Carlo Ancelotti a Mister Condò
Carlo Ancelotti a Mister Condò

Ancelotti: "De Laurentiis? Non l'ho mai sentito chiedere la vittoria ma lo spettacolo. Napoli destinato a crescere, in futuro potrò andare all'estero. Sul razzismo…"

01.09.2019
00:00
Redazione

Intervista di Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli, a Paolo Condò ai microfoni di Sky Sport

Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli, ha rilasciato un'intervista ai microfoni di Sky Sport, nel prrogramma curato da Paolo Condò. Tanti temi affrontati dal tecnico del Napoli, di seguito le sue dichiarazioni integrali. 

Brillanti risultati allenatore e giocatore, dove pensi di aver fatto meglio?

"Difficile dirlo, mi vedevo con molti più limiti da giocatore e non da allenatore perchè il calciatore è molto più responsabile di sè stesso, nel senso che se uno gioca bene o male si vede. Da allenatore puoi mascherare di più i limiti. Quindi mi sento con meno limiti da allenatore. Da giocatore mi vedevo lento, a volte poco lucido. 

Ti capita di avere nostalgia di quei tempi?

"No, non sono un tipo nostalgico. Ho fatto tutto quello che dovevo fare da giocatore ed ho beccato il periodo giusto in tutte le squadre dove sono stato".

E' corretto dire che l'allenatore Ancelotti nasce con Sacchi ma col tempo si riavvicina al primo maestro Liedolhm?

"A livello caratteriale Nils è stato molto importante. Quando sono arrivato a Roma avevo 20 anni e mi ha aiutato molto nella mia formazione come giocatore e professionista ed è stato molto attento a me a livello personale sia negli allenamenti che nella vita privata"

Ti capita di dire una cosa ai tuoi giocatore e pensare questa l'avrebbe detta anche il 'Barone'?

"Sì, mi piace utilizzare, anche se in maniera diversa la sua ironia. Era un personaggio sempre molto calmo, tranquillo e ironico. Non dava molta importanza all'evento della partita. Si riusciva ad arrivare all'evento in maniera troppo nevrotica come a volte succede spesso adesso. A volte non si poteva nemmeno parlare nello spogliatoio, adesso c'è la musica ad alto volume. Non mi piace che la squadra mi arrivi al match con troppa tensione e pressione. L'allenatore deve essere bravo nel gestire queste situazioni. Se vede la squadra troppo rilassata deve intervenire o troppo nervosa cercare di rilassare l'ambiente. Nils faceva raccontare le barzellette al dottor Alicicco che era un personaggio molto simpatico. Raramente Liedolhm parla di tattica nello spogliatoio"

Gli anni alla Roma

"Il mio riferimento era Falcao, ovviamente da centrocampista. Dopo è arrivato Cerezo, lo stesso Di Bartolemi e Prohaska un esempio importante per come gestiva il gioco e le partite"

Sacchi fece su di te un investimento folle contro il parere medico del prof. Monti che ti reputò non integro al 100%, anche Berlusconi aveva dei dubbi. Arrigo ti nascondeva alcuni test atletici...

"Mi raccontava le bugie, ma lo vedevo che ero più lento di Van Basten e meno veloce di Baresi. La prima volta che mi chiamò Berlusconi mi disse: 'Ma lei è sicuro di star bene?'. Risposi ovviamente di Sì. Le ginocchia erano a posto in quel periodo, nelle stagioni precedenti avevo giocato 55 partite di fila".

Il gol a cui sei più legato è il primo di Milan-Real Madrid...

"Giocai a centrocampo a sinistra perchè c'era l'infortunio di Evani e prima dell'inizio c'erano dubbi di formazione perchè poteva giocare Chicco e Rijkard al posto mio".

Van Basten, Gullit e Rijkard giocherebbe titolari in tutte le squadre più forti del mondo adesso?

"Sì, soprattutto per la personalità che riuscivano a dimostrare. Primo di tutto era Gullit, Marco aveva un talento esagerato. Frankie era un timido fuori ma in campo aveva grandissima personalità. Mi sono divertito molto a giocare con loro. Era il modo in cui giocavamo, perchè il pressing ci dava tanta energia e tante volte quando l'arbitro fischiava la fine pensavamo 'è già finita'?"

