Gentile: "Quella volta che marcai Maradona, me ne disse di tutti i colori! Vi racconto"

06.02.2016
11:10
Redazione

Claudio Gentile, ex difensore e campione del mondo con la Nazionale italiana, ha parlato anche di Diego Armando Maradona nel corso di un'intervista al Corriere dello Sport: "Quando Bearzot mi disse che dovevo marcare Maradona io non reagii. Non ero abituato a occuparmi di un centrocampista ma non battei ciglio. Il mister lo pensava, io dovevo farlo. Per lui e per i miei compagni. E lo feci». 
 
E lo fece benissimo, tutta l’Italia era con lei, in quei novanta minuti. 
 
«Guardi che la mia fu una marcatura normale. Era una partita decisiva, l’Argentina era campione, Maradona era l’astro nascente.. Normale che fossi concentrato e in una positiva trance agonistica. Io dovevo escluderlo dal gioco, fare in modo che toccasse il minor numero possibile di palloni. E così feci. Fu lui, nella partita col Brasile, a prendere a calci nello stomaco Batista. Le ricordo un dato. Io sarò anche un giocatore deciso ma non sono mai stato espulso in tutta la mia carriera. Salvo una volta per doppia ammonizione, la seconda per fallo di mano. Un giornale inglese mi ha messo tra i giocatori più cattivi della storia. Ma se lo fossi stato avrei collezionato cartellini rossi. Non ho mai fatto male a nessuno. Ero un difensore, marcavo a uomo, giocavo come avevo imparato dai miei coetanei libici e dall’urlo di Vycpalek. In quella classifica non dovevo esserci». 
 
Maradona che cosa le diceva in campo? 
 
«Lui non pensava che sarebbe stato marcato da me e in quel modo . In una amichevole prima del mondiale si era occupato di lui Tardelli che però partecipava anche molto alla fase di costruzione del gioco. Pensava di avere più libertà. Fummo ammoniti tutti e due, non solo io. Lui me ne diceva di tutti i colori ma io, che pure capivo l’argentino, non mi feci provocare. Voleva che reagissi. Ma non sono caduto nel tranello». 
 
E con Zico? 
 
«Zico era molto più signore. Disse che avevo fatto quello che dovevo fare. Lui partecipava più di Maradona alla manovra ed era più altruista. In un certo senso era più facile immaginare i suoi movimenti. Quella partita fu decisiva per la vittoria finale. Io mi sono accorto di essere diventato campione del mondo solo tre mesi dopo il fischio finale di Coelho. Tra feste e celebrazioni ho passato quel tempo come stordito. Ma mi ricordo il Presidente Pertini che cantava con noi alla cena dopo la partita e il viaggio di ritorno. E ricordo con affetto Bearzot, un allenatore che sapeva tirare fuori il meglio da ciascuno».
 
 

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