CdN - Ecco come Hamsik ha reagito alla panchina, ma servirebbe eccome in questo Napoli senz'anima
La faccia stralunata, con lo sguardo nel vuoto, le dita che giocherellano nervose. Alla panchina, Marek Hamsik non è abituato. Eppure, da tre partite, il posto del capitano è quello, tra le riserve. Un paradosso, a ben pensarci, e non solo per una questione tecnica. Perché nel Napoli di oggi, una squadra senz’anima, uno come Hamsik servirebbe eccome. Sette anni in maglia azzurra, un legame accertato con la città e con la gente. E quando scende in campo, lo slovacco con la cresta punk non lesina intensità e sudore, quello che i tifosi pretendono da ogni calciatore del Napoli. Lui, Marek lo slovacco, si accomoda in panchina con signorilità e un pizzico di rassegnazione, deciso a farsi trovare quando arriverà il suo momento. Per lui, capitano e veterano, non è mai facile star fuori, percepire in maniera chiara la mancanza di feeling col gruppo ‘forte’ degli ex madridisti. Sa che nelle squadre di rango la panchina non è un’onta ma una normale scelta tecnica, specie con Benitez che ha rivisitato il concetto di turnover, trasformandolo in una vera e propria alternanza tra i giocatori. Entrerò nella ripresa, pensa Hamsik anche all’Olimpico. E ci resta male quando, a inizio secondo tempo, inizia il riscaldamento ma poi, uno dopo l’altro, Benitez inserisce Gabbiadini, poi Zapata e infine Insigne. Lui, pallido in volto, resta in panchina, a testa bassa. Chissà, forse pensa anche lui che in partite così importanti, partite in cui ti giochi una fetta di stagione, ci sarebbe stato bisogno di lui, anziché di calciatori che invece giocano come se stessero timbrando il cartellino come nella megaditta di Fantozzi, una fastidiosa formalità aspettando che l’arbitro fischi la fine. Accanto ad Hamsik, in panchina, c’era anche Walter Gargano. Non è solo il cognato dello slovacco ma l’altro superstite del primo Napoli in serie A, quello del 2007. Anche per questo, l’uruguagio avrebbe meritato maggior considerazione. Da esubero estivo a giocatore chiave, la sua sembrava la classica favola calcistico. Con lui in campo, a gennaio, il Napoli aveva espugnato l’Olimpico battendo la Lazio, a conferma che, pur coi suoi difetti, Gargano forniva copertura ad una difesa sempre in ambasce. Anche lui, come Hamsik, in campo dà tutto, sa cosa vuol dire indossare la maglia azzurra. E se oggi il Napoli è una squadra senz’anima è anche perché gente come loro sta seduta in panchina.