Benitez: "Rinnovo? Dico sempre una cosa a De Laurentiis, il futuro va costruito al di là di Rafa. Ecco perchè dissi che uscire dalla Champions non era una tragedia. Ci mancano due cose per vincere lo scudetto"

17.11.2014
07:22
Redazione

Rafa Benitez ha rilasciato una lunga intervista all'edizione odierna della Gazzetta dello Sport. Ecco i punti evidenziati da CalcioNapoli24.

Lei ha il contratto in scadenza e la questione ha aperto a diversi scenari futuri: che cosa potrebbe spingerla a non rinnovare col Napoli? 
“L’esperienza mi dice che dobbiamo lavorare al progetto attuale, senza dimenticare di guardare oltre. Parlo spesso con Riccardo Bigon e dico sempre a De Laurentiis che deve garantire il futuro alla società a prescindere dal sottoscritto. Il problema non è il rinnovo, ma la condivisione della strada giusta, che noi condividiamo, e non è un problema di soldi o investimenti. Dobbiamo operare per capire se possiamo vincere qualcosa, se possiamo andare avanti oppure no. E poi…”. 
 

E poi? 
“Ho la mia famiglia lontano, mia moglie e le mie due figlie vivono a Liverpool. E’ la prima volta che non le ho con me e non è facile. De Laurentiis sa bene quanto sia importante il valore della famiglia”. 

La sua vacanza a Liverpool, a settembre, è stata criticata molto. Le ha dato fastidio quell’accanimento nei suoi confronti? 
“La verità è che avevo programmato tre giorni liberi e quattro di allenamenti. Io vivo nell’albergo attiguo al centro sportivo, lavoro anche 16 ore al giorno e ho uno staff di massimo valore: può anche starci che vada via qualche giorno durante una sosta. Non credo che gli allenatori italiani vivano nei rispettivi centri sportivi e passino con i giocatori il tempo che trascorro io”. 

Dica la verità: è ipotizzabile per lei un futuro da cittì della Spagna? 
“In passato, quando mi veniva posto questa domanda e io rispondevo, il giorno dopo mi ritrovavo sui giornali titoli tipo: Benitez vuole la nazionale. Potrebbe essere un’idea, certo, ma a me piace lavorare sul campo, quotidianamente. Sono un insegnante, laureato all’Inef (la nostra facoltà di scienze motorie), la mia metodologia è insegnare. Io lavoro sulla testa del giocatore, per fargli capire il calcio, non solo su un modulo. Le convocazioni in nazionale di Callejon e la crescita di Koulibaly hanno premiato il loro e il mio lavoro”. 

Ritorniamo alla scorsa estate, quando lei disse che se il Napoli fosse stato eliminato dalla Champions non sarebbe stata una tragedia. Dopo aver vissuto la delusione della città e lo choc della squadra, ridirebbe la stessa cosa? 
“Assolutamente sì. Ero convinto di passare e volevo togliere pressione ai miei giocatori. Comunque, quell’eliminazione ha influito tantissimo sulla parte iniziale della stagione”. 

Cosa manca al Napoli per vincere lo scudetto? 
“Un progetto non dipende da un solo risultato, è importante creare la base per migliorare sempre e avere la possibilità, anno dopo anno, di vincere attraendo giocatori migliori. La Juve è l’esempio: struttura, rosa, organizzazione della società, componenti che si sono consolidate negli anni. I giocatori e la struttura della società fanno la differenza”. 

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