajax e Rangers, battendo anche il Francoforte, squadra importante del panorama tedesco. Il Napoli ha sempre dimostrato questo gioco, diventando la squadra più europea del nostro calcio. Dai quarti puoi incontrare squadre blasonate, come il Real Madrid, club che deve rivendicare una storia, una tradizione e conosce in maniera approfondita queste manifestazioni. Solo con leggerezza, senza farsi trascinare dalla lettura della storia del club, possono arrivare grandi risultati”.
Si aspettava una coppia Rrahmani-Kim così forte?
“Non me lo aspettavo io ma credo nessuno, che affiatamento. Spalletti ha tanti meriti. E' giusto che oggi possa raccogliere molto di più di quanto abbia fatto nel corso degli anni. E' stato criticato ingiustamente in passato, nella seconda esperienza di Roma o in quella di Milano con l'Inter, soprattutto per la gestione. Ora lo santificano per la gestione dei giocatori. Non mi aspettavo Rrahmani così forte, così come confesso di non aver mai visto Kim che giocava in Turchia. Non conoscevo in maniera approfondita Kvaratskhelia ma fa cose strabilianti. Vogliamo parlare di Lobotka? E' cresciuto tantissimo, non mi ricordo un miglioramento così ampio da un anno all'altro. Era a Napoli e si alternava con Demme. Competenza di chi ha operato, Spalletti ha dato valore al portiere con la valigia in mano, quel Meret che oggi è affidabilissimo. Non ultimo, penso al miglioramento di Mario Rui, al di là dell'ultimo errore ad Empoli, una 'mariucciata'”.
Mister ma lei conosce bene Giovanni Di Lorenzo...
“Ecco da lui mi aspettavo questo miglioramento che poi, effettivamente, è arrivato. Un ragazzo straordinario che conosce la gavetta fino in fondo. Pensa che va al campo ogni giorno per migliorare, il primo ad arrivare e l'ultimo ad andare via. Merita la fascia da capitano”.
Il Napoli di Sarri e di Spalletti a confronto. Quale il migliore secondo lei e perchè?
“Quello di Sarri è stato un Napoli ereditato da buone cose fatte già da Mazzarri: ricordo Lavezzi e Cavani che hanno portato la mentalità nuova, quella caratteristica di questa era De Laurentiis. Con Mazzarri si alza l'asticella, poi si arriva allo Scudetto perso in albergo di Sarri ma con un Napoli che cresce e centra obiettivi importanti, con costi-benefici molto attenti e oculati. L'era di Sarri conclama la crescita e si mette al livello del cannibalismo juventino, durato 9 scudetti di fila. Oggi approfitta di una situazione particolare, ha 18 punti di vantaggio ma è una squadra molto al di sopra delle altre che avevano intenzione di contendersi il campionato. Non mi aspettavo un vantaggio del genere ma neanche che le altre si abbassassero come livello. In casa Juventus arriveranno altre sentenze, l'Inter vive una stagione altalenante e poi c'è la mancata crescita di Roma e Lazio con il Milan in difficoltà a gennaio”.
Ora la Lazio al Maradona, che gara sarà?
“La Lazio è la squadra che per sincronia e conoscenza di ambiente è avversario ostico per il Napoli. La squadra di Sarri, in partita secca, è un cliente scomodo, capace di tutto. E' una squadra insidiosa negli undici con giocatori come Milinkovic-Savic, Immobile e Luis Alberto, capaci di fare la differenza. Il Napoli presterà attenzione, sa che l'avversario è insidioso ma la tenuta mentale del club azzurro è terrificante”.
A proposito di tenuta mentale, a Empoli l'espulsione sembrava l'avesse subita la squadra di Zanetti
“A Empoli, in 10 uomini, il Napoli sembrava essere in superiorità numerica. E pensare che l'Empoli è una squadra che corre molto. Il Napoli, in inferiorità numerica, ha spostato il baricentro in avanti, aprendo il campo volutamente, non chiudendosi. Oggi hanno talmente autostima e consapevolezza che qualsiasi cosa succede in campo, possono risolverla a proprio favore”.
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