La prima esperienza con Sacchi da vince ad Usa '94. Cos'hai detto a tuo figlio?

"I consigli che gli ho dato sono frutto di quel periodo in cui sono stato assistente con Sacchi. Fino a pochi mesi prima ero stato compagno di squadra di tanti di quei giocatori. Alcuni dicevano 'basta con questi allenamenti, 11 vs 0' ed io dicevo 'Calma, tranquilli'. E quando Arrigo mi chiedeva come vanno gli allenamenti gli rispondevo 'Tutto ok, sono contenti' (ride, ndr)".

Baggio ai mondiali negli Usa.

"In quel momento lì il secondo assistente era Carmignani, io ero il terzo. Ero in tribuna e facevo lo scouter. Io ero in tribuna con un ragazzo della Federazione che aveva un computer e praticamente faceva uno scout orale. Tutta la partita facevo quello, era una roba grossa. Quando Sacchi sostituì Baggio non pensai che fosse matto, la scelta di tenere in campo Casiraghi si rivelò giusta perchè potevamo sfruttare le palle lunghe. Fu un cambio sorprendente, ma finì lì"

La prima esperienza da allenatore fu a Reggio Emilia, partenza shock e ultimo dopo 7 partite. La società ti mise in discussione?

"Avevamo una squadra da promozione, nelle prime 7 partite avevamo 3 pareggi e 4 sconfitte e c'era la partita determinante contro il Venezia di Marchioro. Abbiamo vinto facile ed è iniziata la cavalcata. Penso comunque di essere stato in discussione. La buona nomea che avevo da calciatore mi ha aiutato a tirare avanti. Sono stato in discussione parecchie volte, non solo a Reggio ma anche a Parma il primo anno dove siamo partiti malissimo. Lì a dicembre c'era aria di esonero tanto che ci fu una cena di natale a casa Tanzi e i dirigenti dicevano bisogna vincere a Milano col Milan perchè il pareggio non può bastare. E sono stato tutta la cena a trattare dicendo ' Tenetemi, anche se pareggiamo' (ride,ndr). Fu una cosa buffissima, alla fine col mio staff riuscimmo a strappare il pari a San Siro. Arrivammo in hotel la sera prima e convocai tutti i miei collaboratori per il brindisi convinti che ci avrebbero cacciato. E invece vincemmo con gol di Stanic".

A Parma costringesti Zola ad un ruolo sub alterno e dicesti no a Baggio per il tuo 4-4-2...

"Tutto vero. Mi sono pentito, scelte frutto di inesperienza. La parte finale di carriera da giocatore e inizio da allenatore con Sacchi non avevo la conoscenza per addentrarmi in altri sentieri e allora sono rimasto su quello che conoscevo bene sacrificando la qualità della squadra. Il Parma con Baggio sarebbe stata qualitativamente migliore. Da lì ho iniziato a cambiare sistema fermamente convinto che non c'è un sistema vincente, ma quello che conosci meglio o peggio. Un allenatore deve adattare il sistema ai giocatori che ha. La cosa più importante del gioco è il calciatore, non l'allenatore. Il giocatore deve stare dentro al campo comodo, si deve sentire bene e nella posizione giusta e non sacrificarsi al sistema. Il sistema si deve adattare alle caratteristiche dei giocatori che hai.  Quel periodo lì pensavo esattamente il contrario, ho iniziato a cambiare alla Juve dove c'era Zidane che era uno dei giocatori più importanti in Europa. Era il classico trequartista. Ho iniziato a giocare prima con 3 difensori, poi col rombo a centrocampo".

Retroscena Guardiola al Parma...

"Cercavamo un centrocampista centrale e lui aveva dato la disponibilità e poi dopo la trattativa rimase al Barcellona e virammo su Bravo che non era Guardiola. Misi Sensini a fare il centrocampista".

