
IPTV illegali: stretta contro lo streaming illecito, ecco cosa cambia
Negli ultimi anni, l'uso delle Iptv illegali è stato una vera e propria spina nel fianco, che ha visto la Lega Serie A e i propri licenziatari impegnati in un instancabile lavoro di monitoraggio della rete e di promozione costante di iniziative giudiziali d'urgenza.
Al Tribunale di Milano si è così dato vita ad una prassi ormai consolidata: quando si accerta una violazione dei diritti audiovisivi attraverso determinati server (riconducibili a specifici nomi a dominio ed indirizzi Ip), viene di volta in volta imposto alle principali Telco nazionali un ordine di blocco, tanto a livello Dns quanto a livello Ip, dell'accesso degli utenti a tali servizi illegali. Il blocco è valido anche per i nuovi nomi a dominio ed indirizzi Ip che eventualmente dovessero, in futuro e ad aggiramento del blocco stesso, rimandare ai medesimi server ed ai medesimi soggetti responsabili.
Da questo tipo di attività nascono le disposizioni dell'articolo 2 della nuova legge, con cui si prevede che Agcom (l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) sia l'autorità deputata ad emettere ordini di inibitoria ancora più ampi di quelli appena descritti.
La novità non sta tanto nella possibilità di ordinare la disabilitazione dell'accesso mediante «il blocco dell’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi Ip univocamente destinati ad attività illecite» – cosa che il regolamento Agcom contenuto nella delibera 680/13/Cons già prevedeva (o comunque non limitava), ancorché di fatto l'Autorità non abbia mai sfruttato tale facoltà –, quanto piuttosto nelle tempistiche di reazione imposte agli Isp (30 minuti) e, soprattutto, nel fatto che l'autorità è espressamente incaricata di ordinare «anche il blocco di ogni altro futuro nome di dominio, sottodominio, ove tecnicamente possibile, o indirizzo Ip, a chiunque riconducibili, … che consenta l’accesso ai medesimi contenuti diffusi abusivamente e a contenuti della stessa natura» (articolo 2, comma 2).
uesta disposizione consentirà dunque ai titolari dei diritti di agire solamente una volta per ogni tipologia di contenuto audiovisivo. Dopodiché, ogni ulteriore nome a dominio o indirizzo Ip identificativi di server, «a chiunque riconducibili», attraverso i quali sia consentito l'accesso a «contenuti della stessa natura» sarà automaticamente “coperto” dallo stesso provvedimento originario e potrà essere fatto oggetto di blocco su semplice aggiornamento, da parte dei titolari dei diritti, dell'elenco dei nomi a dominio ed indirizzi Ip interessati, tenuto dall'Agcom (articolo 2, commi 3 e 4).
Per rendere il più efficiente possibile lo svolgimento delle operazioni di aggiornamento, è prevista la creazione di un “tavolo tecnico”, partecipato dai diversi soggetti interessati dalla procedura, dedicato alla definizione «degli strumenti necessari a consentire la disabilitazione dei nomi di dominio o degli indirizzi Ip», mediante la predisposizione di una «piattaforma tecnologica unica con funzionamento automatizzato per tutti i destinatari dei provvedimenti di disabilitazione» (articolo 6, comma 2).
In altre parole, basterà che i titolari dei diritti “carichino” su tale piattaforma i nuovi nomi a dominio e gli indirizzi Ip perché questi siano automaticamente oggetto di blocco (che quindi potenzialmente avverrà ben prima di 30 minuti) da parte di tutte le Telco nazionali.
Si può dunque affermare che con la legge appena promulgata e le modifiche al regolamento Agcom che ne seguiranno (già adottate con la delibera 189/23/Cons del 27 luglio, in via di pubblicazione), anche in Italia sarà finalmente introdotta la tanto invocata superinjunction di modello anglosassone. Soluzione di dimostrata efficacia (oltre Manica), ma la cui adozione finora si era scontrata con l'aspra opposizione delle Telco italiane e la reticenza dei Tribunali ad estendere l'ambito dei provvedimenti di inibitoria oltre i confini delle violazioni (successive all'emanazione dei singoli provvedimenti giudiziali) che non fossero riconducibili non solo «ai medesimi contenuti illeciti» ma anche «ai medesimi soggetti responsabili» (Tribunale di Milano, ordinanza 10 giugno 2019).
È dunque una legge evidentemente necessaria, i cui risultati dipenderanno molto dall'implementazione che ne sarà fatta e, quindi, principalmente dal tipo di soluzioni tecniche che saranno individuate con la collaborazione ed il contributo di tutti i soggetti interessati.