Corbo: "De Laurentiis, incassi o vittorie? Napoli costretto a un nuovo valzer con ballerine di seconda scelta"
La città e una data riportano il Napoli indietro nel tempo. Roma, 19 maggio 2013. Se l'attesa è logorante per la gara di oggi, suggestive sono le riflessioni su quella che chiuse il ciclo Mazzarri. Che cosa è cambiato da allora, sta per chiudersi o si riapre quello di Benitez, sono stati persi due anni o c’è la piattaforma solida per costruirvi il futuro?
Le cifre, innanzitutto. Fissano due Napoli e due personaggi molto diversi. Mazzarri chiuse a Roma il suo quarto campionato al secondo posto, con 78 punti contro gli 87 della Juve. Meno 9. Una media di indiscusso decoro: 2,05 punti a gara. La velocità in classifica è ora più bassa: 1,67 e secondo posto, un abisso dalla Juve. Ma con una squadra ancora lanciata su tre fronti. C’era un allenatore ben deciso a volar via, benché rincorso dal presidente con un assegno di 3,5 milioni, soldi che non avrebbe investito neanche su Martin Scorsese per vincere il suo primo Oscar. Mazzarri gli preferì Moratti, la voglia di fuggire da Napoli prevalse su quella di controllare in banca l’estratto conto dell’Inter. E andò a schiantarsi.
Il Napoli ritorna a Roma per non uscire dal giro Champions con un altro allenatore in bilico. Viene fuori dal suo cerchio magico l’ipotesi di una sciatta proroga: un altro anno, e poi si vedrà. Credibile e coerente la controfferta da parte del presidente: un triennale. Razionale a questo punto sia il tentativo del rinnovo a lungo termine che il distacco brusco.
Tutto tranne che un compromesso sui tempi. Dopo due stagioni, un presidente già ha capito se ha l’allenatore giusto per costruire un grande club o se deve cercarne un altro. Non giova al Napoli né all'immagine di Benitez abbreviare i termini: lascia intendere che gli manchino ora offerte importanti, e preferisca attenderle nel 2016, prima o dopo gli Europei. Un altro mini-ingaggio costringe tutti, società e lo stesso tecnico, ad un altro anno di sofferta transizione, con un casting ristretto a ballerine di terza fila. Niente colpi di mercato, quindi. Sentirà prima o poi anche De Laurentiis l’urgenza di definire i suoi orizzonti e la sua figura. Rileva il Napoli fallito puntando con lucido coraggio una trentina di milioni, ne fattura oltre 600 in dieci anni di buone lune. È il momento. Vuol essere il presidente di un club che sa incassare molto o vincere tanto? Offrì alla città un modello di impresa felice. Un’eccezione nel tessuto economico. Il suo Napoli rischia di adeguarsi fino ad essere una metafora di Napoli, dove non c’è niente di più stabile del provvisorio. A questa squadra indefinita, smarrita tra cose sospese, occorre una vittoria drastica come all’andata.