Bucci e Buffon al Parma, perchè decidesti di puntare poi su Gigi?

"Bucci era il portiere della Nazionale, ma Buffon aveva un talento unico e tanta qualità. A quei tempi si tirava ancora molto da fuori e aveva una sicurezza e un posizionamento tra i pali unico".

Zidane, Conte, Del Piero... come fu l'approccio?

"Buono, come del resto con tutti i giocatori nelle mie varie esperienze. Mi ha aiutato il fatto che sono stato calciatore anch'io ed ho vinto tanto. E' riconosciuto da tutti, alla Juve sono stato accolto con molto rispetto da parte dei giocatori nonostante fossi molto giovane".

Il rapporto con Zidane come si è evoluto nel tempo?

"Zizou è sempre stato un ragazzo straordinario, molto timido da giocatore, parlava molto poco. Anche da assistente, ma avevamo un rapporto molto più diretto e continuativo poichè giocatore-allenatore non è che ci si parlava tutti i giorni proprio perchè era introverso. Zidane ha sempre mostrato molto carisma, soprattutto nel suo modo di approcciarsi. Da calciatore non è riuscito a dimostrare tutto quello che aveva ed ha fatto tanto, per le qualità che aveva secondo me avrebbe dovuto fare molti ma molti più gol soprattutto nel campionato italiano".

Se Zidane ha preso qualcosa da me?

"Ogni allenatore mette il suo, prende esperienza da tutti e poi dopo gestisce attraverso le proprie idee. Un anno da mio assistente l'ha aiutato molto, ha imparato tante cose ma poi dopo le situazioni le devi gestire col tuo carattere che è diverso l'uno dall'altro.  Ad esempio se un giocatore si lamenta perchè gioca poco, c'è chi fa il duro o lo tratta con più compresione. La gestione personale dipende dal carattere delle persone".

L'avresti mai detto che avrebbe vinto tre Champions consecutive?

"Al Real Madrid sì, perchè sapevo quanto era stimato e riconosciuto dall'ambiente quando era mio assistente dai giocatori. Il rispetto dei vari Ramos, Casillas, Ronaldo credo che quella è stata la chiave".

Rapporto con i tifosi Juve, Perugia ha inciso e segnato?

"Sicuramente la vittoria dello Scudetto a Perugia avrebbe rassenerato l'ambiente, invece dopo quella sconfitta si è incancrenito ancora di più. La delusione portò la società a decidere di cambiare".

Ci fu per un periodo un'etichetta che ti affibiarono da eterno secondo. Ti diede fastidio?

"No. La delusione di non aver vinto alla Juventus c'era, però credo di aver fatto il massimo per la Juventus di quel periodo. Era una squadra ottima ma che il ciclo erafinito. Tanto che fu ceduto Zidane e arrivarono Thuram, Buffon e Nedved, fu cambiata la fisionimia della squadra e si tornò a vincere velocemente".

La chiamata del Milan dopo soli pochi mesi di gestione Terim fu qualcosa di atteso?

"No. Il Milan è stata casa mia ma anche a Roma da giocatore mi sono trovato molto bene. Fu inattesa perchè lo stesso giorno dovevo firmare con il Parma e sfumò per pochissimi dettagli. Mentre stavo andando a firmare materialmente per il Parma mi chiamò Galliani e arrivai in rossonero. Non mi sono comportato benissimo nei confronti del Parma e lo riconosco, ma il richiamo era forte".

Un giorno si dirà Ancelotti è questo, l'albero di Natale...

"E' stata diciamo un'invenzione diciamo così, dettata dalla grande qualità che avevo in quel periodo. C'era anche la cultura e la storia che mi spingevano a mettere giocatori di qualità. Quel periodo lì avevamo Rui Costa, Rivaldo, Seedorf, Pirlo e c'era solo il povero Rino Gattuso che correva per tutti. Un giorno dissi proviamo a metterli tutti. La chiave è stata sicuramente Pirlo. Il primo albero di Natale fu a La Coruna per cercare di difendere meglio. Loro avevavano due grandi centrocampisti centrali di qualità ed io avevo optato per fare una marcatura su di loro con due trequartista. Non nasce come un'idea offensiva ma difensiva".

