
Stendardo: "L'impossibilità di giocare non è imputabile ai calciatori, al momento gli stipendi sono intoccabili! Dal punto di vista morale..."
L'opinione di Guglielo Stendardo, avvocato ed ex difensore
Ultime notizie calcio. Gugliemo Stendardo, avvocato ed ex difensore, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni de Il Mattino:
Mettiamo da parte il passato da calciatore, oggi da avvocato cosa ne pensa della possibile riduzione degli stipendi a causa dello stop forzato per l’emergenza Coronavirus?
«Evitando il populismo e analizzando la situazione dal punto di vista giuridico: in questo momento c’è un’impossibilità sopravvenuta della prestazione ma la causa non è imputabile al calciatore. Il calciatore non compie la prestazione per la sua volontà, anzi la fa seguendo le schede che gli sono state date dalle società e segue un programma di allenamenti».E allora?
«Tutto è legato alla ripresa delle attività agonistiche. Laddove campionato e coppe non si dovessero concludere regolarmente: ai sensi dell’articolo 1463 del codice civile le società potrebbero chiedere la restituzione dello stipendio per la mancata prestazione lavorativa. Se, invece, il campionato si riprende e finisce più tardi non ci sono ragioni per non pagare. Detto questo, però, non possiamo essere categorici perché chi determinerà tutto questo è solo il virus».Ci sono però dei casi per i quali i club sono autorizzati a interrompere i pagamenti?
«Il calciatore è un lavoratore subordinato il cui accordo collettivo e all’articolo 5.5 prevede l’ipotesi della sospensione dei pagamenti per quattro casi. Sanzioni disciplinari per illecito sportivo, violazione del divieto di scommesse, violazione per della normativa antidoping, provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Se non ricorrono queste ipotesi la sospensione degli stipendi espone le società alla risoluzione del contratto da parte del calciatore successiva alla messa inmora e con l’obbligo di pagare stipendio e interessi».Non è che lei è troppo dalla parte dei calciatori?
«In questo caso non difendo la categoria,ma difendo il diritto. Dal punto di vista morale, in un momento storico così drammatico mi aspetterei grande solidarietà da parte di calciatori superpagati, e credo che abbiano il dovere di relegare una parte del proprio stipendio a scopo benefico. Bisogna allinearsi al problema del paese,ma anche attendere visto che oggi il calciatore è impossibilitato a offrire la sua prestazione».