Ziliani attacca: "Gravina e Spalletti devono andare a casa! Andiamo verso il terzo Mondiale senza l'Italia"

01.07.2024
15:50
Redazione

"Gravina e Spalletti devono andare a casa: stiamo andando verso il terzo Mondiale senza Italia, per favore qualcuno intervenga", è questo lo sfogo via social del giornalista Paolo Ziliani:

"Nel 2021 il presidente federale si alzò lo stipendio da 36 mila a 240 mila euro per il suo impegno e la sua responsabilità nel "Club Italia": da quel giorno siamo passati da un tracollo all'altro, Gravina dovrebbe renderne conto. In quanto a Spalletti, i suoi deliri e le sue scuse post Svizzera appaiono più gravi delle tante scelte (tecniche e etiche) sbagliate: è in confusione, si deve fare da parte e il ministro Abodi non può restare a guardare.

Gravina e Spalletti devono andare a casa: senza se e senza ma. Con particolare urgenza per Gravina, che è al secondo, grave e irreparabile naufragio provocato consecutivo (mancata qualificazione al Mondiale in Qatar 2022, fallimentare spedizione all’Europeo in Germania 2024), con uguale irrevocabilità per il commissario tecnico protagonista a Euro 24 di una performance da ritiro del patentino.

Gravina è il comandante Schettino che dopo aver accompagnato la nave Italia (un tempo una corazzata, oggi una bagnarola) da un rovescio all’altro, da un naufragio all’altro, a tracollo avvenuto si presenta alle conferenze stampa candido come una rosa e con la più spudorata faccia tosta ammette di essere dispiaciuto, conviene che il prossimo traguardo dovrà per forza essere centrato “altrimenti sarebbe un disastro”, accetta ogni critica ma non la richiesta di dimissioni: perchè farsi da parte nei momenti di difficoltà - dice - non rientra nella sua cultura. Un eroe nazionale, insomma.

Gravina dice tutte queste cose (le aveva dette dopo la tragicomica partita contro la Macedonia che ci escluse dal Mondiale 2022, le aveva ripetute dopo la fuga di Ferragosto del c.t. Mancini in Arabia, le ha ribadite ieri a meno di 24 ore dalla catastrofe di Svizzera-Italia 2-0) e il bello è che nessuno, tra i giornalisti presenti in sala, alza il ditino ed eccepisce. Gravina ammette che sì, è vero, il calcio italiano vive un momento di difficoltà, ma non è colpa sua né di Spalletti se la fioritura di campioni è quella che è: “In 60 giorni non nascerà un nuovo Mbappè”, dice, già mettendo le mani avanti in vista delle qualificazioni al Mondiale 2026. Il che è vero: ma come in 60 giorni non nascerà un nuovo Mbappè in Italia, non nascerà in Svizzera, in Austria, in Belgio e via dicendo; mentre il vero problema è che non ci sarebbe bisogno di attendere non dico 60 giorni, ma nemmeno un giorno per trovare in Italia un presidente federale che sia meglio di lui. Sono sette anni che il movimento tollera che un dirigente indegno e imbelle prenda a picconate il calcio italiano (la nazionale è solo una faccia della medaglia) senza chiedergli conto delle sue nefandezze, sportive e etiche. 

Gravina è il presidente che ha di fatto legalizzato l’illegalità del sistema-calcio in Italia: dopo lo scempio compiuto con il condono di anni e anni di gravi e reiterati illeciti commessi dalla Juventus, qualunque club e qualunque dirigente sa oggi di poter commettere qualsiasi illegalità perchè - come recentemente ha ribadito Gravina in un’audizione in Parlamento in cui gli si chiedeva conto proprio dell’affaire Juventus, “il patteggiamento è previsto dall’ordinamento sportivo, farvi ricorso è una cosa normale”. Gravina è il presidente federale che invece di avere a cuore il rispetto delle regole ha a cuore la difesa di chi non rispetta le regole. È il presidente che d’accordo col nuovo c.t. consente che per un reato grave come quello delle scommesse un calciatore come Fagioli venga squalificato per soli 7 mesi, in tempo utile per averlo abile e arruolato per la spedizione a Euro 2024; è il presidente che d’accordo col nuovo c.t. consente che il vergognoso caso di razzismo Acerbi-Juan Jesus venga archiviato per permettere al difensore dell’Inter di rispondere alla convocazione azzurra per l’Europeo in Germania; è il presidente che con la faccia come il culo (chiedo scusa per il francesismo) nomina capo delegazione azzurra un ex giocatore dal passato imbrattato e inzaccherato come quello di Gigi Buffon, che ironia del destino si trova a difendere al suo primo cimento un calciatore (Fagioli) squalificato per una brutta storia di scommesse. Fermate i mondo, voglio scendere!