Liverpool, una tragedia e una grande rivincita...

"Quella partita del 2005 non l'ho mai più rivista. Mi è capitata di rivederla poco tempo fa ma per caso facendo zapping su Sky, l'ho guardata con grande attenzione ed evavamo fatto una grande partita nel primo tempo. Ma anche nel secondo e nel supplmentare. Il Liverpool è arrivato ai supplematari che avevano finito la benzina e perdevano tempo. Poi arrivamo ai rigori e la partita è persa"

Hai pensato li vorrei ritrovare come accadde dopo due anni?

"Sì. Facemmo il tifo sfrenato nel 2007 nella semifinale col Chelsea perchè li volevamo incontrare in finale. Perchè non è che ti può andare sempre male. Quella del 2005 l'avevamo considerata come un segno del destino avverso, un'ingiustizia".

Quale delle due Champions tra quella vinta con la Juve e con Liverpool ti ha dato miglior sapore?

"Quella del 2003 senza ombra di dubbio, perchè era la mia prima vittoria e fu cancellata l'etichetta di eterno secondo. Nel 2007 avevamo già vinto".

Prima tappa in Europa col Chelsea col double. Che succede al secondo anno in cui capisci che Abramovic non è più così entusiasta?

"Non lo so, è capitato. E' uno che parla poco e non ho mai avuto discussioni. E' stato un rapporto che è scemato nel tempo. E' stato interessante il dettaglio dei colloqui che ho avuto con la dirigenza blues, ci siamo incontrati almeno 8 volte prima della firma. Mi chiedevano come giocassi, come mi rapportavo con chi non giocava ed è stata una buona esperienza. La società ha fatto bene ad informarsi, non ti puoi fidare e prendere un allenatore solo in base alle vittorie. In Inghilterra è stata una bellissima esperienza".

I giocatori più forti di quel Chelsea?

"Terry, Drogba, c'era Essien in quel momento in una forma strepitosa, Ballack, Lampard, Malouda. Avevamo una squadra molto forte, facemmo più di 100 gol, era una macchina da guerra".

L'approdo al Psg...

"Una società con grande carica ed energia che aveva voglia di rinnovare e prendere grandi giocatori e di costruire un nuovo progetto. Eravamo una società che mi dava una grandissima motivazione. Quando arriva l'offerta del Real Madrid io avevo già rotto col Psg, a febbraio. Me ne sarei andato al 100%. Tutti pensano perchè allettato dal Real, ma se mi trovo bene in un posto perchè scegliere altri posti. Real Madrid, grandissimo rispetto, ma non è che avevo tutta questa necessità di allenarlo per forza. E' capitato. A Parigi mi trovavo bene coi giocatori, con Ibrahimovic".

Cosa vuol dire allenare Ibrahimovic?

"E' la cosa più divertente del mondo. Non hai nessun problema a livello caratteriale e di personalità, serietà. Ti fa divertire. Un giorno parlavo con cui di Crespo e mi rispose: 'Sì, è stato un grande attaccante, ma non fa la differenza. Quest'ultima la fanno solo tre: Messi, Ronaldo e Ibra'. Lui potrebbe anche ritornare, fa ancora la differenza. Può giocare fino a 50 anni. Se a Napoli lo prenderei? Certo che lo prenderei! Costa troppo, se viene con lo sconto lo prendiamo. Potrebbe venire anche gratis, ma Ibra non viene gratis"

Approccio con Ronaldo..

"La sua immagine da fuori sembra di un uomo da extraterrestre, da dentro è un ragazzo che va d'accordo con tutti e focalizzato su quello che fare in campo. Sono giocatori che alleni con molta facilità. Ronaldo non lo devi forzare a giocare in una determianta posizione, il suo spazio ce l'ha e se l'è creato nel tempo in questa posizione di ibrido esterno e non lo devi provare a forzarlo. Io c'ho provato un po', da centravanti. Gli dissi se giochi al centro hai più possibilità di vedere la porta, ma mi rispose da sinistra vedo sempre la porta. Telefonata con lui la scorsa primavera? No, ci siamo visti soltanto nelle due partite giocate col Napoli contro la Juve ed anche prima che venisse in Italia. Girava voce che mi voleva alla Juve? Già  ci sono stato..."

