L'ira di mamma Nancy, le rabone in piscina e la complicità di papà Jorge: esce 'Romanzo Sudamericano' il racconto di un inedito Higuain

05.01.2016
11:00
Redazione

Nelle oltre 80 pagine del libro Gonzalo Higuaín, El Pipita de Oro, acquistabile qui in versione e-book, Rosario Triolo, giornalista di Sky Sport e ideatore della collana Romanzo Sudamericano i cui aggiornamenti sono sempre disponibili alla pagina facebook raggiungibile dal link(www.facebook.com/romanzosudamericano), racconta tutta, ma proprio tutta la storia del Pipita, i legami della sua famiglia con la boxe e con il calcio, il segno del destino che nell'anno dello Scudetto del 1987 lo portava già a Napoli e quel rapporto speciale con Maradona, che fu il primo a convocarlo nella nazionale Argentina. Tutto con frasi autentiche prese dai dialoghi di Higuaín con le persone che lo hanno circondato nella sua ascesa da un quartiere di Buenos Aires alla finale del Mondiale in Brasile. In questo estratto, in esclusiva per Calcionapoli24.it, il racconto di quando Gonzalo faceva arrabbiare sua mamma cercando di diventare un campione nel cortile di casa…

“Quando Gonzalo conobbe il pallone, la pelota, non volle più lasciarlo. Per imparare a calciare, anche quando non giocava nel Palermo, il club del suo quartiere, si piazzava nel cortile di casa a Coghlan, dove la famiglia si era trasferita, e cominciava a tirare contro il muro con entrambi i piedi, a palla alta e rasoterra. Si allenava avvolgendo la palla in un filo che legava in alto per imparare a saltare e colpire di testa. E costringeva Jorge, il padre, a portarlo a Parque Saavedra per giocare e fare esperienza contro un difensore di Primera, la Serie A argentina. Jorge riconobbe che lui e i tre figli, ai quali presto si aggiunse Lautaro, l'ultimo tentativo fallito di avere una bambina, avevano rovinato la vita di Nancy, sua moglie. Per lei ogni momento era una scarica di rabbia per il rimbombo dei rimbalzi sulle pareti, o per una finestra, un soprammobile, un addobbo da giardino distrutto dai picados, le partitelle tra suo marito, Federico e Chano. Chano era Gonzalo, senza un motivo specifico. Solo un modo amorevole di rivolgersi al figlio che le aveva dato le più grandi preoccupazioni, nei giorni del trasloco in Francia a Brest, in quelli del ritorno in Argentina, negli altri della meningite che stava per ucciderlo. Nancy dovette cambiare i vetri comprandone di infrangibili. Ma ciò che le fece realmente perdere la pazienza fu la sistematica distruzione dell'impianto di irrigazione del giardino. Gonzalo e Federico non avevano voglia di aspettare la fine dell'innaffiatura nelle giornate calde. Rompevano tutto, giocavano in un campo che rapidamente diventava fangoso e facevano un gran casino. Un giorno, sfinita da questa situazione, probabilmente mentre cercava invano di chiacchierare davanti a un mate con l'amico Pety Muñóz e disturbata dalle urla e dai calci al pallone, Nancy prese la decisione che quell'ampio cortile sarebbe stato diviso in due da una piscina. Federico e il padre Jorge riconobbero che lo "stadio" era stato chiuso perché "non più conforme al regolamento". Ma Mario Makarz, il primo allenatore di Gonzalo al Palermo, scoprì un giorno che lui e Fede avevano aggirato il problema. Si piazzavano ai lati opposti della piscina e cominciavano a lanciarsi il pallone di rabona. A vederli sembrava una follia. Ma da questi dettagli, e dal modo di spezzare le partite facendo gol nei momenti complicati seppur così piccolo, capì che Gonzalo era un distinto, uno di quei bambini toccati dalla bacchetta magica”

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