Camorra, Taglialatela si difende dalle accuse: "Avevo intestato veicoli di parenti, lotterò per la verità!"

22.04.2017
09:00
Redazione

Quattordici anni di reclusione per intestazione fittizia di beni e associazione di stampo camorristico. È la richiesta di condanna per Pino Taglialatela, ex portiere del Napoli, finito nell’operazione Crash sul clan Mallardo di Giugliano, e che ha portato a richieste di reclusione da parte del pm Maria Cristina Ribera anche per Mauro Moraca (24 anni), Giuliano Amicone (20), Carlo Riccardo De Cicco (16), Bernardino Diana (6), Giancarlo Pirozzi (15) e Raffaele Graziano (4). Nel 2012 ci fu l’arresto di cinque persone e il sequestro di beni per 5 milioni di euro. Il nome dell’ex portiere, per tutti “Batman”, era finito nell’inchiesta a causa di un’intercettazione da cui si evinceva l’intestazione fittizia di un motociclo, un Tmax. È poi emerso che Taglialatela risultava proprietario di cinque veicoli, utilizzati in realtà da Mauro Moraca e Carlo Antonio Mallardo, ritenuti affiliati al clan. Secondo l’accusa, Taglialatela aveva un rapporto con gli altri accusati, che «aiutava per una serie di investimenti di natura immobiliare» a Ischia, dove l’ex calciatore è residente. Il pm ha evidenziato una forma di «disponibilità continua » dell’ex portiere nei confronti degli esponenti del clan, che «frequentava con assiduità», arrivando a ipotizzare una loro «intermediazione» nell’ultimo ingaggio all’Avellino, nel 2005. "Sono amareggiato, spero che questo incubo finisca presto" dice Taglialatela, come riporta La Repubblica: "Non disconosco l’intestazione fittizia dei veicoli, cui avevo dato consenso su richiesta di una zia, né nego la parentela con alcune persone coinvolte. Ma quello camorristico è un contesto a cui sono estraneo e l’accusa offusca la mia immagine di uomo di sport: Lotterò per la verità. Avellino? non avevo bisogno di intermediazioni dopo una carriera come la mia".

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