Quagliarella: "Camorra, pedofilia e spaccio, 5 anni di inferno. Mi dissero così della cessione alla Juve, ma io sognavo di diventare capitano a Napoli: lì ho lasciato qualcosa di incompiuto"

01.03.2017
22:59
Redazione

Fabio Quagliarella, attaccante della Sampdoria, ha svelato alle Iene alcuni retroscena del suo addio al Napoli e del passaggio alla Juventus: “Sono passato per l’infame della situazione davanti alla mia gente, fa male. Ogni volta che tornavo a Napoli mi nascondevo per evitare di ricevere accuse perché era una sofferenza, rifiutavo anche inviti in locali. Non tutti sono così, sia chiaro, i napoletani hanno un cuore enorme. Magari fossero tutti come noi… Però potevo ricevere qualche parolina: una volta ci passi su, la seconda volta pure, la terza… Talvolta reagiva qualcuno che mi stava vicino, ma ho sempre voluto evitare queste cose, di litigare con la mia gente. Aspettavo arrivasse il giorno di raccontare tutto. Lo stalker mi ha tormentato per 5 anni abbondanti, ti passa davanti tutto quello che hai sofferto tu e la tua famiglia. Non so cosa gli sia passato per la testa, lo reputavo una persona di fiducia anche per il suo lavoro, era un poliziotto. Gli spiegai il problema di password che avevo avuto e lui lo risolse. Poi iniziano ad arrivare lettere anonime con foto di ragazzine nude in cui c’erano accuse di pedofilia, di camorra, di spaccio di droga, di calcioscommesse. Arrivavano messaggi anche a mio padre con minacce sulla mia persona. A mio padre lo hanno minacciato dicendo che mi avrebbero sparato in testa o che avrebbero fatto saltare il palazzo con una bomba”.

Il padre svela: “Una volta abbiamo trovato anche una bara con la sua foto, ci sono venuti dei dubbi. Lo stalker era diventato uno di famiglia”. Poi continua il bomber: “Qualsiasi piccolezza diventava un pericolo, sapevi di queste minacce. Ti sentivi osservato, minacciato, senza sapere chi fosse guardavo chiunque con fare dubbioso. Non puoi immaginare il clima di tensione in casa. Ci chiedeva anche di prendere le impronte digitali di alcune persone, comandava lui il giochino. Lui era di casa, ripeteva sempre ‘ci siamo quasi, ancora un po’…’. Ha fatto talvolta anche i nomi, quando ci sei dentro è impossibile uscirne e capire qualcosa, nessuno sapeva nulla: neanche i miei fratelli”. Giulio, il suo migliore amico: “Era bravo a farci sospettare di tutti, qualsiasi cosa la andavamo a confessare a lui”.

Poi prosegue Quagliarella: “Inviò anche accuse al mio migliore amico, convocato poi anche dalla DDA con accuse di vicinanza alla camorra. Poi le lettere che ricevevo a casa le inviava anche alla società. Prima della trasferta in Svezia mi chiamarono dicendo che non avrei giocato perché mi avevano venduto alla Juventus. Non avevo capito nulla. Mi hanno accusato di essere andato via per soldi, cosa non vera, infastidivano anche la mia famiglia… Lì ho avuto la conferma dell’amore che avevano per me, ma non potevano sapere il motivo. Mi immaginavo capitano, di poter vincere qualcosa con la squadra che poteva diventare uno squadrone. A quest’ora sarei ancora lì, segnare al San Paolo era unico, quegli undici gol ne valgono 100. Ho provato a far capire il mio amore con piccoli gesti, come quando non esultai dopo il gol col Torino. Mio padre ha scoperto tutto. Mi disse: 'secondo lui è iss a merd. Le denunce non le inoltrava mai perché lo stalker le teneva per sé. Mio padre è il mio orgoglio, so quanto era felice di vedermi al Napoli. Se il Napoli mi richiamasse? Sarebbe bello anche sapere solo che hanno pensato a me. Lì ho lasciato qualcosa di incompiuto”. In chiusura, l'amico svela: "Prima del Napoli ha rifiutato la Juve, mi disse quando firmò per gli azzurri: 'Sto turnann, ho firmato'. E la cosa più brutta è che il condannato non farà un giorno resterà fuori dalla galera perché il reato andrà in prescrizione".

Notizie Calcio Napoli