De Laurentiis tra successi e mancati silenzi: come si è rotto il rapporto con i tifosi

11.09.2019
19:00
Pasquale Cacciola

Un'aria pesante, non dichiarata ma percettibile. Nessuno sa perché. O forse sì. La città e Aurelio De Laurentiis, un rapporto mai davvero sbocciato e che ancora fatica a decollare. Il Napoli continua a scrivere pagine di storia e ad aggiornare i suoi annuali - pur non vincendo ancora - eppure la città è perfettamente spaccata. Aureliani e anti aureliani. O l'uno, o l'altro. Non c'è via di mezzo. Chi ne promuove le azioni e i risultati piuttosto tangibili, e chi invece ne critica ferocemente la mancata vittoria dello scudetto.

Puntuale, sempre ruvida e diretta, è la replica presidenziale. L'ultimissima è arrivata oggi dalle colonne del Corriere dello Sport: 

"Purtroppo io credo che nella città di Napoli si viva di grande invidia per il nord e che esistano molti tifosi juventini, milanisti e interisti. Dovrei forse comprare il Milan per accontentarli? La mia è una provocazione perché amo Napoli più di ogni altra cosa". 

La squadra migliora di anno in anno, il club cresce eppure - vuoi o non vuoi - la città resta una polveriera. Puntualmente. La domanda sorge spontanea: perché? L'escalation in questi 15 anni, al netto della gestione virtuosa e dei diversi errori, è stata incredibile. Mai una frenata o una discesa, ma solo e un'asticella che si è alzata sempre di più. Il problema però è la vittoria che il tifoso vuole. Giustamente anche, ma pretesa come non mai. E così si finisce col perdere lucidità, ragionevolezza e affezione. Perché solo così, per esempio, si spiega l'ennesimo flop abbonati malgrado un San Paolo rimodernizzato nel minimo della decenza e soprattutto con prezzi stracciati. 

Un tris James, Lozano e Icardi avrebbe riempito lo stadio, certo. Ma non può essere solo una follia da sceicco a riempire quel tempio sacro che traboccava già in Serie C. E follia o non follia, va comunque considerato che De Laurentiis ci ha provato per tutti profili citati. Per quelli e altri ancora. Come la mega offerta da 80 milioni per Nicolas Pépé con tanto di blitz a Dimaro degli agenti. Se poi il giocatore sceglie l'Arsenal e il fascino della Premier League, poco ci può fare ADL. Idem James: se Florentino Perez ha preferito darlo al Bayern Monaco in prestito biennale e non al Napoli, dove vi sarebbe arrivato da svalorizzato, non può farci molto De Laurentiis che nel frattempo, addirittura, ci ha provato anche per Romelu Lukaku. 

Per non parlare di Mauro Icardi. L'argentino, a rischio collasso carriera,  ha ricevuto un'offerta senza precedenti dal Vesuvio con tanto dei famigerati e intoccabili diritti d'immagine. Se quest'ultimo ha preferito l'incognita PSG e Ligue 1, rinunciando a una piazza pronto ad adorarlo ed esaltarlo, non c'è molto da dire. Poi sia chiaro: di errori da parte del presidente di certo non mancati. In questi anni e probabilmente anche in questa sessione. Ma errare humanun est, e mai come quest'anno, poco gli si può rimproverare poco se non i soliti limiti strutturali della SSC Napoli evidenziati ormai da anni.

Il presidente ha la sua mentalità, la sua rigidità e i suoi capricci. Ma anche questi sono stati la chiave del successo di questi anni. Oneri o onori, bisogna raccogliere tutto. Ha portato Carlo Ancelotti in azzurro - impensabile e delirante fino a due anni fa -, e ha trattenuto tutti i big per l'ennesima volta e ne ha portati anche altri. Sarebbe stato facile, facilissimo, sfasciare e incassare in questi anni o piazzarne almeno un paio in quest'ultimo. Dopo Andrea Agnelli, c'è De Laurentiis al momento. 18 tifoserie su 20 in Serie A, nonostante difetti e mentalità singolare, lo prenderebbero subito come presidente. Come quel "magari" pronunciato oggi dai milanisti, rinchiusi nell'anonimato totale ormai da anni, e suggestionati dalla frase provocatoria dell'imprenditore romano. 

Capitolo stadio: dopo un anno imbarazzante sul piano media tifosi - per colpa sua - questa volta ha rilanciato con prezzi incredibilmente vantaggiosi. Risposta: 10.000 tessere vendute. E allora c'è un punto di non ritorno in questa vicenda, qualcosa che probabilmente va oltre la logica calcistica. Presumibilmente c'è un qualcosa di personale con De Laurentiis uomo più che presidente.

Se avesse parlato di meno in talune occasioni, o non l'avesse fatto proprio, sarebbe stato decisamente meglio. Dichiarazioni forti, spesso gratuite e fuori luogo, mai digerite dalla tifoseria. Dalla storia dei palloni ripetuta ad oltranza e i vari concetti di elemosina come "vi ho presi dalla merd**", "a Napoli funziona solo il calcio", e ancora "volete vincere? Allora tifate Juve", "i napoletani vogliono vincere e poi si fanno il pezzotto", e quel mai perdonato (e forse frainteso) "sono io il vostro Cavani".

Una mortificazione continua e mai tollerata, che si è trasformata in una guerra personale. Lì, probabilmente, è nata la frattura. Trascinata, peggiorata e mai guarita. Una guerra civile che rischia di inficiare anche sul campo, perché serve un corpo unito e compatto per vincere quella nazionale. E invece passano gli anni e si ricomincia. Via con una scintilla e il circolo vizioso riparte subito. Eppure quest'anno, a differenza e più di altri, sembrerebbe averci provato davvero... 

di Pasquale Edivaldo Cacciola 

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