
Sacchi: "In Italia chiedono di vincere, mai di giocare bene. Ripartire? Va bene, ma ad una condizione. Sono contrario alle cinque sostituzioni"
News calcio, Sacchi parla della ripresa del campionato e delle inque sostituzioni
Ultime calcio - «In Italia chiedono di vincere, mai di giocare bene. Si va per conoscenze più che per conoscenza». Da Milano Marittima il maestro Arrigo Sacchi ha la voce squillante che serve a condire concetti molto chiari. Durante la clausura non ha parlato «perché il calcio è la cosa più importante tra le meno importanti», dichiara al Corriere della Sera.

Sacchi
Arrigo il calcio che ricomincia dove approderà?
«Vorrei potervi dire che questa terribile emergenza migliorerà la nostra cultura. Ma onestamente non lo penso. In campo mi aspetto le stesse cose e gli stessi atteggiamenti. Dobbiamo capire che il calcio è uno spettacolo e non una questione di vita o di morte».
Sarà lo stesso campionato che abbiamo lasciato il 9 marzo o se lo aspetta diverso?
«È difficile rispondere perché veniamo da tre mesi pazzeschi. Ci sono troppe incognite. Si gioca prima con la testa che con i piedi e non so che segni ha lasciato sui giocatori il coronavirus. E neppure quali saranno le loro motivazioni. Io, per esempio, ho pensato pochissimo a questa ripresa e mi sono concentrato sull’enorme disgrazia che ci ha travolto e alla nostra impreparazione collettiva».
Altri Paesi hanno fatto peggio di noi…
«Usa e Inghilterra hanno affrontato il problema con presunzione e arroganza. L’Italia però è stata approssimativa e ha risparmiato troppo sulla salute negli ultimi 30 anni».
Come ha vissuto il lockdown?
«Benissimo. Per evitare la noia ho fatto sport: passeggiate, palestra e mountain bike lungo i canali per non trovare nessuno. So che non si poteva fare, ma meglio la multa degli antidepressivi».
È felice che si ricominci?
«Lo sono, ma a una condizione: che ci si fermi subito se dovesse capitare qualcosa. Si gioca, e lo capisco, per un fatto sociale e per questioni economiche, altrimenti molti club andrebbero in crisi».
Chi è favorito?
«Le squadre più mature e più intelligenti, quelle che capiranno come la forza del collettivo venga prima delle qualità del singolo. Non faccio un pronostico, ma un auspicio: sarei contento vincesse chi dà tutto, come ha fatto sino adesso l’Atalanta. E subito dopo ci metto la Lazio, che non ha la stessa intensità dei bergamaschi, ma offre un calcio brioso e internazionale. Giocare bene significa coraggio e avvicinarsi al futuro».
Giocare in estate penalizzerà lo spettacolo?
«Al Mondiale americano nel ’94 eravamo sulla costa Est con il 90 per cento di umidità, una temperatura sino a 42 gradi e partite a mezzogiorno. Stare a Est voleva dire uscire lessi e invece noi siamo arrivati sino alla finale persa a rigori con il Brasile. Dipende dalla forza mentale e morale del gruppo. Sarà così anche in questa strana estate. Vinceranno i più seri».
È contento delle cinque sostituzioni?
«No perché è una norma che favorisce i club più ricchi».