
VIDEO 'BIDONI AZZURRI' - Per gli amici era il 'damerinho'. Zero presenze in azzurro. Ve lo ricordate?
Con Afolabi componeva la coppia dei 'bidoni' per eccellenza. Estate 2000, il Napoli si riaffacciava alla Serie A dopo una stagione vissuta da protagonista con Walter Novellino in serie cadetta: la società di Ferlaino e Corbelli si rinforzò apportando numerose modifiche all'organico dei calciatori: Sesa, Moriero, Husain, Jankulovski, Quiroga e Saber erano nomi che stuzzicavano il palato dei tifosi azzurri, ma Anderson Luís Pinheiro, in arte Paquito, era considerato un investimento per il futuro. Centrocampista brasiliano, classe '81, più trequartista che mediano, il Napoli lo prelevò dal San Paolo in Brasile. Arrivò in azzurro in punta di piedi, con la consapevolezza di dover imparare molto prima di potersi confrontare coi più maturi compagni di reparto come Matuzalem, Magoni, Pecchia e Vidigal. Il tecnico della stagione 2000/01 era Zdenek Zeman, il boemo, che nonostante la sua ottima considerazione dei giovani, non convocò nemmeno per una volta il giovane talento verdeoro. Arrivò l'esonero per mister Zeman, la panchina fu affidata ad Emiliano Mondonico che non riuscì ad evitare la retrocessione, ma la musica non cambiò per nulla, anzi: Paquito fu ceduto in prestito al Ravenna, in B, dove si sperava potesse fare un po' le ossa. Solo quattro presenze in maglia giallorossa, ma anche due reti, mica male come media realizzativa, un gol ogni due partite. Terminò la stagione in B e poi passo al Cosenza dove non risultò tra i giocatori migliori dell'annata. Il Napoli sperava sempre di poterlo riportare a casa, ma il deludente rendimento del calciatore convinse la dirigenza azzurra a farne a meno in maniera definitiva e così Paquito si accordò col Chiasso, club svizzero, col quale ha trascorso quattro stagioni.
IL 'DAMERINHO' - Troppo esile, bravino tecnicamente, ma senza muscoli nelle gambe. La Serie A non è come il campionato italiano, forse Paquito se l'aspettava, ma non credeva fosse così difficile imporsi in Italia. In Brasile sembrava andasse a mille all'ora, di lui si diceva un gran bene, ma mai nessuno riuscì a vederlo all'opera in un match con la squadra titolare, vista la sua giovane età. Non ha mai indossato la maglia azzurra, qualcuno di interno alla vecchia società lo chiamava 'il damerinho' per la sua leggiadria e l'eleganza che non veniva accompagnata, però, da una buona dose di forza e cattiveria agonistica. Sarebbe stato adatto a fare il ballerino, ma in pochi si sono rifatti gli occhi vedendolo all'opera su un campo di calcio.
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