Addio a Giampiero Galeazzi, colui che definì Napoli la sua Terra Felix e raccontò le imprese di Maradona e degli Abbagnale

12.11.2021
18:52
Alessandro Marrazzo

Ci ha lasciato Giampiero Galeazzi, giornalista sportivo che ha segnato un'epoca.

E' morto all'età di 75 anni Giampiero Galeazzi! Con lui se ne va un pezzo del giornalismo italiano, quello vero, sincero...sentito.

Galeazzi era uno che lo sport lo aveva praticato e sapeva raccontarlo. La commistione tra la sua competenza e la sua passione, ha reso le sue telecronache delle pietre miliari del giornalismo sportivo.

Giampiero Galeazzi e Diego Armando Maradona

Dal canottaggio al tennis, passando per il calcio, è da considerare un precursore del giornalismo moderno.
Un uomo, che per suo stesso dire, deve parte del suo successo alla città di Napoli, a cui è sempre rimasto legato, come per una sorte di riconoscenza.
 

Celebri i suoi racconti delle imprese nel canottaggio dei napoletani fratelli Abbagnale e del primo scudetto del Napoli nel 1987.
Tutti ricorderanno la sua presenza negli spogliatoi del San Paolo quel 10 maggio di 34 anni fa con la camicia completamente inzuppata, nel delirio generale, mentre Maradona continuava a chiamarlo 'Galeassi' con il suo modo zoppicante di pronunciare le doppie, tipico degli argentini.

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Giampiero Galeazzi e Roberto Baggio

Tra mille difficoltà per qualsiasi cronista in un momento tanto particolare, cedette il microfono a Diego, che dopo aver intervistato i compagni, passò ad intervistare proprio lui. Una scena che racconterà spesso, quasi a voler aggiungere qualcosa a quelle immagini che parlavano da sole.
 

"Ho legato molto la mia fortuna professionale alla città di Napoli. Ho seguito le vicende di Maradona, le imprese di mister Bianchi e i campionati del mondo dei fratelli Abbagnale. Per me la Campania è una terra felix, il calore della gente mi spinge a tornarci sempre volentieri", ha spiegato Galeazzi in una intervista di qualche anno fa.

Da Reagan e Gorbachev a Maradona
 

Da inviato per la RAI allo storico summit di Reykjavik dell’ottobre 1986, dove Reagan e Gorbachev posero le basi per la fine della Guerra Fredda, allo spogliatoio del San Paolo in piena festa Scudetto un anno dopo.
Due situazioni completamente diversa gestite con grande professionalità e credibilità.
 

Ci lascia il ricordo di un calcio che non c'è più. Un calcio romantico, fatto di interviste ai calciatori nei tunnel prima dell'ingresso in campo e di lotte tra tifosi e colleghi per accaparrarsi il giocatore che usciva dal campo dopo la partita.

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Galeazzi con Rummenigge e Maradona

Un giornalismo fatto di imprevisti, sudate, cuffie, audio che andava e veniva e cavi, cavi ovunque da non calpestare.
Un giornalismo fatto di passione verso lo sport, trasmessa attraverso una voce inconfondibile, una passione che bucava lo schermo capace di far saltare sul divanoper una medaglia d'oro olimpica, anche chi non sapeva cosa fosse il canottaggio sportivo.

Un tennis che per la tecnologia del tempo era difficilissimo da seguire, in quelle tv con tubo catodico e l'antenna che tremava sul tetto ad ogni filo di vento.
Quella pallina non si sapeva mai dove fosse, figuriamoci a capire se fosse dentro o fuori. Eppure in quelle Coppa Davis c'era l'Italia, e ad ogni punto c'era il suo 'Alè azzurri' che ti teneva incollato al teleschermo.
 

Galeazzi era capace di racconti in cui la telecronaca non era il supporto alle immagini, ma l'esatto contrario.
 

Ci lascia il grande bisteccone nazionale. La sua voce ha raccontato le pagine più belle dello sport napoletano, e Napoli non lo dimenticherà.

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