CdM - Maradona al Napoli, svelata la trattativa tra retroscena e intrighi

24.02.2020
21:30
Redazione

Maradona al Napoli, raccontata l'intera trattativa

Ultimissime calcio Napoli- La trattativa che portò Maradona a Napoli. Il Corriere del Mezzogiorno parla di una telenovela infinita.

Franco Esposito è stato il segugio ideale che ha raccontato per 28 giorni in quel lontano giugno del 1984 dalle colonne de Il Mattino tutti i movimenti di un percorso a tappe partito dal Nordamerica e finito dritto dritto a Fuorigrotta in quell’afoso 5 luglio. Aveva 44 anni al tempo. Scaltro, rapido come un tornante sulla fascia, abilissimo a individuare i percorsi giusti per arrivare lì dove non tutti sono riusciti a far gol. La Campania all’epoca era ben rappresentata nel governo di Bettino Craxi da ministri e sottosegretari, mentre Napoli coltivava grandi prospettive di crescita ed era in fase di realizzazione il Centro Direzionale.

“Franco”, “Franchino”, “Franchetiello” con caparbietà, onestà e la sua grande umanità invece ha portato a casa colpi importanti e servizi di altissimo livello.

«Ero a Montreal al Varsity Stadium nel Quebec al seguito della Nazionale Italiana di calcio - comincia a raccontare Esposito -. Enzo Bearzot era l’allenatore, (reduce dalla vittoria ai Mondiali di calcio in Spagna del 1982, quella passata alla storia per il gol e l’urlo di Tardelli e la partita a scopone con il presidente della Repubblica Sandro Pertini, in aereo, nel viaggio di ritorno, ndr) e Roberto Mancini il talentino di cui tutti parlavano. Dalla tribuna stampa ascolto l’annuncio dello speaker che mi richiama in sala stampa, nel ventre dello stadio, per una comunicazione urgente. Vado alla cornetta e c’è il collega Romolo Acampora dalla redazione di via Chiatamone. Mi segnala che il Napoli ha avviato la trattativa per l’acquisto di Maradona. L’argentino è a New York con il Barcellona e tu domani sarai lì, facci una bella intervista», mi dice. In realtà Dieguito è nel New Jersey allo Sheraton. Io entusiasta lascio il Canada e volo per la Grande Mela. Prendiamo un taxi pilotato da un ex pugile polacco un po’ suonato. Arriviamo in albergo e ho un vero e proprio colpo di fortuna: becchiamo Maradona all’ingresso dell’hotel. Ci avviciniamo con una password: Gianni Di Marzio (che lo scoprì per primo e lo propose al Napoli due anni prima), ci ha detto di salutarti, gli diciamo. Diego si concede, l’intervista è ricchissima. All’epoca non c’erano telefonini e faccio una collect call , una chiamata a pagamento del destinatario, al giornale. Riccardo Cassero è felice, Acampora esulta».

La Catalogna intanto aspetta e Franco con una serie di colleghi vola per la Ciudat Condal: «Io e i miei colleghi diventiamo trottole. Il presidente Núñez, il vice Casaus, il proprietario di alberghi e giornali Gaspart ci fanno impazzire. Ci sono fax fasulli o trabocchetti, le attuali fake news da verificare con il tesoriere del Barcellona Tusquets a firmare comunicati stampa. Arriva anche il presidente Corrado Ferlaino e il direttore generale degli azzurri Antonio Juliano a provarci ma Núñez non lo vuole lasciare partire tant’è che Cysterpiller ci segnala di prendere il messicano Hugo Sanchez che “Totonno” valuterebbe solo se Luisito Suarez avallerebbe la cosa. Dino Celentano da Napoli incoraggia la trattativa per il Pibe e il tandem Juliano-Ferlaino non demorde».

Poi in un giorno della quarta settimana del soggiorno di Esposito in Catalogna arriva la luce in fondo al tunnel: «È il trenta giugno dell’84, anzi no è il primo luglio, sono le 2,30 del mattino. Ferlaino tira fuori il colpo di genio, l’invenzione all’alba. Il plico fasullo contenente cartaccia con quello contenente il contratto vero che ci mostra. Dodici miliardi al Barcellona e ottocento milioni all’anno per il Pibe de Oro. Diego Armando Maradona è del Napoli. Vinciamo tutti nell’hotel Princesa Sofia dopo una scorpacciata di granchi a Casa Gallego: il formidabile Antonio Juliano, l’ingegnere Ferlaino, il silenzioso ottimista Celentano e i miei straordinari colleghi, tutti sinceramente bravi. Io felicissimo vado a braccio col dimafono che mi ascolterebbe per ore».

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