Kiev, la Spagna, il Napoli: il cerchio si chiude, stavolta l'appuntamento è con la Storia

14.05.2015
16:00
Redazione

di Claudio Russo – twitter:@claudioruss

Dal primo luglio 2012 al quattordici maggio 2015 il passo è insolitamente breve. Sempre a Kiev, sempre al National Sports Complex Olimpiyskiy. Sempre davanti a 70mila spettatori, stavolta tutti ucraini escludendo 302 tifosi del Napoli. Contro una squadra, il Dnipro; contro due tifoserie, quella del Dnipro e quella della Dinamo Kiev strette da un intenso gemellaggio; contro una nazione, l'Ucraina, spappolata da guerre interne che poco hanno a che fare il con il calcio, e stretta attorno ad una formazione che può raggiungere la finale di Europa League e far schizzare in alto il senso di patriottismo e nazionalismo.

Il primo luglio 2012, a Kiev, si è giocata la finale degli Europei: noi italiani la dimentichiamo volentieri, quel 4-0 record di punteggio in una finale inflitto dalla Spagna lasciò la nazionale inebetita ed un Mario Balotelli in lacrime. In quell'Italia c'era Christian Maggio, che a distanza di trentaquattro mesi torna sul luogo del misfatto che rischiò, fino al gol di David Silva dopo 14', di renderlo campione d'Europa. Uno sguardo dall'altra parte, direzione Spagna: nella Roja che lì a Kiev diede vita al ciclo più vincente della sua storia c'era, con il numero due, Raul Albiol. Giocò due partite, finì per diventare campione per davvero. Non fu protagonista lui, così come non lo fu Pepe Reina che stasera si siederà sul divano e guarderà la partita tifando Napoli, sognando di vestirne la maglia tra qualche mese.

Non c'è due senza tre. Perchè c'è Rafa Benitez. Che a questo terzetto può aggiungere anche la dicitura Europa League. Lui che questa coppa l'ha vinta già due volte e può raccogliere la chance di giocarsela per due volte in tre anni nel giro di 90 minuti. Rafa, spagnolo, che si siederà sulla panchina dove uno spagnolo come Luis Aragones scrisse indelebilmente il suo nome nella storia del futbol iberico. Sorrideva, ieri, nella conferenza stampa prepartita: pensava agli errori dell'autista del van che portava lui e Gonzalo Higuain di fronte ai microfoni e alle telecamere, pensava a certe scene già vissute in carriera e che lo hanno visto protagonista, pensava al fatto che, ad un passo dalla finale, sarebbe impossibile non pensare a Varsavia con tutto ciò che ne consegue.

26 anni dopo, il Napoli è alle porte della Storia. Ha un appuntamento ben preciso, alle 21.05 e guai a sgarrare di qualche minuto. Ci sarà da lottare, stasera. Dovrà lottare Rafa Benitez, dovrà lottare Raul Albiol, dovranno lottare tutti gli azzurri. In quella che passerà alla storia come la Guerra di Kiev: quando il Napoli, dotato di una cinquantina tra giocatori e staff, spinto da qualche centinaio di tifosi encombiabili, scese nell'arena della NSC Olimpiyskiy di Kiev e, armato di scarpette e completini, diede l'assalto ad una squadra, a due tifoserie gemellate, ad un'intera nazione. Sognando un'altra impresa per far gioire la propria città. E chissenefrega se qualche volta non c'è equilibrio, se qualche volta si sono persi punti con le piccole, se alcuni giocatori non sono all'altezza delle aspettative. Stavolta c'è in ballo la Storia. Kiev, la Spagna, il Napoli. Il cerchio si chiude.

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