Izzo: "Ho fatto sacrifici, non voglio sprecare il sogno serie A. Io l''ignorante' che non doveva sapere, mai avuto patti con questi criminali"

07.04.2017
14:10
Redazione

Oggi alle 14 Armando Izzo, difensore del Genoa, tornerà con il legale De Rensis davanti ai giudici del Tribunale della Federcalcio per difendersi da accuse pesantissime: doppio illecito sportivo, con richiesta di 6 anni di squalifica. Queste le sue parole a La Repubblica:

Izzo che cosa prova a vivere il rischio di perdere tutto?«Io non sono nato col papillon, ho fatto tanti sacrifici, sto onorando il sogno di mio padre, giocare in serie A. Non voglio sprecare un dono di Dio e non voglio che qualcuno me lo porti via. Quando ho perso mio padre, ho smesso di giocare. Alla fine il mio agente Paolo Palermo e il Napoli mi hanno dato dei soldi, uno stipendio. Ma non avevo nemmeno delle scarpe, una volta per la corsa ne presi un paio nello spogliatoio, erano più grandi. Mazzarri mi vide e diede dei soldi al preparatore per andarmene a comprare un paio. Un gesto stupendo». Leviamoci subito un sassolino: all’apertura del processo la procura federale le ha contestato di aver “mentito”: a loro lei disse di non essere stato a cena con Accurso, un boss alla Gomorra. Alla Dda di Napoli invece lo ha ammesso. Ce lo spiega?«Certo. Al primo interrogatorio in procura federale non mi ricordavo, frequentiamo mille locali a settimana, non ricordavo di essere stato lì, non c’ero mai stato né prima né dopo. Il pm invece mi ha citato un episodio, in cui Millesi, il capitano, che era lì quando sono entrato è sbucato da un angolo facendomi uno scherzo. Allora mi sono ricordato. Sono stato 20 minuti, mi aveva chiamato Pini. Da lui compravo orologi e gioielli per mia moglie e mia mamma...». Invece poi l’ha accusata...«Ha raccontato cose assurde su di me per provare a uscire dal carcere. Le due gare sotto accusa non le ho giocate. E anche le due precedenti. Avevo una cicatrice con edema, al mister Rastelli ho detto: “mister, non ce la faccio”. Lo conferma anche lui che ho chiesto io di non giocare. Se avessi avuto un patto con questi criminali come avrei potuto tirarmi indietro? Con i miei fratelli a Scampia, potevo mai mettere a rischio la mia famiglia? Siamo pazzi? Parliamo di criminali veri, lo dicono le carte». Lei conosce le carte?«Le ho lette tutte. A un certo punto Pini dice addirittura che le partite non sono state truccate e che forse era un tentativo di truffa. Ma di cosa parliamo? Per le combine fanno dodici incontri. Tutti senza di me. Dicono che la partita con la Reggina la devono fare i senatori e che l’ignorante, cioè io, non deve sapere niente». Ma lei sapeva chi fosse il boss Antonio Accurso?«Stando nel quartiere i nomi si conoscono. Ma sapere chi fosse non vuol dire nulla: sono orgoglioso di essere di Scampia, mamma lavorava per pulire le case a 6 euro l’ora. E io ho sempre cercato di evitare certa gente. Ho quattro fratelli, non rispondo per chi viveva intorno a me. Ma noi siamo stati cresciuti con dei valori, il tempo sarà galantuomo».
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