Corbo: "L'impronta di Mancini si vede nel finale! Benitez lascia al collega decidere..."

09.03.2015
11:10
Redazione

Benitez lascia a Mancini la prima decisione. L’Inter preferisce l’ambizione alla prudenza. Schiera quindi una difesa vulnerabile: troppo alta per la sua riflessiva mobilità. Soffre nei rientri. Si accentuano due novità nel Napoli: un’attesa vigile sulla trequarti, il Napoli concede solo i primi tocchi, poi attua il “pressing sull’uomo”, va ad aggredire il portatore di palla, per scipparla e ripartire. Questo può averlo spiegato Benitez alla lavagna. Ma bisogna realizzare agguato, e volare in avanti. Ma qui c’è la seconda novità. Si rivela felice la scelta di Mertens, alla sua migliore prova in questa stagione. Fresco, incisivo, altruista. L’esclusione iniziale di Gabbiadini sorprende all’annuncio, ma non desta più stupore quando si ammira il folletto belga sulla fascia sinistra, da esterno puro, insidioso fin dall’inizio, inafferrabile per Santon spostato a destra di Mancini. Nella ripresa a Mancini sembra opportuno invertire: Santon a sinistra dove Callejon è malinconico osservatore e D’Ambrosio a destra. Dove intervenire spesso anche Ranocchia. Come Mertens, come Inler molto risoluto e rapido, splende Hamsik che gioca da regista offensivo: tenta di mandare in rete più volte Higuain. Finché decide di pensarci lui. Lasciato solo da Brozovic gli basta la cresta nera per girare in rete un cross comodo di Henrique. Bisogna attendere poco per il raddoppio di Higuain. Troverà dopo Hamsik anche lui il gol, e sarà di una bellezza tale da riscattare l’imprecisione precedente. Sfugge nella solita ripartenza del Napoli a Juan Jesus, superando largo in velocità. Il difensore brasiliano è come perduto, in uno spazio ampio. La posizione dei difensori interisti si conferma velleitaria: troppo alta e distante nel contatto.
Questo Napoli, molto più corto, raccolto, in posizione di attesa ma con le antenne dritte per scattare subito, ottiene un vantaggio: se l’Inter ha possesso palla, ma è verbosa e prevedibile, la squadra di Benitez è rapida nelle ripartenze alte, di certo più pericolosa. Protagonista del primo tempo. Il Napoli prima del gol, trova quindi il sistema per tenere in allarme la difesa interista schiacciata su Medel che gioca a schermo, e staccare due spine: i due rivali più temuti. Uno, il fantasista circondato da Lopez, il tecnico Shaqiri che gioca da trequartista nel 4-3-1-2, l’altro è l’esterno Guarin che finisce tra Inler e Strinic. Né l’uno né l’altro creativo di Mancini sono in contatto per un’ora con le due punte, Palacio e Icardi. Ma gli allenatori di prestigio non si arrendono neanche sul 2-0.
Mancini cerca qualcosa di nuovo. Comincia dall’ammonito Brozovic, che va fuori per Hernanes. Sposta a destra Shaquiri che aspetta D’Ambrosio per agganciarsi nella fase offensiva. Mancini chiede infatti ai difensori laterali di proporre. Di spingere. Di osare. Santon che aveva subìto Mertens misura indovina la fuga giusta per rifornire la coppia d’attacco: Icardi prima, Palacio poi che riapre la partita. È lo stesso Palacio ormai eccitato a creare il panico, al punto di costringere Henrique al rigore. Non basta ricordare le 40 partite giocate dal Napoli, per spiegare il crollo nel finale. Va valutata invece l’abilità di Mancini: aumenta nella fase cruciale il tasso tecnico dell’Inter, corregge le posizioni in quella fascia di trequarti, tra attacco e difesa, fascia che da sempre manca di un leader, uno che dia qualità alla mediana, carattere alla squadra, punti per il secondo posto.

Fonte : di Antonio Corbo per La Repubblica
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