Soprattutto, Gravina è il presidente federale che nell’aprile 2021 decise autonomamente di alzarsi lo stipendio di numero 1 FIGC da 36 mila a 240 mila euro per l’impegno e la responsabilità di guidare il “Club Italia”, cioè la nazionale, e di deciderne politica e strategie: uno stipendio alzato di 7 volte, il tutto per vedere l’Italia non qualificarsi (per la seconda volta consecutiva) a un campionato del mondo, per vedere il c.t. Mancini scapparsene a gambe levate in Arabia a metà dell’opera e per osservare il nuovo c.t., assunto da Gravina con l’ennesimo scasso delle regole (Spalletti aveva ancora un anno di contratto che lo legava al Napoli, da cui aveva voluto separarsi avvertendo il bisogno di concedersi un “anno sabbatico”), condurre la nazionale a un tracollo di proporzioni colossali alla prima, importante sfida del suo mandato.

Spalletti. Che seduto a fianco del suo mentore Gravina al tavolo della conferenza stampa post Svizzera-Italia è riuscito a fare, a parole, più danni ancora di quanti non ne avesse fatti in panchina. “Dieci partite sono state poche, me ne sarebbero occorse almeno venti”, ha detto Spalletti; che però saltando in corsa sul treno lasciato senza guida da Mancini sapeva bene a cosa andava incontro. Perchè non lo disse allora a Gravina? “Grazie della proposta - avrebbe dovuto rispondere -, ma il tempo che ci separa dall’Europeo in Germania è troppo poco, conoscendomi dieci partite per preparare la mia nazionale non sono sufficienti”. Davvero era così difficile dirlo? Eppure il mondo è pieno di allenatori che a stagione in corso rifiutano di assumere le redini di una squadra che ha deciso il cambio di guida tecnica. Grazie, riparliamone a fine stagione, dicono. Correttamente.

Spalletti che in dieci mesi da c.t. azzurro è riuscito a macchiare, sportivamente e moralmente, la bella immagine costruitasi nella sua ultima esperienza di allenatore, quella vittoriosa alla guida del Napoli. L’assenso dato al Palazzo per il salvataggio (in chiave convocazione azzurra) di due calciatori impresentabili come Acerbi e Fagioli; una scelta che il karma ha provveduto subito a trasformare in doppio boomerang con l’infortunio patito da Acerbi prima e il flop di Fagioli alla prova del campo poi; la tragicomica idea di convocare al raduno azzurro i grandi numeri 10 del passato, da Rivera a Totti, da Baggio e Del Piero, col solo risultato di far sentire gli azzurri di oggi ancor più piccoli e nani, cioè la poca cosa che il c.t. pensava e pensa di loro; l’altrettanto tragicomica idea, in fase di preparazione di Svizzera-Italia, di chiedere in anticipo agli azzurri - ad alzata di mano - chi se la sarebbe sentita di presentarsi sul dischetto per tirare i calci di rigore: come se quella fosse la principale preoccupazione del c.t., evidentemente non troppo convinto delle doti e delle chances della sua stessa squadra, un atteggiamento negativo che ha aggiunto paura a paura, disorientamento a disorientamento e che ha provocato infatti l’alzata di pochissime mani; tutte queste cose, a cui se ne potrebbero aggiungere altre più strettamente tecniche (una su tutte: la fiducia incondizionata data per quattro partite, cioè tutte, al suo pupillo napoletano Di Lorenzo autore di una performance a dir poco agghiacciante), hanno certificato da subito che Spalletti stava navigando a tentoni, senza bussola, e col comandante Schettino-Gravina a fargli da ombrello lo schianto alla fine sarebbe stato tragico e inevitabile.

Detto senza nessuna cattiveria, senza nessuna prevenzione e con la massima chiarezza: Gravina e Spalletti devono andare a casa. È giusto, necessario e urgente che ciò accada; e poichè loro si rifiutano di farlo, se vogliamo che l’Italia non manchi clamorosamente anche la qualificazione al terzo Mondiale consecutivo della sua storia - cosa al momento probabilissima se un presidente inetto come Gravina e un c.t. spaesato come Spalletti verranno lasciati liberi di combinare altri danni - qualcuno dall’alto deve intervenire per metterli in condizione di non nuocere.

Se il ministro dello Sport Abodi è in ascolto, per favore, batta un colpo. Dia retta a noi: meglio un giorno da leone che cento anni da mummia".

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