Problemi al Bayern col cambio generazionale..

"E' molto più facile cambaire quando le cose vanno male, quando le cose vanno bene è più difficile far accettare i cambiamenti. Come quello che è successo a Napoli. Quando vai sul campo e comandi le partite col possesso, controllo del gioco cercare una strada diversa quando sei comodo è difficile.  Primo anno con l'aiuto con Rummenigge le cose sono andate molto bene, il secondo col ritorno di di Hoeness si sono complicate perchè era il momento di ringiovanire non solo la struttura della rosa ma anche del lavoro della metodologia. E' stato uno scontro filosofico.  Alla fine ha vinto la conservazione, perchè portare avanti un rapporto quando c'è troppa diversità. Si può discutere sull'impiego di un giocatore, ma quando si arriva a scontro di filosofia... Il calcio tedesco era riconosciuto perchè le squadre non mollavano mai, forti fisicametne, ma il calcio è cambiato".

Scelta Napoli...

"Tu pensi che il presidente De Laurentiis faccia delle ottime offerte? (ride, ndr). Ho scelto Napoli soprattutto per la voglia di tornare in Italia, ma penso che in futuro potrò ancora andare all'estero. Napoli perchè avevo voglia di tornare e perchè in Italia non c'erano così tante squadre dove andare. E poi sicuramente il progetto della società, la squadra mi piaceva. Il Napoli di Sarri  mi piaceva molto per caratteristiche, ho visto una squadra che può crescere, migliorare e vincere in Italia. Non so in quanto tempo, ma secondo me è una società destinata a crescere".

Maradona il giocatore più forte mai visto?

"Quello più forte con cui ho giocato contro sì. Secondo me è stato il giocatore più temibile a marcare anche a zona. Cercavo di fermarlo e dargli qualche colpo, ma è stato sempre un giocatore corretto e non si è mai lamentato.  Quel Napoli era una grande squadra e che ambiente, Quando venivamo a giocare qua era incredibile, cercavano di disturbarci durante la notte e nel tragitto verso lo stadio, poi in campo c'era grande rispetto e ci applaudirono perchè meritammo di vincere. Erano bei duelli, c'era rivalità sportiva e niente altro, niente odio e violenza. Solo grandi squadre che si affrontavano".

Allenare la squadra di Napoli diventi un pò più paladino, soprattutto sul razzismo...

"Napoli è presa di mira, ma è un problema generalizzato. La violenza, l'insulto fa parte solo del nostro calcio, non c'è più da nessuna altra parte. Siamo diventati antichi, dobbiamo cambiare e modernizzare. E' un a brutta roba. Soprattutto per chi è stato all'estero non è normale. Questo deve finire, il fatto di andare allo stadio con la polizia non va bene".

Come è stato ritornare in un campionato polemico?

"La Var ha ripulito in parte dalle polemiche che ci sono ancora come è normale, ma la rivalità deve essere mantenuta perchè questo paese è cresciuto sulla rivalità sui campanili".

Berlusconi e ADL, imprenditori dello spettacolo...

"ADL è uno dei pochi presidente che ha rispetto del mio lavoro, nel senso che chiede le formazioni ma non mette mai la sua voce dentro. Chiede informazioni, gli piace chiedere info per il suo modo di lavorare ma si ferma lì. Più di ogni altro ha grande rispetto per quello che faccio. E' un grande imprenditore e attento all'andamento della società, Napoli club sano. Non chiede la vittoria, non l'ho mai sentito chiedere oggi dobbiamo vincere ma dare bello spettacolo, fare una bella partita e cercare di rendere felici i tifosi".

Sarri alla Juve ti facilita il lavoro?

"Qui a Napoli no. Il mio lavoro è facile e non complicato, mi diverte"

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