
Gli arbitri diventano pubblici ufficiali: carcere da 2 a 5 anni contro le violenze sui direttori di gara
Il presidente dell’Aia, Antonio Zappi, ha parlato di «legge storica». La violenza sugli arbitri entra nel codice penale, equiparata alle lesioni a pubblico ufficiale. Un intervento che l’AIA (Associazione Italiana Arbitri) chiedeva da tempo, inserito nel decreto sport presentato dal ministro Abodi e approvato ieri in Consiglio dei ministri.
Di fatto, viene istituito il reato di lesioni ai direttori di gara: il decreto legge modifica anche il titolo dell’articolo 583-quater del codice penale che diventa “Lesioni personali a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni, nonché agli arbitri e agli altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive, a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie a essa funzionali”.
Picchiare un arbitro equivale a ferire un poliziotto e porta a pene che vanno da due a cinque anni di reclusione (che possono arrivare fino a dieci o sedici per lesioni gravi o gravissime), il reato è perseguibile d’ufficio, l’arresto è facoltativo. La riforma ha un valore fortemente simbolico e politico più che pratico: rafforza la tutela degli arbitri e richiama l’attenzione su una piaga in aumento.