Cannavaro: "Ital-Sassuolo? La famiglia Squinzi ha fatto scuola. Berardi lo chiamavo Messi: in allenamento faceva grandi numeri"

19.06.2021
04:00
Redazione

Cannavaro sull'Italia

Ultime calcio - Il Sassuolo è una delle isole felici del calcio italiano. «Solo chi lì non c'è mai stato può stupirsi se Locatelli, Berardi e Raspadori ora brillano nella Nazionale. Perché solo lì succede qualcosa che altrove in Italia non viene perdonato a nessuno: si può sbagliare in santa pace e ti perdonano l'errore». Paolo Cannavaro, ora vice del fratello Fabio al Guangzhou Evergrande, è stato per quattro anni una delle stelle dei neroverdi e a Il Mattino dichiara:

Prima c'erano solo le ceramiche, ora l'Italia è pazza per i gioielli del Sassuolo.
«C'è la cura dei giovani, lo stadio di proprietà, l'attenzione al fair play e non solo a quello finanziario. La famiglia Squinzi ha sempre voluto incarnare un'idea, un sistema applicabile e una scuola anche di vita. Non era facile lasciare Napoli dove ero quasi certo avrei chiuso la mia carriera ma divenne semplice farlo approdando al Sassuolo, una realtà che mi lasciò subito senza parole. Per organizzazione, stile, attenzione per tutto e tutti».

Una realtà dove la parola d'ordine non è vendere a ogni costo.
«Berardi è lì da anni, lo ricordo con me, un amico vero. Lo chiamavamo Leo Messi perché quello che faceva lui in allenamento l'ho visto fare davvero a pochi altri. L'ho visto contro la Svizzera, esaltante. Ogni estate pare che debba andar via ma quella del Sassuolo è una bottega cara. E pure ambiziosa. Chi va via, poi, lo fa per piazze importanti: Atletico Madrid, Inter, Roma, Villarreal».

Ora una delle stelle è Locatelli.
«Un po' mi rivedo in lui. Non certo per l'età, ovvio. Ma anche per me teoricamente passare dalle pressioni del Napoli al vecchietto che viene a vedere l'allenamento e ti chiede l'autografo anche se la domenica prima hai perso, non era semplice. Locatelli arrivava dal Milan, si è rimesso in discussioni, con umiltà, disposto a tornare a imparare. Non è da tutti, non è una cosa scontata».

Andò via dopo 4 anni indimenticabili.
«Squinzi e Carnevali mi scrissero dei messaggi straordinari. Mi dissero che erano loro a ringraziare me perché con il mio arrivo avevo aiutato il progetto di crescita del Sassuolo».

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