Corbo: "La classe e la rabbia dei campioni coprono le solite ombre: c'è un 'guasto' in mediana e la difesa barcolla"

19.09.2014
13:30
Redazione

Il Napoli arriva all’incontro più delicato di questa grigia estate con la tensione dell’imputato. È sotto accusa. Lo sa, e questo molto lo condiziona prima della grande festa. Sono tre i nodi da sciogliere nella notturna che apre bene la Europa League, ora che è tristemente svanita la Champions. Il primo riguarda il rapporto con i tifosi: è chiaro, il pubblico stenta a perdonare società, allenatore, squadra; e lo dimostra subito. Fischia i giocatori che brancolano smarriti nella fase cruciale: quella iniziale, con il gol ceco sulla schiena come una croce, gol favorito da Mertens che libera la visuale al tecnico Husbauer, e con lo Sparta che occupa in ampiezza il campo controllando il gioco. Vuol sembrare più grande e attrezzato di quanto non sia. È fatale che crolli nella ripresa. Più complessi gli altri due punti da chiarire. L’impegno questa volta evidente copre finalmente il divario. Sembra meno forte il Napoli, e lo è. Perché non ha riparato l’unico guasto: manca a centrocampo un mediano di qualità, capace di avviare la costruzione senza passare indietro, uno di tecnica e personalità. Inler è sufficiente, va oltre i suoi limiti, Gargano combatte generoso: recuperano molte palle. Ma quella casella che aspettava prima Mascherano poi altri importanti centrocampista sembra ancora vuota. Nei momenti difficili si nota. Il Napoli riemerge quando eleva il ritmo e affonda come ben sa fare negli spazi larghi: con ripartenze e lanci verticali fulminei. Con Hamsik che sbaglia e salta in cattedra con la sua splendida discontinuità. La difesa fino al pari di Higuain accentua Mertens ha invece il merito del secondo e terzo gol: che vuoi di più? Prima di imporsi con l’ultimo alla sua maniera, conclude al meglio la poderosa azione di Higuain, quasi urlata dal bomber che sulla destra sfonda un varco con tutta l’ira accumulata in questi ultimi giorni. Si libera di rimorsi e delusioni: il rigore sbagliato e la cattiva prova con il Chievo hanno imposto una sua reazione, chiaro. Giusto quindi che abbia giocato. Un altro grave errore è stato sventato. La sua assenza avrebbe acuito le perplessità sull’idea di Benitez, lasciare il migliore della squadra in panchina. Significava sottovalutare l’Europa League, perché arida di introiti. L’ha capito De Laurentis che con la fede del combattente si è ripresentato nello stadio dell’ultima contestazione, l’ha capito Benitez riflettendo nelle ultime ore: avrebbe umiliato le sue vittorie ed un gran passato classificando i tornei internazionali solo secondo la congruità dei ricavi. Questi tic vanno lasciati alle società. Il calcio è emozione pura, è febbrile voglia di vincere, per chi davvero lo conosce ed ama. È la somma di voci che rende immenso uno stadio semivuoto, quando i tifosi mandano in onda la gioia ritrovata. Ma che fatica per sciogliere quei tifosi che sembravano statue di ghiaccio. Il terzo tema la difesa: sbanda nel primo tempo come nei giorni migliori, anche se Koulibaly è più tonico e sicuro accanto ad un Albiol in flebile ripresa, anche se Britos combatte e Henrique supera nel confronto indiretto Maggio, pur soffrendo a destra all’inizio per l’irruenza di Costa Nhamoinesu africano dello Zimbawue in sinergia con Matejowski. Ma perché la difesa sbanda? Non ha costante protezione dagli esterni. Molto efficaci ma solo nella fase offensiva. Callejon si intravede: già qualcosa, era irriconoscibile in questo avvio di stagione

Fonte : Corbo - Repubblica
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