Caso Juve-'Ndrangheta, quando i dirigenti parlavano tra loro del boss: Agnelli dovrà spiegare un particolare

24.03.2017
10:00
Redazione
La soluzione del giallo delle intercettazioni che, secondo la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, inguaierebbero la Juve e il suo presidente, Andrea Agnelli, sta in una delle 50mila pagine dell’inchiesta “Alto Piemonte”. E per la precisione nel testo trascritto dagli inquirenti di una chiamata che il 5 agosto 2016 Alessandro D’Angelo, security manager del club e amico del presidente, fa con l’ex direttore marketing, Francesco Calvo. Sarebbero in questa telefonata — ascoltata dalla squadra mobile di Torino — le frasi, riportate dal procuratore federale Giuseppe Pecoraro nell’audizione davanti all’Antimafia, «hanno arrestato due fratelli di Rocco (Dominello, figlio del boss di ‘ndrangheta per cui ieri si è tenuta l’udienza preliminare del processo dove è accusato di associazione mafiosa, ndr). Lui è incensurato, abbiamo sempre parlato solo con lui». Parole dette da due tesserati bianconeri, testimoni nel processo penale e invece deferiti in quello sportivo come il loro presidente. A pronunciarle però non solo non è Agnelli, ma lui nemmeno le ascolta. E arrivano un mese dopo che l’uomo è stato arrestato in un’operazione antimafia e tutti, compresi i dirigenti juventini, hanno scoperto la natura di quello che pensavano essere “solo” il leader dei Drughi del Canavese. Come scrive l'edizione nazionale de La Repubblica: "Una cosa che invece Agnelli dovrà chiarire, sia in Antimafia sia durante il processo sportivo, è se il suo più stretto collaboratore l’avesse informato delle ricerche “Google” che aveva fatto sul conto del padre di Rocco, Saverio Dominello, condannato in via definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso e ieri di nuovo alla sbarra insieme al figlio. In un interrogatorio di agosto, incalzato dai pm Toso e Abbatecola, D’Angelo conferma di aver cercato sul web chi fossero i Dominello e di aver trovato notizie sulle indagini e le condanne di Saverio, ma che invece lui — come altri nell’ambiente bianconero — erano convinti che Rocco nulla avesse a che fare con i traffici criminali di famiglia". 
Notizie Calcio Napoli