Cotugno, il resp. pronto soccorso: "Dal nonno al nipote, nessuno escluso: intere famiglie infettate terapie in strada mentre in città si banchetta"

09.11.2020
18:50
Redazione

Cotugno, la testimonianza del responsabile del pronto soccorso

Ultimissime Covid-19 Campania - Nicola Maturo, responsabile del pronto soccorso del Cotugno, lo ripete per l'ennesima volta all'edizione odierna de Il Mattino:

«Qui posti letto non ne abbiamo più. Le file di auto che vedete, 24 ore su 24, all'ingresso di questo ospedale, sono solo destinate ad allungarsi».

Una situazione di grande emergenza.

«Soprattutto la notte. Durante il giorno, tra dimissioni e trasferimenti, qualcosa si muove, un minimo di agibilità lo abbiamo, ma quando cala la sera stop. Fino al giorno successivo è tutto fermo. E il numero di pazienti in attesa cresce».

Da qui la necessità di visitarli nelle auto.

«È complicato ma non ci sono alternative. Meglio un pre triage a bordo piuttosto che aspettare chissà quanto. Anche perché da quella visita dipenderà l'ingresso in ospedale».

La fila è solo orientativa?

«Certo. Valutiamo le condizioni dei pazienti e poi stabiliamo chi entra e chi no».

Quanti sono i falsi allarmi?

«Pochissimi. Il 70 per cento di chi arriva al Cotugno ha già provato a curarsi a casa senza riuscire a guarire. Dopo quattro o cinque giorni di terapie domiciliari, quando i sintomi aumentano, e la paura pure, corrono in ospedale». 

Problemi respiratori?

«Li hanno tutti. Si stanno infettando interi nuclei familiari: dal nonno al nipote nessuno escluso. È da agosto che andiamo avanti così, non so quanto riusciremo a resistere».

La prima ondata l'avete superata nel migliore dei modi.

«Eravamo in lockdown, sapevamo di dover stringere i denti per un mese e mezzo, poi la situazione sarebbe migliorata. Ora di mesi ne sono passati già due e siamo solo all'inizio». 

Però ci sono le zone: gialla, arancione, rossa.

«Ho visto le foto della folla nelle strade durante il fine settimana. Così non ne usciremo mai».

Il lungomare era gremito.

«Sono solo cambiate le abitudini. Se prima ci si vedeva a cena ora a pranzo. Faccio un altro esempio. Il sindaco di Pozzuoli ha chiuso il suo lungomare, tutti ovviamente si sono spostati su quello di Napoli salvo poi tornarsene a Pozzuoli portandosi dietro il virus, che continua liberamente a circolare da un posto all'altro». 

Superficialità anche da parte dei cittadini?

«La gente, almeno quella che abbiamo visto banchettare nel weekend, non teme il virus. Pensano che sia un problema degli altri: fino a quando non si ammalano continuano a fare la loro vita come se niente fosse».

E gli ospedali vanno in tilt.

«Nessuno escluso, vi assicuro. Il personale manca ovunque più dei posti letto. Siamo pochi e inevitabilmente ci ammaliamo pure noi: sostituire un medico o un infermiere in corsa non è per niente facile». 

Quando avete cominciato a capire che la situazione stava precipitando?

«A fine agosto era già chiaro che bisognava spezzare la catena dei contagi. Invece siamo a novembre e la situazione peggiora di giorno in giorno». 

È preoccupato?

«Ormai sono abituato. Ogni mattina c'è un problema diverso da affrontare. Purtroppo spesso siamo impreparati. Quando è finita la prima emergenza, tanto per dirne una, ci hanno tolto 45 infermieri. Poi però è arrivata la seconda e gli infermieri non c'erano più».

La Regione intanto ha recuperato posti letto nelle case di cura accreditate per decongestionare gli ospedali.

«Sapete quanti pazienti siamo riusciti a trasferire? Due».

Così pochi?

«Le cliniche non prendono ammalati Covid che hanno bisogno dell'ossigeno, cioè li vogliono sani. E non accettano neanche ricoveri dopo le 18. A questo punto li mandiamo a casa che è meglio».

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