Cdm - Piovono minacce per De Laurentiis dalle Curve del San Paolo, matrice ultras! E pensare che De Laurentiis stava per raggiungere lo stadio...

16.09.2014
14:00
Redazione

Il presidente Aurelio De Laurentiis aveva cambiato il suo programma all’ultimo momento. Domenica scorsa dall’albergo Vesuvio avrebbe dovuto raggiungere lo stadio San Paolo. Ed erano stati predisposti (come sempre) percorso e servizio di scorta. Insieme con la sua famiglia, invece, aveva visto la gara tra Napoli e Chievo in tv e in serata raggiunto Roma in treno. Il clima a Fuorigrotta era effettivamente pesante: fischi e cori nei minuti finali della partita, quando la sconfitta era ormai acclarata, e striscioni di contestazione. Uno, in particolare, palesava una minaccia bella e buona. «Se non sarà scudetto, sarà un anno maledetto». Matrice ultrà. E poi una serie di scritte che si alternavano ai messaggi di solidarietà alla famiglia del ragazzo ucciso al Rione Traiano. I tifosi alzavano, forte, il polverone della protesta. La domenica bestiale allo stadio San Paolo non aveva risparmiato fischi a Benitez, improperi contro alcuni giocatori. Una crisi ambientale che si respirava in città già prima della inaspettata sconfitta contro il Chievo, segno che la eliminazione dalla Champions League era ed è una ferita aperta e ancora sanguinante. A tal punto che alla vigilia della partita di domenica anche Benitez si era fatto sopraffare dalle pressioni ambientali ed aveva chiamato tutti all’unità. Si era promosso portabandiera del Napoli, provando a convincere anche i giornalisti che bisogna stare tutti insieme, sulla stessa barca. Un concetto assai discutibile al quale aveva aggiunto il carico della distinzione tra i giornali del Sud e quelli del Nord, questi ultimi ostili e non disposti alla collaborazione per un’annata vincente. Insomma, Benitez prima vittima della crisi. E non di risultati (quattro partite ufficiali non possono già ufficializzare un percorso in declino), ma crisi ambientale. Scetticismo, sfiducia e mancanza di convinzione per il futuro sono sentimenti che non appartengono soltanto ai tifosi, ma anche al club. Non si spiegano altrimenti le parole di Rafa, che bersagliato dai fischi dopo la sconfitta sconfessa se stesso dicendo in diretta tv che non ha mai parlato di scudetto. Non si spiega soprattutto l’atteggiamento in campo della squadra, timorosa rispetto ad un movimento tecnico naturale o anche a un tiro in porta. Timorosa di sbagliare e finire fischiata. La sindrome da assedio ha contagiato il Napoli, che dovrà reagire in maniera convinta e autorevole senza adagiarsi nel vittimismo di chi non riesce a crescere perchè non ha al suo fianco tifoseria e stampa. Rafa recuperi il self control, la lucidità di tecnico esperto e navigato e corregga errori e limiti che in qualche modo erano evidenti anche lo scorso anno. Il carattere e la forza di gruppo per reagire alle difficoltà non sono cose che può regalarti il tifoso o il giornalista più o meno amico. L’amarezza per l’eliminazione dalla Champions League va smaltita a tutti i livelli. Ci sta che il tifoso viva ancora con rabbia il doppio confronto con l’Athletic di Bilbao, non ci sta che la squadra giochi con questa zavorra mentale. Sia condizionata da quello che poteva essere e non è stato, sia vittima dell’assedio ambientale. Benitez, in primis, non può cadere nella trappola dell’ambiente nemico. Piuttosto il Napoli ha il dovere immediato di raddrizzare in campo una tendenza di confusione e frenesia inutile. Domenica scorsa un buon Napoli fino al rigore sbagliato, fino anche al gol subito. Poi quaranta minuti senza riuscire a esprimere gioco, personalità e spirito di gruppo. La paura di sbagliare non può essere un alibi.

Fonte : Corriere del Mezzogiorno
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