L'editoriale di Crosetti: "Sarri si lamenta di tutto, ma è pura strategia! L'uomo con la tuta è scaltro nelle sfumature e provocazioni..."

22.01.2018
17:20
Redazione

Vi proponiamo di seguito l'editoriale di Maurizio Crosetti per l'edizione odierna de La Repubblica:  C'è quest’uomo

Vi proponiamo di seguito l'editoriale di Maurizio Crosetti per l'edizione odierna de La Repubblica

C'è quest’uomo al centro di tutto, atipico e un po’ strano, distonico rispetto alla plastica del calcio contemporaneo. C’è questo napoletano cresciuto a Bagnoli ma con l’accento di Roberto Benigni, allenatore in tuta come ai tempi di Carletto Mazzone, un mangiatore di sigarette spente (lo obbligano) talvolta incline alla parolaccia che però in bocca a Maurizio Sarri non è mai gratuita. Il personaggio esprime un certo distacco dalla modernità, e verrebbe da dire beato lui. Ha appena battuto l’Atalanta che sempre lo aveva fatto penare, ha sottilineato il gusto speciale di farlo lì, per un napoletano, e senza ipocrisia: perché in Padania (non esiste) ce l’hanno con i terroni, e l’hanno confermato pure ieri allo stadio tra ululati e gestacci. Piccole Italie meschine, sulle quali lo sport ha il dovere oltre che il diritto di volare alto, un po’ più alto di così.

L’uomo in tuta vuole tutto. Pressa il suo presidente per il contratto, attacca la Lega per il disegno di un calendario asimmetrico nel quale la Juve giocherà otto volte prima del Napoli, però Sarri si lamentava pure quando accadeva il contrario. O quando l’erba è secca e la palla non rimbalza. O quando le Coppe gli rompono le scatole. O quando gli arriversari hanno fatturati maggiori. E’ parte della strategia perché l’uomo in tuta è assai scaltro nella gestione delle sfumature e delle provocazioni, sa tenere alta la tensione e non si nega qualche duello rusticano, a suo tempo con Mancini, ieri più semplicemente con Insigne che faceva i capricci dopo la sostituzione. Ha naturalmente ragione Sarri, comunista che Berlusconi ipotizzò ma non volle, e adesso il presidente dice che neppure più guarda il Milan e spera che lo scudetto lo vinca la Juve, davvero esistono molti modi per invecchiare e quasi nessuno facile. Vuole tutto, Maurizio Sarri, e forse molto avrà. Vuole lo scudetto che stavolta può arrivare anche se la Juve è un blocco di marmo. Juve obbligata, stasera, a battere il Genoa nell’insolito lunedì del pallone.

La Juve ha perso già due volte, dopo la sosta, contro Lazio e Sampdoria, per questo Allegri non si fida dei suoi maldiviani o omaniani che siano. Dopo i selfie tra i coralli e l’intruppamento da resort, il campionato (Juve compresa, che in vacanza è andata col preparatore atletico tra ombrelloni e conchiglie) è stato restituito alla passione di chi lo aspetta e non lo vorrebbe fermo mai. L’Inter e la Roma hanno corso un po’ più che a Natale, anche se lo schizofrenico ma non brutto pareggio di San Siro restringe i lembi della loro Europa, è un risultatucolo che non serve a niente se non a riaccendere i motori. I giallorossi stavano per vincere, facendosi bastare un rilancio del portiere per l’ala destra, brava e scaltra, complice la papera di Santon. Ma nel finale hanno mollato e l’Inter ha pareggiato di slancio, ringhiando anche se troppo tardi. A margine ma neppure troppo, la pallida partita di Dzeko che forse davvero se ne andrà. Assurdo, incomprensibile. Forse bisognerebbe eliminare il mercato d’inverno che non rinforza nessuno ma può indebolire. Se un club come la Roma è costretto a impegnare l’argenteria al monte dei pegni a metà gennaio, siamo messi proprio male.

Anche perché dietro Napoli e Juve stanno sparendo tutti. L’Inter era prima qualche settimana fa, e si è sciolta: se non segna Icardi, non tira quasi nessuno. La Roma rischia di smobilitare, anche se ha un gioco e qualche giocatore di livello (il portiere Allison sta diventando il migliore del campionato). Si è fermata male l’Atalanta e ancora tiene la Lazio che gioca benissimo e ha il più forte centrocampista del mondo in questo momento, Milinkovic Savic. Un poco sta risalendo il Milan, sballottato dal maestrale e dal Cagliari (occhio che lì sta crescendo un fenomeno, Nicolò Barella, 21 anni, anche se ieri si è fatto espellere scioccamente dopo un gran gol), ma alla fine vincente. Il povero Gattuso si sta mangiando corde vocali e coronarie, peggio per le seconde, però la sua indecifrabile creatura prende corpo. Se poi Berlusconi non la vuol guardare, pazienza.

Da guardare c’è anche altro. Per esempio Fabio Quagliarella che è ormai il nuovo Totò Di Natale, uno di quei bomber eterni e sempre migliorati: 15 gol, mai segnati così tanti neppure alla fine del campionato, ora gli stanno davanti solo Immobile (s’è infortunato) e Icardi (s’è un po’ ingrippato). Tra il giovane Barella e il vecchio Quagliarella c’è tutta una stagione in rima, una giostra di generazioni che ancora pensano che domani sarà bel tempo.

 

Notizie Calcio Napoli