Corbo: "L’autodidatta e il poliglotta, che bel duello sulle panchine: due paradossi per Sarri e Mancini"

30.11.2015
11:30
Redazione

Roberto Mancini e Maurizio Sarri aprono stasera una sfida lunga sei mesi. La classifica li mette davanti a due paradossi. «Può mantenere il primo posto l’Inter che vince giocando male?» è la domanda che non sconvolge il suo allenatore. «Preferisco i risultati al gioco», ripete l’allenatore giramondo, rassegnato allo scetticismo di tutti i tifosi, tranne che i suoi. «Come fa il Napoli a non vincere lo scudetto se gioca il miglior calcio del campionato?» è invece la provocazione che irrita Sarri, costretto a mentire. Capovolge anche gli aforismi del più glorioso teatro di Napoli. Scudetto? Lui, scaramantico come può essere l’intramontabile ragazzo di Bagnoli ci crede, ma dice che non è vero, deve dire così. Spergiura: insiste nell’attenuare l’euforia della piazza, osserva che questa partita non deciderà nulla. Bugiardo come Mancini che elenca in Italia almeno quattro squadre più forti di Inter e Napoli. Era forse impegnato in un giro di poker ieri, non si è accorto che la Roma tritata in Spagna dal Barcellona va in pezzi anche nel suo stadio, se solo incrocia l’Atalanta. Adorabili menzogne di uomini che sognano l’avventura. Ambiziosi e riservati. Niente altro tiene insieme i personaggi chiamati, più delle loro squadre, a dominare la scena della serie A. Mancini ha il fair play dell’italiano poliglotta: l’esperienza internazionale, la grande carriera da calciatore, la partenza lanciata su panchine importanti: Lazio, Fiorentina, Inter, Manchester City, Galatasaray, ancora Inter. Ingaggi da tre milioni in su. L’eleganza distratta di chi conosce il jet-set, ciuffo fresco di phon, giacca tre bottoni con capospalla perfetto dello stilista Gianni Marigliano, sciarpa di cachemire che Mancini terrebbe sul mento anche ad agosto. Sarri, l’allenatore sempre in tuta scura, ha la cultura profonda dell’autodidatta, quelli che i nonni raccontavano con i libri aperti e la lampada ad olio. Ma è una speranza per tutti: si può allenare senza aver giocato, insegnare grande calcio partendo da club come Stia, Faellese e Tegoleto. Come sono diversi: se c’è un santo sul mercato, Mancini lo pretende, immaginate il ghigno di Thohir, complicato e diffidente più di De Laurentiis ora immerso in progetti di Nuova Cucina, con Sarri gli va di lusso. Un allenatore che prende poco per ora (700mila euro) e non impone acquisti. Gli attribuirono Valdifiori, che era stato invece preso prima, ma il tecnico che legge Bukowski, Fante, Vargas Llosa si è sempre rifugiato nei cupi silenzi da intellettuale, ha lasciato dire. Niente però ha falsato i due percorsi: è gente che vale. Il prestigio di Mancini è pari solo all’impresa che porta Sarri dallo Stia a stasera, nella parte del favorito. Favorito perché? L’Inter ha fisicità ma non fisionomia tattica, ha peso ma non velocità, picchia ma non crea, cambia moduli e pedine, fa pretattica: mette in dubbio Icardi. Può essere grande squadra quella che discute il suo bomber? Segna in cooperativa, il Napoli realizza i suoi 24 gol con i 17 di due soli attaccanti: 10 Higuain, 7 Insigne. L’Inter 16 reti in dieci: media 1,6 ciascuno. Il primo Icardi con appena 4. Ma la difesa è forte, la più dura per Higuain e il suo Napoli di illusionisti. Mancini sa cambiare in corsa, Sarri anche: triangoli veloci, geometrie ritmiche a memoria, difesa alta. L’Inter stasera dovrà interrompere quei triangoli e infilarsi dentro. Massiccia, cinica, le tocca correre anche a vuoto: l’Inter è questa. Tutto il resto è Sarri.

Fonte : Repubblica
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