Cobolli Gigli: "Da juventino, non darei lo Scudetto senza la ripresa sul campo"

15.04.2020
23:40
Redazione

News calcio, Giovanni Cobolli Gigli ha parlato del campionato

Ultime calcio - Giovanni Cobolli Gigli, ex presidente della Juventus, è intervenuto in diretta nel corso di Stadio Aperto, trasmissione in onda sulle frequenze web di TMW Radio: "Solo due mesi fa non credevo che questo virus si sarebbe rivelato devastante, lascerà un segno indimenticabile nei ricordi di tutti noi".

Come giudica la dialettica e la politica del calcio con questo virus?
"Se intendete i presidenti, è ovvio che abbiano posizioni differenti, è sempre stato così. Sono stati tre anni e mezzo in Lega a contatto con personaggi di rilievo, e nelle riunioni non si faceva nient'altro che litigare, nel senso buono del termine. Altrettanto oggi: Lotito vuole vincere il campionato e fa di tutto per andare avanti, Cellino, che è uno furbo e ultimo in classifica, sembra voler fermare tutto. Ci sono dialettiche contrapposte ma si trova sempre una linea comune, e questa si esprime nell'ipotesi del 4 giugno, con poi un certo tour de force per le squadre, sia dal punto di vista del gioco che dal punto di vista della separazione sociale rispetto alle famiglie. La situazione è di estrema emergenza, e si cerca di trovare una soluzione, che ancora non è detto sia fattibile, per provare a salvare capra e cavoli, finendo questo campionato così da aver accesso anche alle varie coppe in futuro, che sono state posticipate. Sembrerebbe che la Serie A marci verso un'idea, mentre la B e ancor più la C sono in una situazione di stallo o con idee differenti. C'è interscambio di squadre tra la A e la B, e non capisco come vogliano studiare. Credo che dopo le tante beghe la Serie A ne uscirà ancora abbastanza unito, pur tra qualche mugugno, mentre trovo che se non si finisse la stagione non è corretto assegnare lo Scudetto. E parlo da tifoso della Juventus, chi è primo avrebbe potuto essere recuperato da altri. Ci sono interessi per miliardi di euro in ballo, capisco le osservazioni della Pellegrini, ma di certo c'è un maggiore interesse verso questo business".

Che ne pensa della proposta di tagliare gli stipendi ai calciatori?
"Mi pare che l'accordo tra Juventus e calciatori fosse corretto. Qualcuno dice che lo fa per salvare il bilancio, ma non credo: sono palliativi questi... Si tratta di alleggerirsi sugli stipendi, i giocatori hanno scientemente partecipato attivamente alla trattativa. Parliamo di persone che guadagnano un sacco di soldi. Un altro problema è che il mondo del calcio deve uscire da questa situazione mantenendo la regolarità dei campionati, ma ne uscirà inevitabilmente ridimensionato. Sia sugli stipendi che sui valori dei calciatori".

Le società devono prepararsi ad uno shock economico non indifferente?
"Sì, spero che lo facciano. Credo che Lotito, la Juventus, i più furbi pensino già a questa cosa. In più c'è la questione dei mancati incassi dalla biglietteria. I ridimensionamenti sono evidenti, le squadre incasseranno molto meno, i valori si ridurranno e non ci sarà più la stessa legge di domanda e offerta. A mio avviso la situazione, poi, era scappata di mano: valutare giocatori fino a 150-200 milioni di euro, con i chiari di luna che ci sono nel mondo, diventa una cosa illogica e immorale. Chi si è più spinto sulla strada di far crescere il fatturato per avere una squadra competitiva sia nel campionato che nelle coppe, si vedano ad esempio Inter e Juve, avrà più problemi da risolvere rispetto a un'Atalanta che ha fatto cose eccezionali con una squadra che costa molto meno a livello di ingaggi. I grandi avranno qualche problema".

Chiunque vincerà lo Scudetto, festeggerà poco.
"Intanto cominciamo dall'abbracciarsi e baciarsi di meno. Se l'avessero fatto di meno anche quelli della Juve durante la partita con l'Inter, forse ne avrebbero guadagnato. Nell'animo ci sarà l'orgoglio della vittoria, ma se ascoltiamo gli scienziati la situazione però si trascinerà ancora a lungo, con il rischio di scoppiare nuovamente. Dobbiamo avere una grande presa di coscienza in tutto il mondo, stavamo tutti vivendo sopra le nostre possibilità. Il mondo del calcio, in questo senso, eccelle".

L'Italia ha forse troppe squadre professionistiche?
"Una situazione del genere sarà meno sostenibile. Come tifoso ma anche come presidente, ho sempre visto la B, ma anche la C, come un elemento nel quale far giocare anche quei calciatori che un giorno arriveranno in Serie A: un banco di rodaggio. Credo che le tre categorie abbiano un loro valore, al di là del tifo, dal punto di vista di crescita e maturità nel mondo del calcio. Mi piacerebbe che i giocatori italiani avessero più spazio, l'Inter ha sempre giocato con quasi tutti stranieri, e ora pure la Juventus sta seguendo questa strada... I virgulti comparsi grazie al buon lavoro del ct Mancini promettono bene, e mi piacerebbe che il calcio italiano crescesse in questo senso: non è detto che con questa situazione si guardi maggiormente ai nostri vivai, e questo non sarebbe negativo. Se si arrivasse ad una faticosa stabilizzazione, avremmo un calcio meno spinto verso l'alto, che mantenga i valori sportivi e che sia più ragionevole da affrontare. Ormai solo presidenti con grande livello economico possono permettersi certe cose, alcuni ci hanno rimesso le penne nell'avere squadre di calcio... Si era un po' arrivati all'esasperazione. Per esempio, la proposta della Superlega di Agnelli portava a squadre che si misuravano investendo sempre di più. E gli investimenti stavano diventando estremamente difficili da sostenere, tranne che per chi ha il potentato arabo alle spalle. Spero che anche i giovani si rendano conto di tutto, serve un ridimensionamento generale di certi valori".

Un suo pensiero su Gravina.
"Credo che siano state messe persone giuste sia in Lega che in FIGC: che si intendano di calcio, ma soprattutto di gestione. Mi sembra un passo avanti importante, anche come relazioni esterne mi sembrano significativi, dotati della dignità che serve a rappresentare gli sport con la giusta autorevolezza anche all'estero".

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