Trapattoni: "Higuain mi ricorda Paolo Rossi, Mazzarri? All'Inter serviva una scossa, su Benitez..."

03.02.2015
13:50
Redazione

A Radio Crc nella trasmissione è intervenuto Giovanni Trapattoni, allenatore

“Sono in attesa, voglio allenare ancora. Ho rifiutato un paio di squadre di club, ma non in Italia, solo un club italiano voleva ingaggiarmi e non in panchina. Il calcio italiano lo guardo e devo dire che ci sono delle partite che offrono uno bello spettacolo, ma ho notato anche molti sprechi. Il nostro calcio si è impoverito ed è stato un po’ superato da Spagna, Francia e Inghilterra. Benitez è un ottimo allenatore, ed è inevitabile che quando uno straniero entri in un campionato diverso, si porta dietro sempre le proprie idee che inizialmente stupiscono. Poi, gli avversari prendono le misure ed il fatto che si italianizzino non è negativo. Ad un certo punto, bisogna guardare ai risultati al di là delle idee. Il passaggio all’Inter mi ha consacrato anche fuori le mura di Torino per cui diciamo che ho fatto una grande esperienza con ottimi giocatori, sono stato un po’ lanciato dalla fortuna. Napoli-Inter? Il Napoli ha qualità per essere favorito in questo contesto, ma ho avuto la fortuna di vincere il campionato senza mai snobbare le coppe effettuando pochi cambi e consiglio a tutti i miei colleghi di cercare sempre il risultato perché giocare mercoledì e domenica non è dannoso. Mazzarri-Mancini? A volte è necessario cambiare la guida tecnica, ma è altrettanto vero che ci sono dei momenti in cui la squadra per orgoglio reagisce. Non è che con Mazzarri i calciatori facessero meno anche perché poi sono gli stessi calciatori che vanno in campo e che vengono umiliati quando perdono. A volte, una scossa serve per dare qualcosa di positivo, ma non sempre. Higuain su tutti è il calciatore che mi piace e che mi avrebbe fatto piacere allenare. Mi ricorda Paolo Rossi perché ha un’intuizione della rete incredibile. Il Napoli però, non ha solo Higuain, ci sono diversi calciatori importanti. Il mio rimpianto? Al primo anno quando nella coppa dei campioni, su sette gare ne giocammo sei perdendo ad Atene. La logica diceva che avremmo vinto quella competizione ed io non cambiai formazione perché volli dare fiducia a chi aveva fatto bene. I debiti di riconoscenza l’allenatore non deve mai pagarli, il campo dice questo. Un futuro in Italia? È difficile perché già immagino cosa si direbbe su di me”.

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