L'editoriale di Corbo: "Il calcio cinico sceglie la borsa, oggi l’Uefa discute sui calendari"

01.04.2020
14:50
Redazione

Su Repubblica di Napoli l'editoriale consueto di Antonio Corbo

Notizie calcio - Vi proponiamo, di seguito, l'editoriale di Antonio Corbo per la Repubblica - Napoli:

"Prima della vita, il calcio sceglie la borsa. In Italia arriva dall’Europa il peggiore esempio di spregiudicata avidità.
È fissata per oggi una videoconferenza con 55 federazioni collegate per ridiscutere i calendari. Oltre che un intraprendente avvocato di Lubiana, Aleksander Ceferin, presidente sloveno dell’Uefa, dev’essere un veggente. Sa quello che gli scienziati non dicono.
L’epidemia si è diffusa in misura e tempi diversi, ma Ceferin ritiene che possa esaurirsi nello stesso periodo in tutto il continente.
Solo lui pensa che per Italia, Spagna, Inghilterra vi siano identiche previsioni. L’ansia di accelerare la ripresa dell’attività, in Italia come in Europa, dimostra che il calcio vive un solo incubo: perdere soldi, non certo tutelare la salute di atleti, tecnici, arbitri.
Dei tifosi neanche si parla, ma un motivo c’è. Nella cinica visione del futuro le partite senza pubblico sono perfette per consolidare gli interessi delle tv a pagamento, prima fonte di energia per campionati e coppe.
Se si fermano le partite, si spegne la pay-tv che solo in Italia rende poco più di un miliardo. Da Sky e Dazn la Lega freme in attesa della rata di maggio, 233 milioni da girare poi ai club, in quote che alcuni si sarebbero fatti già anticipare dalle banche. Soldi che la A non può proprio perdere. Ma per averli devono riprendere i campionati, e quando?
Non può dirlo nessuno, neanche il ministero dello sport che Vincenzo Spadafora sta portando al centro del campo. Con ripetuti attacchi alla Lega, sostenuta oggi da Lotito e De Laurentiis, non da Juve o Inter. Toccherà magari al premier, al ministro della Salute e al commissario Borrelli revocare i divieti. Prima del calcio, dovrà essere messo in sicurezza tutto il paese. È dimostrato che le partite (Atalanta-Valencia), provochino più contagi che negozi, ristoranti, alberghi, fabbriche. Fatali i contatti ravvicinati. Lo sa bene l’Associazione calciatori (Aic) che fissa però una condizione: prima di tagliare gli stipendi, da marzo a giugno, le società paghino quelli arretrati. La Juve si distingue con l’accordo che nessun altro club replica. La squadra rinuncia al 33 per cento, gli ultimi 4 stipendi, offrendo alla società il vantaggio di chiudere il bilancio il 30 giugno senza oneri previdenziali ed eccessive sofferenze. Con l’impegno sulla parola di riconsiderarli nell’esercizio 2020-2021 se il campionato riprenderà. Un patto di lealtà che richiede fiducia reciproca e serenità di rapporti. Non è stato finora proposto nel Napoli: deve ancora risolvere la controversia delle multe per la rivolta del 5 novembre 2019. I fascicoli sono fermi nel tribunale chiuso.
In una Italia con dieci milioni di lavoratori in crisi, il calcio si scosta dal comune sentire ostinandosi nella richiesta di aiuti. Può averne qualcuno di quelli razionali, certo.
Ma sembra poco coesa l’Aic. Il suo presidente Damiani Tommasi decade il 17 aprile, l’elezione è rinviata, si scalda il ligure Umberto Calcagno ma spunta un candidato a sorpresa, Marco Tardelli. Più che la serie A, è in crisi la Pro: 60 club con ingaggi di 50mila euro lordi, poco più di 2mila netti al mese in ritardo, spesso insicuri. Molti i giocatori di C non pagati, minacciati e mandati via con le famiglie spaventate. Vi sono cumuli di denunce al Sud, crisi nera, ancora prima dell’odioso virus".

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