
Il Roma - Pavoletti-Sarri, corsi e ricorsi storici: quando con una tripletta ai suoi danni Pavoloso fece innamorare di sé il tecnico azzurro
Quattro anni fa Leonardo Pavoletti era (volutamente) calvo, non aveva la barba ed esprimeva in viso ciò che provava dentro, dettagli e sfumature, specchio riflesso della (sua) felicità: era ad un passo dalla definitiva consacrazione dopo anni di gavetta. Oggi si presenta al pubblico più maturo, s’è ulteriormente irrobustito e l’euforia per il trasferimento al Napoli è parzialmente nascosta dalla folta macchia nera sul volto che è ormai moda consolidata del momento.
CORSI E RICORSI. Pavoletti ha già ritrovato Maurizio Sarri, l’allenatore che di lui disse: «Mi stava un po’ sul ca**o» riferendosi alla partita del 9 settembre 2012 quando il suo Empoli perse 3 a 0 contro il Sassuolo allenato da Di Francesco. Mattatore di giornata fu proprio Pavoletti, autore di una tripletta, protagonista inatteso nell’anno della promozione in A dei neroverdi e della finale play-off persa (contro il Livorno) dai toscani. Quel pomeriggio di estivo sole fu testimone fedele dei sacrifici di chi oggi è (quasi) in cima al calcio italiano e presto affronterà il Real Madrid in Champions League, brividi solo a pensarci ma anche splendido traguardo dal sapore particolare per chi, come loro, ha deciso di partire da una rincorsa più lunga rischiando di smarrirsi per strada tra ostacoli ed incroci pericolosi. Quello della tripletta – uno dei tanti - è un ricordo dalle sensazioni differenti a seconda della prospettiva: dolcissimo per Pavoletti, nefasto per Sarri.
TRIPLETTA. Quella volta funzionò malissimo il meccanismo difensivo dell’Empoli: marcature errate, distrazioni, cali di concentrazione ed in più l’attenuante dell’ingombrante presenza nella propria area di rigore. Davanti a poco più di duemila spettatori Pavoletti segnò tre gol in mezzora e poi uscì al settantesimo sostituito da Chibsah. Indossava la maglia numero 8 e i suoi gol non furono belli perché all’estetica l’attaccante livornese ha sempre preferito l’efficacia. Si nutre di reti senza troppi vizi, fregandosene altamente dell’eleganza, aggrappandosi alle sue peculiarità che son ben diverse da quelle di giocatore d’alta classe. Il primo gol fu di rapina, dopo un palo di Missiroli, anticipando Laurini e Romeo per depositare a porta sguarnita. Gol simile il secondo, su assist dalla sinistra di Troiano, ad un metro dalla linea di porta, più lesto del suo marcatore Tonelli. Il tris arrivò su cross dalla destra di Gazzola con un colpo di testa potente e preciso a sovrastare Laurini.
PAVOLOSO. In mezzora Pavoletti mostrò (quasi) tutto il suo repertorio, fotografia nitida dell’attaccante che il Napoli ha scelto di acquistare – l’ufficialità il 3 gennaio alla riapertura del mercato - per sostituire il partente Gabbiadini, ideale da sistemare al centro del 4-3-3 di Sarri, compagno di gioco che inviterà a nozze gli esterni e le mezzali di centrocampo col classico lavoro sporco in area di rigore. Pavoloso - questo il suo soprannome - è un centravanti vecchio stampo, cinico e prepotente, letale quando in giornata, fisico ma anche reattivo, antipatico da marcare e da ostacolare. Nella stagione 2012/13 furono undici le marcature totali, anticamera del suo definitivo exploit (24 reti) che avvenne l’anno successivo in prestito al Varese. Il Sassuolo, neo promosso, decise di non puntare su di lui ritenendolo ancora acerbo per la massima serie. Oggi la Serie A è il suo mondo ed è il palcoscenico dove s’è messo in mostra grazie alla fiducia del Genoa - ripagata con 24 gol in 53 partite - e dove vorrebbe continuare ad esaltarsi con la maglia del Napoli.