Auriemma svela: "Napoli-Atalanta dell'85, fui arrestato allo stadio! Vi racconto..."

23.04.2019
17:00
Redazione

Surreale il racconto di Raffaele Auriemma, collega di Radio Marte e Mediaset, che ha svelato un suo arresto in un Napoli-Atalanta del 17 marzo 1985:

Quando Napoli-Atalanta si giocava di domenica, rigorosamente alle 14,30. Niente Boxing day e nemmeno la Pasquetta strozzata per una partita che serve solo ad allungare l’agonia di un campionato, la serie A, che non piace più a nessuno. Eppure questa sfida per me ha un valore molto particolare: per la prima ed unica volta fui arrestato allo stadio. Sì, proprio arrestato, con il vicequestore del commissariato di Fuorigrotta ad ordinare ai suoi uomini il più classico dei “prendetelo”. Qual era il reato commesso? Trasmettere in radio, a Radio Marte, la partita in questione, Napoli-Atalanta. Era il 17 marzo 1985, Diego si era appropriato dei cuori partenopei, facendo a pezzi quelli di tutti gli avversari, diventati ormai incalcolabili per il Napoli che aveva avuto l’ardire di andarsi a prendere il calciatore più forte al mondo e fargli indossare la maglietta azzurra, non quella a strisce dei potenti club del Nord. La nostra postazione era sempre la stessa, stadio San Paolo Tribuna Laterale (oggi è la Nisida), parte alta, quella più prossima alla Curva A, senza banchetto, senza una presa elettrica, senza la linea telefonica, senza (manco a dirlo) il monitor per rivedere le immagini. Unico conforto, il caffè borghetti che l’uomo con la vasca rossa a tracolla vendeva sugli spalti. Non fu una grande partita e Castellini si procurò pure un infortunio che lo costrinse dopo mezzora a lasciare il posto a Jurassic Di Fusco. L’Atalanta impazzava con la doppia chioma bionda di Stromberg e di Agostinelli: chi lo avrebbe detto che un giorno io e Andrea avremmo raccontato partite in tv, oltre ad essere ancora oggi opinionista nei programmi tv a Canale 8 Napoli. Di quella gara ricordo il baffo adunco di Rino Parletta, che mi aiutava come raffinato commento tecnico, palleggiandoci il microfono e la linea che gracchiava con il baracchino portatile. E poi il gol, un gran gol di Bertoni, che sbloccò il risultato di una partita molto equilibrata. Fine primo tempo, dalla borsa spunta il pranzo domenicale: frittata di maccheroni e Coca Cola in lattina. Al primo morsò partì una voce secca, da lontano, come lo schiocco di una frusta. “Eccoli, li abbiamo trovati finalmente!”, era l’inconfondibile, insostituibile ed indimenticabile Carletto Iuliano, lo storico ed inimitabile addetto stampa del Napoli, che da lontano urlava: “Eccoli là, finalmente li abbiamo trovati”. Non lo avevo mai visto di persona, però lo precedeva la fama di uomo integerrimo e severo nel suo lavoro. In quell’abito chiaro e gli occhiali dalla montatura pesante, Carletto marciava spedito, a dispetto della statura ridotta, precedendo la pattuglia di agenti. “Prendeteli”, fu l’imperativo di un omone alto e dall’aspetto periglioso. Soltanto dopo seppi che era il dottor Biagio Giliberti, nemico giurato di contrabbandieri e truffatori della peggior risma. Era il vicequestore che si occupava della sicurezza allo stadio e quel pomeriggio freddo e luminoso guidò i suoi uomini alla cattura di due pericolosi frequentatori dell’etere con il racconto sempre più appassionato della partite del Napoli. Pur sapendo che quella radiocronaca non era legittima, fummo sbalorditi per cotanta crudezza nel bloccare quel nostro commento che cominciava a fare proseliti tra i tifosi partenopei. Presi e portati in Questura, con sequestro delle attrezzature e consegna delle generalità, senza che ci fosse lo straccio di una denuncia. La pay tv non era ancora nei pensieri della Lega, i diritti appartenevano alla Rai, e soltanto uscendo dagli uffici di Piazzale Tecchio sapemmo che il Napoli aveva vinto 1-0, con quel gol di Bertoni. Quanto bastò per aggiudicarsi i due punti, lo avevano vissuto e raccontato. Ma due settimane dopo, Napoli-Ascoli, eravamo di nuovo al San Paolo, confusi tra la gente, stavolta nei Distinti e in barba a Carletto Iuliano e Biagio Giliberti. Volere è potere, l’emozione non s’arresta".

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