Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli
Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli

SquagliaNapoli

23.04.2019
10:30
Claudio Russo

Il Napoli si avvia verso un finale di stagione che lascia l'amaro in bocca a (quasi) tutti i tifosi. Nessuno è esente da critiche: calciatori, Ancelotti e società

La stagione del Napoli è ampiamente finita. Lo dicono i numeri: contro il Frosinone può arrivare la matematica qualificazione in Champions, per far contenta la società che centrerebbe l’obiettivo stagionale. Ma certe figuracce, come quella di ieri contro l’Atalanta, fanno male un po’ a tutti. In primis ad Ancelotti: il suo lignaggio non si discute, ma ciò non esclude che possano essere mosse delle critiche. Anzi. A partire da alcune dichiarazioni in conferenza stampa che, giornalisticamente parlando, fanno zero a zero. Un po’ troppi.

  • I limiti del Napoli

Ancora una volta il Napoli è crollato mentalmente, e questo è uno dei più grossi limiti degli azzurri. Il problema è che ne stiamo parlando ad aprile, ne consegue che il difetto è atavico e chissà quanto risolvibile.

La stagione azzurra è buona dal punto di vista societario, deludente dal punto di vista del tifoso, sicuramente deficitaria per i risultati: buonissima la Champions, mai in lotta in campionato, una Coppa Italia buttata al vento, un’Europa League che ha visto gli azzurri squagliarsi di fronte al primo avversario temibile.

Con limiti strutturali evidenti a centrocampo, dove l’infortunio di Diawara ha violentemente fatto uscire fuori la pochezza di tre uomini - un solo interditore, zero registi - per due maglie (dopo l’addio di Hamsik per Allan 14 match da titolare su 15, per Fabián 12 su 13, per Zielinski 13 su 13: comprensibile un appannamento)

  • I limiti di Ancelotti

Nel divario tangibile che c’è tra la società e l’ambiente Napoli (il disamore rischia di sfociare nel disinteresse per queste ultime partite: è il più grande insuccesso di De Laurentiis, mai troppo prodigo di complimenti nei confronti di chi viene allo stadio), Carlo Ancelotti finisce in mezzo e non è esente da colpe.

Giustissimo che voglia imporre le sue idee, a prescindere da chi lo accusa di aver distrutto l’ideologia di Sarri (l’annata scorsa sarebbe stata irripetibile anche per quest'ultimo, e la scelta di Ancelotti era indirizzata anche ad un cambio radicale): il fatto è che le suddette idee, finora, non hanno portato enormi risultati - ma l’anno prossimo sarà quello della verità, perciò ancora fiducia. Il Napoli è secondo perchè le sue avversarie hanno ancora maggiori limiti tecnici, e vivacchia senza problemi grazie al vantaggio accumulato nel girone d’andata.

I più blasfemi, e sempliciotti, adesso direbbero: se Ronaldo alla Juventus è stato inutile in ottica Champions, perchè lo scudetto l’avrebbero vinto lo stesso, allora anche Ancelotti lo è stato altrettanto, in ottica europea, perchè il Napoli sarebbe arrivato comunque secondo in Italia. Pur essendo un ragionamento qualunquista (con i se e con i ma non si raggiunge nulla), non sembra essere del tutto sbagliato.

  • I limiti dei calciatori

L’attaccante del Napoli del futuro si chiama Arkadiusz Milik. E se lo dice Ancelotti, le cose stanno così…che piacciano o meno. D’altronde lo abbiamo scritto: è l'attaccante ideale per il Napoli che punta a confermare il secondo posto in classifica e ad andare quanto più avanti possibile in Europa League. Però è praticamente mezza squadra ad apparire in condizioni vaghe: psicologicamente incapace di mantenere per novanta minuti, fisicamente non al top proprio per i limiti mentali.

L’unico top player del Napoli è Koulibaly, il resto - per dirla alla Mertens - sono giocatori ‘normali’. Dunque, viene da pensare, sovradimensionati da un sistema come quello della passata gestione. Una marea di occasioni sprecate sotto porta, partite non vinte pur creando valanghe di chance: a notarle tutte, si perde la speranza e ci si concede alla desolazione. Senza una guida forte negli spogliatoio, non si va avanti. E la situazione di Insigne, fascia al braccio ma in questo momento capitano solo del suo futuro, non aiuta.

Nel frattempo la squadra annoia una tifoseria che, Pasquetta a parte, è comprensibile che abbandoni il San Paolo. Alla società, del resto, dei tifosi ‘può fregare e può non fregare’. Ad Ancelotti, nel caso dell’addio di Hamsik senza battere ciglio, è andata esattamente così: Marek non faceva parte del suo ideale progetto da tempo. Ma in questo finale di stagione il rischio di essere travolto dalle critiche riguarda anche lui.

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