Capello emozionato: "Vi racconto di quando Maradona arrivò insieme al Papa! Non l'ho mai detto pubblicamente..."

02.12.2020
20:20
Redazione

Il racconto di Maradona nella parole dell'ex allenatore Fabio Capello

Fabio Capello, uno dei tecnici italiani più vincenti di tutti i tempi non cela, assieme, il suo dolore ancora forte per la scomparsa di Maradona e l’enorme ammirazione per il campione argentino. Parla con "Repubblica" mentre sta raggiungendo gli studi televisivi di Sky, dove commenta gli eventi calcistici: «Qui, il 25 novembre, ho appreso la triste notizia, un colpo…Maradona faceva cose in campo che gli altri calciatori nemmeno pensano...».

Capello, il primo ricordo che le viene in mente di Diego Armando Maradona?
«Eh, una cosa che mi fa sorridere e non ho detto mai pubblicamente prima d’ora e che spiega un personaggio unico».

Racconti…
«Dunque, nell’ottobre del 2016 a Roma si organizzò la partita della Pace, voluta dal Papa per aiutare i territori terremotati. Io fui chiamato ad allenare una delle due squadre. Nella mia, tra gli altri, giocavano Francesco Totti e Diego Maradona. Insomma, c’era un orario da rispettare nel quale ci saremmo visti tutti. Diciamo le cinque della sera. Aspettavamo il Papa. Ma niente.
Cinque, dieci, venti, trenta minuti. Niente. E non c’era neppure Diego. Cominciavamo a guardarci l’un l’altro quando, all’improvviso, sorridenti e tranquilli, compaiono, insieme il Papa e Maradona, quasi fosse la cosa più normale del mondo. Ci mettemmo tutti a ridere, solo Diego poteva fare una cosa simile. E non finisce qui».

Cosa accadde ancora all’Olimpico?
«Maradona, ovviamente, vista l’età, non riusciva a tenere il campo, non ce la faceva. Era comunque una partita su un terreno di gioco regolare, undici e undici.
Così, a un certo punto, volevo chiamare il cambio. Mi sembrava una cosa naturale per lui e tra l’altro anche per fargli tributare una ovazione. Macchè… Faccio: "Diego, dai ora esci". E lui, categorico. "No". Ok lascio passare ancora dei minuti e riprovo: "Diego, va bene così, vieni in panchina". E lui: "Noooooo". Faccio ancora un tentativo: "Prenditi un po’ di riposo, ora". E lui: "No, no, no". Ecco, non ci fu verso. Questo era Maradona, nato per giocare a calcio, innamorato pazzo del calcio, perché il calcio era la sua vita».

Cosa aveva più di tutti gli altri il capitano dei due scudetti del Napoli?
«Come giocatore tutto. Aveva tiro, lancio, dribbling, contrasto, forza fisica, vedeva il gioco lungo e quello corto. Era fantastico. Zero punti deboli. Come capitano era uno che trascinava la squadra e faceva fare ai compagni qualcosa di più di quello che era nelle loro possibilità, li faceva andare oltre i loro limiti. E loro lo seguivano come un sol uomo perché quando hai uno che è più di un leader gli dai i gradi e dici: va bene, comandante, ora dicci cosa dobbiamo fare e noi lo faremo. Che giocate, che gol, che vittorie con Napoli e Argentina. Indimenticabile Diego».


 

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