Pelillo... nell'uovo - Nella "civil" Milano la lurida foto del calcio italiano: vincono i buu e non solo...

27.12.2018
17:50
Redazione

Il caso è spesso beffardo, sembra prendersi gioco di noi umani e può accadere che in un giorno di fine anno solare, in tempo di bilanci personali

Il caso è spesso beffardo, sembra prendersi gioco di noi umani e può accadere che in un giorno di fine anno solare, in tempo di bilanci personali e generali, ci si possa ritrovare davanti all'esatta fotografia di quel che non funziona in questo martoriato pallone italiano. Si è cominciato dal disappunto di Allegri verso un'Italia del calcio che non educa i giovani che seguono questo presunto sport. Tutto normale, se non fosse che questa lamentela vada a capitare dopo un'espulsione subita dai suoi, da tutte le moviole considerata giusta. Strano che il tecnico toscano non abbia mai fatto le stesse riflessioni dopo almeno una delle innumerevoli volte in cui nello stadio della sua squadra sono partiti cori inneggianti l'eruzione del Vesuvio. Ha dichiarato più volte di non sentire in queste occasioni. Non sente e non vede il suo il buon Max che non si chiede quale educazione possano avere i giovani quando i suoi si tuffano cercando di confondere gli arbitri e quando i suoi sostenitori espongono striscioni riferiti alla tragedia di Superga. Non vede Max quando al Toro negano due rigori nella stessa gara e in nessuno dei due casi si è andato al Var. Ma questo è stato solo il preambolo alla triste serata del Meazza. Il caso beffardo ha voluto che proprio nella presunta capitale italiana della qualità della vita si cominciasse, prima ancora di scendere in campo, con quattro napoletani presi a coltellate. Dopo il piagnisteo di Bergamo, la violenza fisica di Milano e da quest'ultima, il vergognoso pubblico milanese è passato a quella verbale. Sono saliti in cattedra i "buu" razzisti ai danni di Koulibaly. Preso di mira per una gara intera senza che l'arbitro intervenisse, nonostante le segnalazioni di Carlo Ancelotti. Ed è qui che si apre un altro capitolo del pasticcio chiamato calcio italiano ed entra in scena Mazzoleni, spesso protagonista nelle gare quando c'è il Napoli. L'arbitro decide di usare un metro permissivo, lascia che il giocatore subisca i "buu" per l'intera gara, se ne infischia delle segnalazioni di Ancelotti e va avanti fino a quando non decide di diventare protagonista. Ad un certo punto, casualmente quando l'Inter si stava ormai ritirando nella sua metà campo, l'arbitro ha cambiato il metro proprio nei confronti del soggetto che lui stesso aveva costretto a giocare sotto la costante violenza psicologica dei cori, non sospendendo la gara. E Mazzoleni diventò, così, improvvisamente fiscale, andando anche oltre il buon senso perché gli applausi fatti da lontano da un calciatore, possono anche essere di disappunto verso il pubblico che inveisce su di lui da oltre un'ora con la complicità di un arbitro che non interviene. Mazzoleni cambia metro di giudizio e il Napoli, così, resta in dieci e Spalletti prende coraggio inserendo la punta che poi deciderà la partita. Una frittata italiana ben condita nel finale che divide la gara da quello che è stato il campo. Mazzoleni ha lasciato vincere i razzisti e perdere chi è stato bersaglio dello schifo che hanno fatto i milanesi. Questo è il sunto della storia, il calcio giocato conta davvero poco. Il calcio italiano va rifondato, non ha nulla di educativo verso i giovani e si avvia alla lenta, ma progressiva distruzione di se stesso, ascoltatore per ascoltatore, uno alla volta... Vedremo...

RIPRODUZIONE RISERVATA

Notizie Calcio Napoli