Amarcord Sarri: gli amici, il cane Ciro e quella targa che non c’è più

24.01.2020
17:20
Redazione

I ricordi di Sarri al Napoli

Calcio Napoli ultimissime - I colleghi dell'edizione odierna di Repubblicafanno il punto della situazione in merito al ritorno di Maurizio Sarri a Napoli in vista della sfida di domenica sera tra Napoli e Juventus: 

"Lo avevano ribattezzato con enfasi il Comandante, a mo’ di Che Guevara del calcio, per l’immancabile aria da rivoluzionario che esibiva nelle rare apparizioni pubbliche: la barba lunga, il dress code della tuta e l’inseparabile cicca tra le labbra. Idolo, icona e allenatore in terza battuta: questo era diventato Maurizio Sarri per i tifosi del Napoli, convinti di avere trovato in lui un nuovo paladino senza scadenza, fedele per sempre alla bandiera azzurra come Maradona. Macché: altro che fiaba, era il remake crudo e moderno del film di Massimo Troisi, pensavano che fosse amore e invece era un calesse. Anzi, un tradimento: sentenza già emessa a furor di popolo dopo il passaggio sulla panchina della Juve dell’ex eroe, che domenica sarà accolto al San Paolo tra fischi e indifferenza, con addosso l’etichetta di nemico.
Al cuor non si comanda ed è quindi fisiologico che non prevalga la logica, contro i sentimenti, anche se la rilettura dei fatti imporrebbe di parlare più che altro di un equivoco: senza carnefici e vittime. L’errore è stato confondere il personaggio e l’uomo; i napoletani hanno conosciuto il primo e ignorato il secondo.
Lo si evince dal viaggio tra le poche tracce lasciate dal Comandante, tutte in periferia, in tre anni di vita da eremita. Varcaturo, Lago Patria, Castel Volturno: l’avventura azzurra circoscritta in 10 minuti di taxi e una dozzina di chilometri, casa-centro sportivo. Il vicino violinista si interroga ancora sul trambusto per quel trasloco di un anno e mezzo fa: non s’era accorto d’abitare a due passi dal tecnico del Napoli, in affitto nella villetta a due piani di Rino Barca, fan di CR7 e titolare di una ditta di pompe funebri. «Maurizio teneva alla privacy in maniera maniacale, si faceva comprare le sigarette e usciva solo per andare al lavoro». Se n’era fatto una ragione anche il cane Ciro: poche passeggiate e i bisogni in giardino, per il bastardino trovato davanti al Training Center e adottato da Sarri.
«Per averlo nel mio locale ho penato, ma in compenso è stato lui il nostro cliente take away più fedele: cena a domicilio quasi tutti i giorni», è il ricordo di Attilio Maroder, ristoratore di Giugliano. Per convincere l’attuale allenatore della Juve a spingersi fino alla vicina Pozzuoli servì un’occasione speciale: il cenone di Capodanno da Bobò, locale trendy per i calciatori. «Lui non veniva mai: volle il posto accanto al balcone per fumare e la massima privacy, niente social».
Dei tre anni di Sarri sono rimasti pochissimi selfie: il segnale di un distacco reale e insospettabile, agli antipodi con il legame viscerale tra il Comandante e i tifosi del Napoli. È stato quello ad andare in frantumi con il passaggio alla Juve, non un rapporto umano rimasto invece embrionale. Don Maurizio era nato a Bagnoli, figlio di un operaio dell’Italsider: bastava questo per garantirgli la patente di “napoletano”, che il diretto interessato aveva peraltro preso al volo, garantendosi consensi e una targa sulla casa in cui era cresciuto da bambino. Ma quando “Che Guevara” si è vestito di bianconero l’hanno rimossa. Con rabbia. Come la pagina Facebook del “Sarrismo Official”, migliaia di follower. “L’idea era d’entrare nel Palazzo da rivoluzionari e non dal portone: invece hanno prevalso le ambizioni del professionista”.
Per questo i napoletani fischieranno Sarri: hanno capito tardi che look e slogan facevano parte del gioco, bello finché è durato. Ma il Comandante non si sente un traditore, ha interpretato la parte, marciandoci magari un po’. In città ha lasciato infatti a stento conoscenti. «Per amici intendo altro, pur avendo dei bei ricordi delle nostre cene. Maurizio è un esperto di letteratura e ha sensibilità intellettuale, sportivamente però gli auguro di passare una pessima domenica», non perdona lo scrittore-tifoso Maurizio de Giovanni, spiazzato anche lui dal passaggio dell’allenatore alla Juve. Altro che carta conosciuta. L’uomo a Napoli era solo, ben nascosto dall’ombra del suo mito".
 

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