Mura: "Da alto gradimento ad alto tradimento, è il percorso di Higuain a Napoli. A Torino segna meno, problemi suoi"

28.10.2016
11:00
Redazione
Scrive Gianni Mura nel suo editoriale per La Repubblica: Da alto gradimento ad alto tradimento, questo per molti napoletani è il percorso di Higuain. Non entro nel merito, sto alla larga da sentimenti e risentimenti, provo ad inquadrare la storia sotto il profilo tecnico-tattico. Protagonisti: Higuain, il Napoli (e il suo gioco), la Juve (e il suo gioco). Chi ci ha guadagnato? Non Higuain, non la Juve (non ancora, anzi), non il Napoli, mucchio di milioni a parte.Calcisticamente parlando, Higuain era già Higuain prima di arrivare a Napoli. Ma a Napoli ha segnato come mai aveva fatto prima, e non può essere un caso. Il gioco di Sarri si è rivelato ideale, per i mezzi di Higuain, signore e padrone degli ultimi 20 metri. Nessuno andava nemmeno per sbaglio a calpestare le sue zolle. Il 4-3-3, come il 3-4-3, favorisce gli attaccanti centrali. Succedeva con Zeman, succede con Spalletti, succederebbe anche adesso con Sarri, se disponesse di un vero attaccante centrale. Ma il solo che aveva, Milik, e che era partito molto bene con una media-gol che non faceva rimpiangere Higuain, si è rotto. Gabbiadini non è e non sarà mai una punta centrale, anche per questo è così nervoso. Sarri non rinuncia alla fanteria leggera e mette al centro dell’attacco Mertens, il meno negato al ruolo. Ma è un ripiego. Io ci avrei messo Hamsik. Più della partenza di Higuain, pagata il dovuto, il Napoli sconta l’assenza di Milik ma soprattutto, in panchina, di un centravanti di ruolo, di peso. Non necessariamente quel che si definisce un top player, andrebbe bene anche Lasagna. Si racconta a Napoli che Higuain mal sopportava la presenza di un’alternativa, sia pure giovane e poco esperta, qual era Zapata. La cui presenza risparmierebbe qualche mal di testa a Sarri. La cui assenza, sua o di uno come lui, suona a discapito degli operatori di mercato. Che un centravanti possa farsi male non è una bizzarria del caso, ma una triste realtà. Un imprevisto relativo, se si vuole. Un errore, da qualunque parte si guardi. Un doppione, con rose così larghe, bisogna averlo, provvedendo per tempo. Higuain è egoista, come molti grandi del ruolo. Sa essere altruista, quando vuole: tiene il pressing alto, si muove come serve alla squadra, ma quasi sempre si muove in funzione del gol suo. A Napoli aveva i partner ideali. Callejon, Mertens e Insigne sono vere ali, non centrocampisti o terzini riciclati. Sanno crossare e dribblare. A fornire eventuali tagli dentro provvedono i centrocampisti, da Hamsik a Jorginho, e pure i terzini, Hysaj e Ghoulam, hanno piedi accettabili. Il miglior gioco della serie A, si diceva del Napoli Higuaindipendente. Vero. E anche semplice: quasi tutte le azioni conducevano allo stesso terminale: Higuain. Una pacchia, per lui e per tutti. Nessuna gelosia, massimo accordo. Come Lodetti non si lamentava di correre anche per Rivera («è giusto, se ci fa vincere e guadagnare dei soldi») così Callejon non s’è mai lamentato perché correva il triplo di Higuain ed era meno considerato (e pagato). Una squadra vive su certi equilibri, non è solo numeri e percentuali. A Torino, Higuain si trova a convivere con un altro centravanti (Mandzukic, più forte di Zapata) e l’ombra lunga di un centravanti atipico, Dybala, ora infortunato ma costretto (o convinto) ad arretrare per non pestargli i piedi, o le amate zolle. A Torino Higuain segna meno perché gli arrivano meno palloni giocabili: è un problema suo, certamente, ma anche di Allegri, che in campionato non insiste su una formazione-tipo, come ha fatto Sarri, ma la cambia e rivolta in continuazione, senza frenesia ma anche senza fretta. A Napoli Higuain era il giocatore- simbolo, il totem. A Torino ce ne sono altri, a partire da Buffon. A Napoli in campo Higuain brontolava spesso con i compagni, a Torino no, devono avergli spiegato che è comportamento sgradito. La Juve marcia per accensioni improvvise (Cuadrado, Khedira, l’ultimo Chiellini, poco Pjanic) ma non ha, forse non le interessa averlo in questo periodo, un gioco schiacciante. Alla prima vera partita insieme dall’inizio, un passaggio di Mandzukic a Higuain, uno da Higuain a Mandzukic. Non è il massimo della vita, né del calcio. È evidente che Higuain non gradisce altre presenze nella sua zona. Ma è altrettanto evidente che la Juve, quando Dybala sarà guarito, non potrà permettersi il lusso di tenerlo più vicino al centrocampo che alla porta avversaria, anche perché lontano da lì gli avversari lo picchiano di più, senza rischiare pericolosi calci di punizione. Ora che è tornato Marchisio le cose saranno più chiare, in mezzo, e forse Higuain riceverà più palloni, ma credo che la Juve sarà più forte quando Allegri avrà trovato la giusta posizione a Dybala: che non è a fianco di Higuain ma un pochino alle spalle. Un po’ come Baggino e Andersson nel Bologna. Un effettivo 4-3-3 come quello di Sarri difficilmente il galeoniano Allegri lo varerà, ma sarebbe più facile per Higuain segnare un sacco di gol. Solo che alla Juve gli interessi della Juve contano più di quelli di Higuain. Che a Napoli ha lasciato un buco e a Torino non l’ha riempito. C’è tempo. Ma domani mi sa che più di tutto conteranno i nervi.
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