L'ex Krol: "Gli ultras Feyenoord intonavano cori razzisti contro gli ebrei! Con il City ai giocatori tremavano le gambe"

25.09.2017
11:50
Redazione

Ruud Krol, ex Ajax e Napoli, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Mattino, eccone un estratto: 

È stato sempre noi contro loro. Nemici per la pelle. Ed è stato vedendo vincere il Feyenoord la Coppa dei Campioni, nel 1969, che abbiamo capito che potevamo riuscirci anche noi all'Ajax. La nostra forza nasceva dalla voglia di voler far meglio di loro. In fondo, dobbiamo molto a quel club. Domani tiferò Napoli due volte: perché è la squadra che è nel mio cuore e perché deve battere la mia rivale di sempre. 

Questo Feyenoord è lontano parente della squadra che faceva tremare l'Europa?
«Sì, una squadra senza esperienza internazionale, per certi versi molto inesperta e senza calciatori capaci di affrontare i grandi palcoscenici della Champions. Sono bravi, ma appena escono dall'Olanda diventano fragili».
 

Col Manchester City un esordio choc?
«Appunto. Avevano le gambe che tremavano, hanno capito subito la differenza di valori con la squadra di Guardiola e hanno affrontato la gara intimoriti, impauriti. E quando giochi così, perdi. Era così ai miei tempi ed è così anche adesso. 

Come può il Feyenoord creare problemi al Napoli?
«Loro hanno una mentalità olandese, nonostante sia una squadra piuttosto giovane. Quindi non verranno a difendersi perché l'allenatore Giovanni van Bronckhorst è della nuova generazione, gli piace giocare la palla. Ma questo va bene in Eredivisie, ma non certo in Champions dove la differenza la fanno i campioni. Il Napoli ce li ha e il Feyenoord a parte Jorgensen no».
 

Che rivalità c'era tra il suo Ajax e il Feyenoord?
«Amsterdam e Rotterdam sono distanti appena 35 chilometri, ma è la storia a dividere i due club e le due tifoserie. I loro ultrà spesso intonavano cori razzisti contro gli ebrei durante il Klassieker (è il nome dello scontro diretto tra Ajax e Feyenoord, ndr), perché l'Ajax era la squadra del ghetto. Non era mai una partita come le altre anche per questo e io non sarei mai andato a giocare con loro. Lo feci solo una volta, in un'amichevole a Milano. Si usava allora andare in prestito per qualche partita. Ma ero già a Napoli».

Lei peraltro era particolarmente sensibile a questi insulti?
«Mio padre Kuki è stato una delle grandi figure della resistenza olandese. Non solo, nella sua casa ha nascosto durante la perquisizione molti ebrei in fuga dai nazisti, rischiando egli stesso la vita. Io ho sempre provato a lasciare la politica e l'odio fuori dal calcio».

 

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